I difetti di un cane

I vizi redibitori possono incidere sul valore del mammifero più amico dell’uomo a tal punto da permettere all’acquirente di rivalersi sul venditore  
Cane

Nell’articolo precedente abbiamo affrontato la compravendita di un cucciolo e abbiamo evidenziato le indicazioni da ritrovare in un buon contratto e quelle che non vanno assolutamente sottintese. In tale contesto si inserisce il discorso sui vizi redibitori e cioè quei difetti che possono incidere sul valore o sull’uso del cane a tal punto da permettere all’acquirente di rivalersi sul venditore se viene dimostrata la sua responsabilità in merito (art. 1490 del c.c.).

Prima di tutto cosa sono i vizi. Si tratta di imperfezioni o difetti della cosa (perché per legge l’animale è considerato una cosa) quali determinate patologie o malattie per le quali si ravvisa una responsabilità del venditore. Difatti i vizi per essere redibitori, e cioè tali da consentire all’acquirente di richiedere la risoluzione del contratto, devono rispondere a determinate caratteristiche:

  • devono essere pregressi, e cioè la malattia, il difetto o la causa di essi devono essere preesistenti al momento della firma del contratto;
  • devono essere occulti, e cioè non apparenti né chiaramente riconoscibili. Per vizio apparente si intende un difetto che balza immediatamente agli occhi di una persona anche inesperta, mentre un vizio facilmente riconoscibile si evidenzia dopo un esame anche superficiale;
  • devono essere gravi, e cioè tali da compromettere la funzione dell’animale e quindi il valore e l’uso dello stesso (come recita la legge).

 

 

È chiaro che un animale con grave patologia in incubazione (malattia virale) o presente ma riconosciuta dopo visita veterinaria (patologia cardiaca congenita) o evidenziabile solo dopo diverso tempo dall’acquisto (displasia dell’anca, criptorchidismo ecc.) sono esempi di vizi redibitori. Questi casi, infatti, seppure diversi nella sostanza e nelle conseguenze particolari, sono, anche se per motivi diversi, difetti occulti (perché malattie in incubazione o perché si appaleseranno dopo l’acquisto o subito dopo visita del veterinario), sono gravi (perché spesso limitano le funzioni e l’uso dell’animale riducendone inevitabilmente il valore) e sono pregressi (perché si tratta di difetti congeniti o ereditari o presenti già al momento della compravendita ma non ancora evidenti).

 

 

Come si stabilisce invece la gravità di un vizio? La legge stabilisce che la gravità del vizio deve essere tale che se l’acquirente ne fosse a conoscenza, non concluderebbe il contratto. È fondamentale, dunque, che all’atto dell’acquisto di un animale la “cosa” venga ben esaminata dall’acquirente pena l’esclusione della garanzia. Se, infatti l’acquirente al momento della vendita è a conoscenza del vizio della cosa o quest’ultimo risulta facilmente riconoscibile (ricordiamo che il vizio deve essere occulto sia per l’acquirente sia per il venditore), decade la garanzia (art. 1941 del c.c.).

Tutt’altra storia sono i difetti caratteriali. Un cane acquistato anche tenendo conto di tutte le raccomandazioni e che venga su con carattere o comportamenti difficili (mordace o pauroso per esempio) benché possa risultare inadatto all’uso per cui è stato acquistato (e ciò potrebbe ridurne il valore) non può essere oggetto di reclami. I difetti caratteriali, infatti, sono di solito legati a fattori ambientali e non a quelli genetici per cui la responsabilità non può ricadere sul venditore ma sul proprietario.

 

 

La garanzia per un vizio redibitorio, invece, è dovuta sempre dal venditore anche in assenza di contratto di compravendita. Secondo la sentenza sez. II della Cassazione Civile n. 914 del 15.02.1986 «nella vendita la garanzia per i vizi è dovuta per il fatto oggettivo della loro esistenza, indipendentemente da ogni presupposto di colpa del venditore».
Tale affermazione è sicuramente vera ed applicabile nella maggior parte dei casi ma potrebbe risultare difficile da ottenere in quei casi in cui l’animale risulta inabile all’uso per cui è stato acquistato ma non essendoci contratto non è specificato l’uso per cui si acquista quel determinato animale (ad esempio nel caso di animale comprato per la riproduzione ma che risulta criptorchide).

Una volta accertate le responsabilità e quindi in caso di vizio redibitorio l’acquirente può scegliere di chiedere la risoluzione del contratto (azione redibitoria) e quindi si restituisce al venditore l’animale, nelle stesse condizioni in cui si trovava al momento della compravendita, e all’acquirente la somma pagata oppure si procede alla riduzione del prezzo (azione estimatoria) nel caso si voglia tenere l’animale nonostante ci sia una diminuzione della funzionalità derivante dal vizio. (art. 1492 c.c.)

Il compratore può far valere i suoi diritti presentando denuncia al venditore entro otto giorni dalla scoperta del vizio e non oltre un anno dalla consegna dell’animale, allo scadere del quale decade il diritto dell’acquirente alla garanzia. La denuncia, che può essere generica, soprattutto se si abbia solo un sospetto, va effettuata attraverso mezzi che rilasciano prova dell’avvenuta comunicazione.

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons