Guerra in Europa, i cristiani davanti all’incubo nucleare

La minaccia dell’Apocalisse nucleare si è resa palese con la guerra in Ucraina. Un confronto aperto e non scontato nell’incontro di oltre 40 rappresentanti di associazioni e movimenti cattolici promosso nella mattinata del 26 febbraio 2022 a Roma per prendere sul serio l’impegno di Francesco contro la guerra, seguendo la profezia di La Pira. Registrazione integrale dell'incontro sul canale You tube dell'Azione Cattolica Italiana. Vedi qui
Guerra in Europa, Russian President Vladimir Putin (AP Photo/RIA-Novosti, Alexei Druzhinin, Presidential Press Service)

L’incubo della guerra nucleare è diventato tragicamente attuale davanti all’escalation del conflitto in Ucraina. Come risvegliata da un sonno letargico, l’umanità degli anni ‘20 del nuovo secolo si rende conto di trovarsi davanti all’abisso, o come diceva Giorgio La Pira con lucida e realistica profezia sul «crinale apocalittico della storia».

Think tank e pensatoi di ogni genere e latitudine ne sono consapevoli da tempo come si può riscontrare dai colloqui avvenuti nel 2017 durante il simposio sulle armi nucleari promosso a Roma dalla Santa Sede nella distratta indifferenza della stampa nazionale. Un momento di confronto che ha posto gli esperti russi e della Nato, presenti all’incontro, davanti all’affermazione di Francesco sull’illogicità «persino sul piano militare di quegli armamenti che hanno come effetto la distruzione del genere umano».

Ma come affermava Günther Anders non è ragionevole confidare in una pretesa saggezza dei potenti della terra davanti all’impotenza delle singole persone.

L’appello di Benedetto XV a fermare il genocidio dell’Europa fu rigettato e vilipeso nel 1917 così come quello di Pio XII del 1939 («Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra») rievocato, come un severo ammonimento dal segretario di Stato vaticano Parolin davanti alle notizie dell’attacco russo all’Ucraina per cercare ancora tutte le vie diplomatiche per far cessare il fuoco e riaprire al dialogo.

Anche perché il devastante secondo conflitto mondiale ci ha condotto al fungo atomico di Hiroshima e Nagasaki, cioè ad una nuova fase nella storia del genere umano posto davanti alla sua possibile totale estinzione.

Davanti ai pochi che in maniera ostinata hanno continuato ad impegnarsi per fermare le politiche aggressive e l’incremento delle spese militari nel mondo, preludio dell’incendio ora in atto, la gran parte dell’opinione pubblica, credenti inclusi, è stata intenta a fare altro. «Ad innaffiare i fiori mentre divampa il fuoco», come diceva Joseph Mayr Nusser, il segretario dell’azione cattolica di Bolzano, disobbediente al nazismo.

Ci ritroviamo così oggi al proliferare di appelli alla pace, colombe e simboli arcobaleno, per invocare un “no alla guerra” che può intendersi in tanti modi e aprire conflitti laceranti, difficili da superare.

Non si può ad esempio chiudere gli occhi davanti alla popolazione ucraina aggredita da un atto finora impensabile da parte di Putin. Non si tratta solo di accogliere gli sfollati che fuggono dalle zone di combattimento ma di capire come fermare l’occupazione. Anche secondo Gandhi è necessario bloccare con la forza il folle intenzionato a compiere una strage.

Una visione non schiacciata sulla narrazione atlantista non può ignorare, allo stesso tempo, la tragica somiglianza tra l’indipendenza rivendicata oggi nel Donbass da quella del Kossovo sostenuta dalla Nato con i bombardamenti su Belgrado nel 1999.

Per questo motivo esiste una evidente divergenza tra chi si limita a protestare contro l’azione bellica di Putin e chi condanna, senza se e senza ma, l’aggressione russa chiedendone il ritiro delle forze militari da tutto il territorio ucraino, ma invita al contempo «tutte le parti coinvolte a impegnarsi a negoziare un nuovo Trattato sulle forze convenzionali in Europa e smilitarizzare l’Europa attraverso il disarmo, le ispezioni» oltre a concordare «tagli verificabili nelle armi nucleari strategiche e non strategiche e sulle limitazioni delle difese missilistiche a lungo raggio».

Tesi che sono irricevibili per chi ritiene che ormai, come nell’antica Roma si spalancavano le porte del tempio di Giano, non si possa più trattare ma solo prendere le armi. Non solo quelle delle sanzioni economiche.

Un dilemma che attraversa anche i cristiani posti di fronte, come sempre, all’interpretazione pratica della nonviolenza evangelica e della fraternità non ridotta ad orpello retorico e inutile.

Ha, perciò, un compito difficile il vescovo Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi Italia e quindi successore di don Tonino Bello, che nella mattinata del 26 febbraio, assieme alla teologa Maria Bianco, affronterà la questione su “il cristiano di fronte alla guerra” all’inizio del confronto proposto tra oltre 40 realtà di associazioni e movimenti cattolici intenzionati a prendere sul serio l’invito di Francesco sulla necessità di arrivare ad un bando assoluto delle armi atomiche tramite il Trattato approvato in sede di conferenza dell’Onu nel 2017 (TPAN).

Un’istanza che il governo e il parlamento italiano non hanno alcuna intenzione di discutere in forza del giudizio  negativo nei confronti del TPAN assunta dal Consiglio del Nord Atlantico (principale organo decisionale politico della Nato) che pur si è detto disponibile a perseguire l’obiettivo finale di arrivare ad «un contesto internazionale senza armi nucleari».

Ma ciò che può sembrare un tema astratto o una questione troppo tecnica diventa in questi giorni di estrema attualità davanti alla tentazione di sferrare il primo colpo dell’arma nucleare come spiega da tempo, con competenza e pazienza, Maurizio Simoncelli, cofondatore dell’Istituto di ricerche internazionali archivio disarmo (Iriad), che interverrà all’incontro “Per una Repubblica libera dalla guerra e dalle armi nucleari” per offrire il quadro geopolitico complessivo da leggere per interpretare i segni dei tempi e quindi agire di conseguenza.

Uno scatto della coscienza che pare atrofizzata di fronte all’intima convinzione di non poter far nulla per cambiare le sorti del mondo. Una tentazione che si accompagna al pensiero prevalente di affidare la sicurezza alla bomba atomica percepita come idolo che divora i suoi adoratori e che ha permeato la mentalità pratica di molti cristiani come denunciato da Thomas Merton già negli anni 50.

Sono perciò molto esigenti perché ineludibili le domande da cui partirà il dialogo aperto del 26 febbraio 2022:

«Quali sono oggi gli ostacoli che nella nostra società impediscono la presa di consapevolezza della reale minaccia dell’apocalisse nucleare denunciata da papa Francesco?»

«Quali percorsi e azioni credibili possiamo condividere per poter incidere sulle scelte strategiche di contrasto alla guerra da parte del nostro Paese?».

Diretta dalle ore 10 di sabato 26 febbraio sul canale You tube di Azione Cattolica

 

 

 

Qui la mappa delle testate nucleari nel mondo a cura di Iriad

 

 

 

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