Dopo gli incendi lezioni di umanità

Pur nel caos e nella rabbia, cresce una catena di solidarietà che fa sperare. Una catena di greci, stranieri, profughi e migranti che prova che i buoni sentimenti non hanno passaporto e sono indipendenti dalle convinzioni politiche e/o religiose

È impressionante lo sforzo con cui la dottoressa Maria ha cercato di salvare gente che rimanendo a galla per ore aspettava aiuto. Maria racconta a una rete televisiva, senza però dire il proprio cognome: «Quando sono venuta a sapere quello che succedeva, mi sono recata con il mio canotto a Rafina e ho chiesto alle autorità il permesso di recarmi sul posto, cioè a Kokino Limanaki. I poliziotti mi hanno detto che solo il servizio dei Vigili del fuoco poteva dare tale permesso, ma la linea era sempre occupata. Un pescatore dell’Egitto, Chaik Taoufic (che vive da 10 anni in Grecia) mi si è avvicinato e mi ha detto: «Signora andiamo a prendere la gente, ci sono anche dei morti, ma stia attenta quando ci avviciniamo, spegniamo i motori». Abbiamo salvato molta gente, bambini, anziani, gente con il terrore negli occhi». La signora Maria, essendo medico, ha prestato pure i primi soccorsi alla gente ed è rimasta con loro, assieme a Taoufic, aspettando che venissero le navi della Protezione civile. Il giorno seguente Maria è tornata sul posto e, visto che fa la subacquea, ha cercato di raccogliere dal mare oggetti personali che la gente portava con se, come buste di fotografie, croci, fedi… pensando che i parenti vorrebero avere gli ultimi e unici ricordi dei loro amati. Ma nessun autorità le ha indicato un posto sicuro dove consegnare gli oggetti. Ha fatto pure un appello: «Prego i trecento deputati, di cui una buona parte è sicuramente in possesso di un canotto, di recarsi sul posto e raccogliere le cose della gente… È il minimo che possano fare».

Emre Kaptan, un turco che vive in Grecia da due anni, ha organizzato i connazionali volontari tramite Facebook alla pagina “Atina di Yasayan Turkler”, turchi che vivono in Grecia. «Noi vogliamo bene ai greci e li aiutiamo sempre, come i greci che vivono in Turchia vogliono bene ai turchi e aiutano sempre. Tutto il resto avviene tra governi e non ci interessa», ha detto Emre.

Il chirurgo plastico John Greenwood di sua iniziativa sta venendo dall’Australia per aiutare la gente ricoverata in cura intensiva. Il medico applica un nuovo metodo usando pelle sintetica che aiuta la produzione di nuove cellule.

La mobilitazione dei volontari aumenta ogni giorno di più. «Non ho soldi perché sono disoccupata, non ho vestiti perché gli ho dati già per altre catastrofi. Per questo offro i miei servizi portando farmaci e cibo agli anziani che non possono fare la fila», dice una anonima volontaria. Molti giovani, rinunciando alle loro vacanze o dopo il loro lavoro, stanno dedicando ore e ore ad aiutare in vari modi chi soffre. Il più piccolo volontario ha cinque anni, chiude i pacchetti dono riempiti da sua madre. Alcuni volontari, veterinari o meno, fanno di tutto per soccorrere animali ustionati o impazziti dal terrore. Molte cliniche veterinarie collaborano e molte famiglie adottano questi silenziosi testimoni della tragedia.

Candeline di speranza e fede, raggi d’ottimismo che consolano ma purtroppo non cambiano una brutta realtà: 91 morti (identificati solo 59), tra cui una bimba di sei mesi, figlia di un vigile di fuoco che operava nell’area e che è morta una settimana prima del suo battesimo, due gemelle di nove anni, una ragazzina di tredici anni e suo fratello di undici anni, un ragazzo di tredici anni. E poi 25 dispersi, domande senza risposte, critiche giustificate, lutto continuo.

Dopo la conferenza stampa fallimentare di giovedì scorso, il premier Tsipras venerdi sera ha assunto in pieno la responsabilità politica dell’accaduto. Ma non si dimette, come dice l’articolo 85 della Costituzione ellenica. Ma almeno sono stati cancellati fiere ed eventi per la “uscita pulita” dai programmi di assistenza finanziaria programmati per il 21 agosto. Non pochi analisti politici sostengono che questa catastrofe sarà una dramma per Tsipras, non solo per la perdita di tante persone, non solo per la fallita gestione della crisi, ma anche per il fatto che il governo ha scelto la tattica sbagliata, con un atteggiamento talvolta insensibile in alcuni suoi membri. La gente non dimenticherà facilmente che il premier si sia recato a Mati solo una settimana dopo la catastrofe.

 

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