Genova: il ministero strangola l’accoglienza

Ritardi fino a nove mesi nell’erogazione dei fondi, quasi al collasso le realtà impegnate nella gestione dei richiedenti asilo. Una manifestazione in città

Nel pomeriggio dell’ultimo sabato di settembre, oltre tremila persone di sono date appuntamento nel centro di Genova per dire “no” alla politica del governo sui migranti e per dire “si all’accoglienza”. Bandiere della pace e di tanti Paesi del sud del mondo, mischiate con le bandiere dell’Europa e dell’Italia, sventolate da giovani, studenti, operai, famiglie con i bimbi.

Un corteo ordinato e festoso che ha percorso via S. Lorenzo e poi si è concluso in piazza De Ferrari. È come devono essere questi cortei. Naturalmente non si sono verificate provocazioni né tafferugli. Si è marciato in armonia, tra sorrisi e gesti di accoglienza e di inclusione reciproca. Perché il popolo è così, le persone semplici sono così, la maggioranza dell’umanità è così. «Ho portato Matteo mio figlio – racconta Pina –, perché capisca che anche a Genova il futuro deve essere per tutte le razze. Anche se mio figlio ha solo sette anni, voglio che cresca con questa idea. Voglio che capisca che la differenza di culture, di colore, di abitudini è ricchezza».

C’è Luigi che spiega a un gruppo di studenti alcune delle misure restrittive contenute nel Decreto sicurezza voluto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. E c’è chi, a nome delle cooperative che a Genova accolgono oltre 2500 migranti, si lamenta dei tempi di attesa per ricevere dalla Prefettura i fondi ministeriali dedicati all’accoglienza.

Il risultato è che le realtà impegnate nella gestione dei richiedenti asilo sono quasi al collasso: allo stremo con le banche, intenzionate a non concedere più prestiti a tassi agevolati. Con l’acqua alla gola con i fornitori di pasti e i proprietari degli immobili presi in affitto, che minacciano lo sfratto. In affanno nello stipendiare i propri dipendenti. I ritardi, va detto, erano già ordinaria routine: ma i tempi di attesa erano intorno ai tre, quattro mesi.

«Nove mesi non si erano mai visti – specifica Maurizio Aletti, responsabile della cooperativa “Un’altra storia”, braccio operativo Migrantes –. Questo ci mette in gravissima difficoltà perché rischiamo di non avere le risorse quotidiane per andare avanti. Tutti i mesi dobbiamo pagare gli stipendi a 75 dipendenti, fornire il pocket money di 2,50 euro al giorno per i 270 migranti che accogliamo tra Coronata, via del Campo, Multedo e le realtà parrocchiali. E poi saldare i fornitori per i pasti: siamo allo stremo. Il funzionario che segue i nostri conti in banca l’altro giorno mi ha detto: quando a dicembre andrò a ridiscutere il rapporto con voi, temo che queste condizioni di tasso di interesse non siano più applicabili. Ecco, questo è il termometro della situazione».

«Che bella questa città, che gente simpatica. Vivo qui da un anno faccio lavori saltuari – mi racconta Api –, si vive bene. Non credo nel razzismo, nella xenofobia. Guarda questa gente. Io sono fratello vostro, voi siete fratelli miei. Grazie, grazie».

Bella pagina questa, bella storia che si è scritta in questa città oggi.

 

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