Genitori e insegnanti alleati, non nemici

I recenti fatti di cronaca evidenziano l'urgenza di nuove relazioni all'interno delle classi, anche per superare le costanti emergenze del settore scolastico.
Scuola Visconti a Roma

Il dibattito scuola, famiglia, gioventù, società non può esaurirsi sull’onda dell’evento di turno: bullismo, suicidi, minacce, aggressioni. Nella relazione tra genitori, insegnanti e studenti, quanto influisce l’idea che si ha gli uni degli altri? Costruire e diffondere pregiudizi e stereotipi non è utile.

Il sistema scuola è da tempo in costante emergenza. Emergenza suicidi; emergenza bulli o vittime di bullismo; emergenza genitori ipercontrollanti, aggressivi o poco collaborativi; emergenza insegnanti a turno vittime o carnefici; emergenza fondi; emergenza strutture; emergenza educativa. Il livello di insoddisfazione e di frustrazione percepito da ciascuno nel proprio ruolo è un campanello d’allarme importante.

Da un lato aumentano i carichi e diminuisce la capacità relazionale capace di dare senso e struttura. Dall’altro ci si concentra su logiche di controllo, per mostrare che si è fatto qualcosa perché le responsabilità non ricadano su di sé. Anche il supporto sociale viene a mancare. I fatti raccontati sui media delineano figure di mostri in cui, a turno, non si salva nessuno. I social network fungono da amplificatori.

Mossi da paura, rabbia e da numerosi sensi di colpa si interviene quasi sempre sull’emergenza. Ma senza una visione unitaria del sistema e di un intervento possibile, la strategia delle soluzioni tampone rischia di generare rabbia, paura e frustrazione. Sono diverse infatti le dimensioni della persona e della società ad essere interessate dall’argomento e non possiamo esaurirle in questa sede.

Possiamo invece affermare che difficilmente si può svolgere al meglio il proprio ruolo se si temono le conseguenze di qualunque passo si faccia: la rappresaglia in classe, il richiamo del dirigente, la sobillazione dei genitori. Sono queste armi di ricatto in cui è facile cadere quando non si vede altra soluzione. Concentrati sulla difesa del proprio ruolo ci si dimentica di essere una squadra e si inizia ad operare come avversari. L’altro diventa il nemico.

Squadra, non avversari!
Dare a turno dell’“incompetente” a genitori e insegnanti, come troppo spesso leggo, non serve se non ad acuire il generale clima di sfiducia reciproca che regna da anni e il bisogno di legittimarsi. Serve invece comprendere cosa impedisce a ciascuno di svolgere al meglio delle sue possibilità il proprio ruolo e creare le condizioni perché ciascuno, più o meno con i suoi tempi, possa scoprire modi di essere più congeniali alla sua persona ed al suo ruolo. Vale per tutti, poiché “non si finisce mai di imparare”.

Fissiamo alcuni punti e sfatiamo alcuni miti:

1) Mamme apprensive o permissive, padri troppo esigenti o troppo assenti, insegnanti severi o indulgenti ci saranno sempre. Per ciascuno può trattarsi di una fase di vita temporanea o di un processo di allenamento, altre volte di strutture caratteriali rigide con cui chi gli è attorno dovrebbe imparare a relazionarsi traendone preziose esperienze di vita. Le persone non cambiano perché gli altri lo vogliono.

2) I “casi limite”, di cui si discute in questi giorni sono dei segnalatori di una situazione che ha superato i livelli di accettazione e chiede con forza che si intervenga. Per intervenire è di fondamentale importanza comprendere la situazione poiché ogni evento (comportamento o decisione che sia) assume senso alla luce del contesto relazionale e di significato in cui si è generato.

3) Puntare la lente di ingrandimento sull’evento di turno va bene per comprendere meglio il fenomeno, ma strumentalizzare l’informazione per creare immagini stereotipate è dannoso. Ogni volta che ci ancoriamo a degli stereotipi innalziamo barriere di difesa, di paura, di sensi di colpa che fanno vivere con tensione il proprio ruolo, indifferentemente da qualunque esso sia, e bloccano nell’altro la possibilità di essere diverso da come lo si vede.

4) La persona, la famiglia, la scuola o la relazione perfetta non esistono. In un rapporto di reciproco rispetto e assenza di giudizio ciascuno può trovare le condizioni per riconoscere il proprio errore e così apprendere da esso. Questo avviene quando la relazione è di tipo dinamico e ciascuno conosce e riconosce il proprio ruolo e quello dell’altro. In un sistema di giudizi e stereotipi questo è pressoché impossibile.

5) L’educazione e la formazione sono attività complesse che richiedono attenzione all’unicità ed al valore della persona. Lo sanno i genitori attenti che spendono tante energie per stare accanto ai figli nel loro processo di crescita e per educarli ed aiutarli a scoprire il senso delle cose. Lo sanno i tanti ragazzi che si impegnano in attività scolastiche ed extrascolastiche. Lo sanno i tanti insegnanti che ogni mattina lasciano la loro vita fuori dalla porta dell’aula per essere parte della vita di tanti altri.

Mi restano alcune domande. Quale è la relazione tra l’attuale sistema sociale, il cambiamento delle abitudini di vita, le nuove logiche del profitto e dell’efficienza, la diffusione di diagnosi di disturbi del comportamento o dell’attenzione in età scolare e l’emergenza educativa? Ed infine: come possiamo oggi in una compagine così articolata ricostruire un rapporto di reciproca fiducia tra scuola e famiglia lì dove esso effettivamente è stato minato? Domande a cui insieme si potrebbe provare a dare risposta.

 

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