Fraternità e comunicazione

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Nell’approfondimento del tema della fraternità, uno dei problemi centrali nei quali ci si imbatte riguarda la comunicazione, sia per ciò che concerne i rapporti interpersonali, sia, per esempio, per la formazione dell’opinione pubblica e per i processi della decisione politica. Per questo, dopo avere affrontato, col prof. Filippo Pizzolato (Città nuova n. 15-16/2003), la fraternità in relazione all’ordinamento giuridico italiano, e, col prof. Francesco Viola (Città nuova n. 20/2003), in rapporto alla filosofia giuridica e politica, ci siamo rivolti ad un esperto in teoria della comunicazione. Il prof. Giuseppe Savagnone, docente di storia e filosofia nei licei statali e responsabile della pastorale della cultura nella diocesi di Palermo, è editorialista del quotidiano Avvenire, partecipa al Forum della Cei per il Progetto culturale, cura su Radio Maria, insieme con Ina Siviglia, la rubrica Vangelo, cultura, vita; ha pubblicato diversi libri, tra i quali segnaliamo Comunicazione oltre il mito e l’utopia (Paoline, 1997), La stella dei magi. Un vangelo per i laici (Ldc, 2002), La scuola nella società complessa (La Scuola, 2002). Prof. Savagnone, nell’ambito della riflessione politica, si nota una scarsa presenza del principio di fraternità, rispetto a quelli, che hanno conosciuto maggiore fortuna, della libertà e dell’uguaglianza: si può fare un’osservazione analoga anche per l’ambito della comunicazione? Credo proprio di sì: la libertà della comunicazione, in particolare di quella giornalistica, è un punto fermo nel dibattito degli ultimi due secoli; anche l’uguaglianza è un valo- re riconosciuto e quando sembra compromesso dallo strapotere comunicativo di questo o quel gruppo, di questo o quel personaggio, le reazioni sono, giustamente, vivacissime. Nessuno parla, invece, di fraternità della comunicazione, meno che mai di quella giornalistica. In quale modo la fraternità può essere esercitata nell’ambito della comunicazione? Precisiamo anzitutto che parliamo di fraternità facendo riferimento al concetto di amore fraterno, annunciato nel vangelo, perché, rispetto alle concezioni precedenti, si presenta con un carattere di assoluta novità. Presa nel suo senso più ampio, che abbraccia senza limiti tutti gli esseri umani, la fraternità fornisce le coordinate anche per il discorso sulla comunicazione: esse ci dicono che una comunicazione fraterna non può prescindere dalla solidarietà verso i più deboli – rispettati non malgrado la loro debolezza, ma precisamente a causa di essa -, né sottrarsi alla responsabilità di promuovere la loro crescita umana; e, ancora, che questa comunicazione deve saper superare i muri divisori di vario tipo che la rendono problematica; e che non può realizzare la sua universalità fondandola su un’astratta appartenenza al genere umano, ma deve saper rispettare tutte le differenze naturali, storiche e culturali. Come realizzare una comunicazione di questo tipo? È possibile se c’è un Terzo – il Padre di cui Cristo è venuto a manifestare la tenerezza – che media il rapporto tra i fratelli, giustificandolo e fornendogli un terreno comune di reciproco riconoscimento. I problemi attuali della comunicazione sono collegati anche al fatto che gran parte della cultura moderna, specialmente dall’Illuminismo in poi, ha eliminato la figura del Padre, ha cioè eliminato quel Terzo che garantisce la comunicazione. Questo parricidio è falsamente liberatorio, perché lascia i figli-fratelli in balia delle false divinità: la fraternità rimane, ma nella forma conflittuale dei fratelli-nemici. Per comprendere la portata e le conseguenze di tale atto, teniamo presente che la figura paterna rappresenta il principio di realtà, cioè una autorità intesa come forza generatrice che dà la vita e la sostiene ma, allo stesso tempo, conferisce una misura, determina un impegno: racchiude, cioè, l’idea di verità e di realtà, che non si lascia ridurre ai desideri del soggetto, né accetta di essere manipolata da esso. La perdita del Terzo, dunque, lascia la comunicazione in una situazione di conflitto generale, nel quale si è smarrita la percezione della realtà e la ricerca della verità, e dove ogni soggetto ha eletto a realtà e verità i propri individuali desideri. È l’invidia a dominare la scena? L’invidia e l’imitazione. Al Padre, infatti, è subentrato il Grande Ingannatore della propaganda e della pubblicità: i fratelli, privi ormai di ogni punto di riferimento, si aggirano in un castello incantato di illusorie apparenze, presi in un cattivo gioco di specchi per cui ciascuno vuole imitare l’altro, agogna a essere l’altro, senza che nessuno riesca ad essere sé stesso: nella società di massa la falsa uguaglianza annulla le identità. Esplode così una conflittualità senza contenuto, senza cioè che esista un reale oggetto del contendere, ma basata sull’imitazione reciproca: tutti comprano i videogiochi non perché facciano bene ai bambini, ma perché altrimenti questi si sentono esclusi dai compagni che ce li hanno” La gratuità dell’amore fraterno si trasforma, spesso, nella gratuità del conflitto. Da qui, anche, il fenomeno dilagante della violenza. Secondo René Girard, proprio il venir meno di un oggetto reale che possa polarizzare il desiderio, lo spinge sulla via di una voracità resa illimitata dalla mancanza di un vero obiettivo e di una conflittualità altrettanto illimitata, perché priva di una motivazione nella realtà. Il giornalismo di fatto si trova spesso a veicolare queste spinte perverse, quando si appiattisce su logiche volta a volta imposte dal mercato o dal potere politico: il suo preteso pluralismo si riduce, di fatto, a polemiche senza contenuto reale, che cercano di mascherare, senza superarla, l’omologazione, l’indifferenza delle idee. Le sorti della fraternità trovano insomma un riscontro in quelle della comunicazione? Proprio così. Teniamo presenteche l’odierna comunicazione di massa ha profondamente cambiato il modello tradizionale: oggi, l’emittente e il destinatario di un messaggio non sono mai separati. Nella preparazione di un messaggio ha enorme importanza il suo target (bersaglio), che dunque non è più successivo al messaggio, ma contribuisce a costruirlo. Così, se esso plasma gli spettatori, è in realtà costruito sulla base dei loro gusti e delle loro attese. Che a loro volta dipendono dai messaggi in precedenza ricevuti. E così via, in una circolarità, in cui i vari elementi si compenetrano reciprocamente per costituire un’unica totalità. Questo fenomeno non ha solo aspetti negativi. A mio parere, infatti, nell’affermarsi di questo nuovo modello comunicativo, affiora un’esigenza di fraternità. In questo senso va la valorizzazione della reciprocità tra i comunicanti e il ruolo della loro soggettività. È possibile superare gli aspetti negativi? Certamente. Ma bisogna partire da alcune convinzioni basilari. Anzitutto, come dice Gianfranco Morra, la verità precede la comunicazione, nel senso di sant’Agostino, secondo il quale ci si incontra solo nella verità, siamo fratelli nella comune appartenenza ad essa. E questo presuppone che, in qualsiasi tipo di comunicazione, si cerchi non di influire sull’altro o di manipolarlo, ma di conoscerlo e trovare un’intesa con lui. In conclusione, nell’autentica comunicazione viene alla luce una reciprocità che consiste nel mettersi nei panni dell’altro, nello sforzarsi di prevedere le sue possibili reazioni, provando a mettere noi stessi al suo posto, per vedere come reagiremmo noi. Siamo davanti a una formula che richiama la regola aurea. Il movimento di colui che comunica non è centripeto, di accaparramento e di conquista, ma centrifugo, di spiazzamento verso quello che Lévinas ha chiamato il volto dell’altro, assunto come centro. Non impossessarsi di ciò che l’altro vede, ma provare a vedere con i suoi occhi: ecco la fraternità. SEGNALAZIONI IL NUOVO ANNUARIO CATTOLICO D’ITALIA 2004 Uno strumento indispensabile di comunicazione, concertazione, collaborazione all’interno del mondo cattolico, ma anche un mezzo privilegiato di conoscenza della chiesa e dei suoi servizi per l’intera società civile, ora anche in versione cd-rom. 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Queste ultime seno. ovviamente impegnate sul piano pastorale e religioso insieme a 225 diocesi, 1.039 case di esercizi spirituali, 850 case generalizie, 541 monasteri, 2.319 santuari affiancando. i loro servizi di ospitalità alle 849 case per ferie.

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