Fortunato Pasqualino: così ho capito il dolore dei piccoli

Ma quali sono state le sue reazioni di adulto dinanzi al bambino malato?. Sono state le reazioni di tutti i telespettatori. I bambini in quelle immense trincee avanzate della sofferenza, sono maestri assoluti e senza alcuno sforzo ci fanno partecipi della loro lotta con il male; poi, proprio da loro che soffrono, si acquista una fiducia insolita nella vita. È veramente strano che un programma così denso di divisioni dolorose come Quando un bambino si ammala in fondo sia riuscito ad essere più ottimista di un altro. Fra le altre cose, mi ha impressionato il distacco che i bambini hanno nei confronti del dolore. È come se esso non gli appartenesse. Che appartenesse agli altri; al cielo, alla terra… E proprio a questi va il tacito rimprovero di quest’infanzia matura e paziente. Davanti a certi casi, ti viene spontaneo l’urlo del poeta contro la natura maligna. E anche gli interrogativi biblici affiorano, quelli del profeta che chiedeva giustizia a Dio, quelli di Giobbe che domandava al Creatore la ragione per cui gli innocenti patiscono e i mascalzoni hanno la meglio… Queste le mie reazioni… Capisce?. Certo che capivo. Anche perché fresca dall’aver visto in tv le faccette di Annalisa, di Francesco, di Silvia, di Isabella e quella, eternamente senza sorriso, di Daniele. È chiaro che il mostro di ogni favola è vero. La storia del lupo – continua Pasqualino – non finisce con Cappuccetto Rosso. Lo sapeva bene anche il calabrisello Rocco che aveva del male una cognizione così matura da lasciare sgomenti e la comunicava a chi gli stava vicino con pause di silenzio e con sorrisi senza parole. Metteva a disagio… Riusciva perfino a perdonarci le bugie affettuose che mettevamo nei nostri discorsi.Mentre non c’era nulla che riuscisse a far sorridere la bambina che ho incontrato al Rizzoli di Bologna. Lei stessa me l’ha detto una volta: niente…. (…) Vuol dire, allora, che nei bimbi c’è una maturità sconosciuta?. Altro che! L’infanzia è un’età seria, completa; di vanità, di crudeltà, talvolta, ma anche di saggezza… Ci deve essere una ragione non soltanto predicatoria quando Cristo dice: Chi non diventerà simile a questi, non entrerà nel Regno dei Cieli. Infatti, quando i bambini dicono Gesù lo fanno con la stessa naturalezza di quando dicono fiore o mamma. E di fronte alla malattia hanno, curiosamente, la trepidazione dei genitori e il distacco del medico. È meraviglioso. (…) Senta, Pasqualino, dopo questa esperienza si esprime meglio con la penna o con il mezzo televisivo? . Ascolti: mia mamma diceva che la disgrazia di essere nati in Sicilia è peggio del peccato di Adamo. In questa trasmissione ho potuto vedere che al Nord, e ovunque, il dolore parla i dialetti del Sud… Ecco, sia nello scrivere, come nel teatro, come in tv ho avuto la stessissima lotta da combattere: col mistero del dolore. La stessa maniera d’espressione autobiografica, perciò. (…) E la cosa che più l’ha colpito in questo suo viaggio attraverso il mistero del dolore qual è stata?. La cocciutaggine di una madre sarda. Le hanno spiegato che non ci sono errori di calcolo, che la triste verità è quella che è per la sua creatura, eppure, a testa alta mi dice: Ma cosa m’importa di tutto questo se io non voglio?. E con la sua speranza non abbassa la testa dinanzi a nessuna impossibilità, dinanzi a nessun muro di pietra. A pensarci bene, anche Fortunato Pasqualino, con la sua esperienza messa al servizio degli altri, si può ben dire che abbia tentato di tener testa al muro perché questo cominci a scricchiolare.

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