Focolari Italia, ripudio della guerra e fraternità

Intervista a Rosalba Poli e Andrea Goller, responsabili nazionali del Movimento, sulle ragioni dell’adesione alla Marcia Perugia Assisi del 7 ottobre 2018. Una scelta nel solco di Francesco, a favore della vita.

Dopo l’edizione del 2016, anche quest’anno il Movimento dei Focolari in Italia partecipa alla marcia Perugia Assisi ripetendo i medesimi concetti di due anni fa. E, cioè, che non è «possibile accettare la separazione tra la retorica inutile sui valori e il cosiddetto realismo della politica».

Una presa di posizione espressa da Rosalba Poli e Andrea Goller, corresponsabili nazionali del Movimento, in diversi incontri pubblici, come il seminario promosso alla Camera dei Deputati nel luglio 2016 dal Movimento politico per l’unità sul tema “Guerre, scelte di pace e riconversione industriale”.

Questioni per nulla astratte che mettono in gioco seriamente la fraternità proposta dai Focolari e che compare esplicitamente tra le finalità della marcia 2018, che continua la tradizione di quella proposta da Aldo Capitini nel 1961. Il fondatore del Movimento nonviolento era portatore di una originale religiosità laica, che induceva i francescani del tempo a sbarrare la porta dei conventi al passaggio dei sospetti manifestanti. Da tempo, invece, la marcia è promossa ufficialmente anche dal sacro convento di Assisi assieme alle autorità civili e a tante altre realtà.

Nella moderna “società dello spettacolo” rischia, tuttavia, di restare solo un evento che si consuma in un giorno, una bella passeggiata nello splendido paesaggio umbro, senza alcuna pretesa di cambiare realmente il destino del mondo. Cerchiamo di capire le ragioni dell’adesione del Movimento dei Focolari a questo evento, con un’intervista a Andrea Goller e Rosalba Poli, i due corresponsabili italiani che condividono anche una formazione di carattere scientifico che probabilmente incide nella capacità di lettura dei fatti.

Come si spiega il vostro richiamo alla strumentalizzazione del realismo invocato in politica?
Siamo rimasti colpiti nel 2016 da un dibattito promosso presso l’aula dei gruppi parlamentari dai giovani del Movimento, per cercare un dialogo con deputati e senatori sulle questioni aperte di quella che papa Francesco chiama la terza guerra mondiale a pezzi. Le risposte evasive di alcuni di loro, anche di estrazione cattolica, che rimandavano al realismo da osservare in politica, cozzavano con le esperienze proposte, come quella di un giovane ingegnere che aveva rifiutato di lavorare in una società che produce missili da guerra. E poi il caso delle bombe prodotte in Italia per la vendita alla coalizione saudita impegnata nella guerra in Yemen è troppo eclatante per essere ignorato.

Cosa avete fatto allora?
La sera stessa abbiamo mandato un nostro testo a Città Nuova chiedendo punto per punto di avere risposta su casi concreti che ci vedono esposti come italiani con il sistema della guerra.

Oltre al caso delle bombe che colpiscono la popolazione yemenita, cosa avete chiesto?
Ad esempio abbiamo chiesto ragione del perché, pur avendone la possibilità, l’Italia non si oppone alla presenza di ordigni nucleari nelle basi militari Usa presenti sul territorio del nostro Paese. Ci sono, infatti, circa 70 bombe nucleari tra Aviano e Ghedi. Nel frattempo è intervenuta nel 2017 la conferenza Onu sul bando alle armi nucleari con l’assenza del nostro Paese, mentre papa Francesco ha convocato in Vaticano un simposio internazionale per sostenere il risultato raggiunto nella sede delle Nazioni unite, grazie alla rete internazionale Ican che ha ricevuto il Nobel per la pace nel 2017. Davanti a noi incombe l’incubo dell’atomica. Parliamo del destino del nostro mondo dove non regge più il sistema della deterrenza reciproca o del terrore.

Ma non sono cose troppo grandi per l’uomo comune?
Questo è il punto. Davanti alle contraddizioni della nostra vita la tentazione è quella di rifugiarsi nell’incoscienza, nella rimozione, magari giustificata con argomenti spirituali, oppure cedendo alla fatalità delle decisioni delegate ai tecnici, a “coloro che sanno”. Bisogna invece reagire allo scetticismo di chi considera inutile agire secondo giustizia, per cambiare in meglio questo mondo che abbiamo ricevuto in dono.

Non sono tuttavia questioni che sembrano mettere in evidenza il Vangelo del sociale a scapito di quello della vita secondo la dicotomia dei credenti, denunciata dal cardinal Bassetti?
Al contrario. È significativa, in tal senso, la testimonianza offerta al Forum delle famiglie dai coniugi Scarpa di Iglesias, che si impegnano contro la produzione di bombe nel loro territorio in Sardegna e per la  ricerca di una riconversione economica a favore della vita di tutti. O la scelta di Giorgio Isulu che ha deciso, d’accordo con la moglie Daniela, di non lavorare nella fabbrica di armi, senza accusare nessuno e senza farsi propaganda, ma dimostrando, con la loro esistenza, l’impegno a favore della dignità della vita. Si spiega in tal senso la nostra presa di posizione, assieme ad altre associazioni cristiane, per una diversa agenda politica sui migranti in Italia.

Come dice papa Francesco nella Gaudete et Exsultate «spesso si sente dire che, di fronte al relativismo e ai limiti del mondo attuale, sarebbe un tema marginale, per esempio, la situazione dei migranti. Alcuni cattolici affermano che è un tema secondario rispetto ai temi “seri” della bioetica. Che dica cose simili un politico preoccupato per i suoi successi si può comprendere, ma non un cristiano, a cui si addice solo l’atteggiamento di mettersi nei panni di quel fratello che rischia la vita per dare un futuro ai suoi figli». Così come accade, a nostro parere, quando si mette nei panni del bambino ancora non nato o della donna sfruttata per il suo utero.

 

 

 

 

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