Filumena

È una grande e dolente pagina d’amore, Filumena Marturano, creatura fra le più care di Eduardo De Filippo e la più rappresentata nel mondo. Affascina ancora e commuove, per gli umanissimi dialoghi. Ma richiede la grinta delle grandi attrici. Meglio ancora se napoletane, con quell’arte che nasce dal cuore. Come Isa Danieli, appassionata interprete di questa nuova edizione diretta da Cristina Pezzoli, regista coraggiosa per aver superato il timore reverenziale verso quest’opera, rileggendola, con fedeltà e acutezza, nel presente, e nel napoletano della stesura originale. La forza di questo teatro di parola, nel quale la dialettica ha un’importanza maggiore dell’azione, sta nella capacità di utilizzare Napoli e la sua umanità come metafora del mondo. E l’intensa Danieli è da brividi nel penetrare, tra umorismo e dramma, il senso del martirio che incide incide sull’esistenza della protagonista. Donna eroica, vessata, venuta dal nulla. Sottratta a una casa di tolleranza da un ricco gaudente, Domenico Soriano, che la libera fecendone una serva, Filumena riesce a farsi sposare con un sotterfugio, dopo venticinque anni di convivenza, proprio nel momento in cui lui vorrebbe invece lasciarla per una giovane. Il gran colpo di scena avviene quando lei gli rivela l’esistenza di tre figli ormai grandi, uno dei quali avuto da lui. Ma non gli dice quale, per fargli accettare anche gli altri due di padre ignoto. La commedia ci parla, in fondo, del dono della maternità e della paternità, chiave per superare gli egoismi. E la celebre battuta "e’ figli so’ figli…" cioè tutti uguali per una madre, ritorna con un crescendo che mostra la forza dei sentimenti, condensati nel finale: lo sciogliersi finalmente in lacrime di Filumena, Filumena, fino ad allora cresciuta con l’incapacità di piangere. Al suono di un sax, la scena si apre come una scatola, avanzando con cambi a vista: dall’intimità delle pareti domestiche, all’androne di un palazzo con scale laterali; per aprirsi infine su una grande terrazza di casa – di stampo cechoviano – affacciata sul mare. Ed è di grande efficacia una delle stanze trasformata in una sorta di tribunale in cui si processa l’inganno di Filumena, mossa dal bisogno di legittimare quell’anomala unione. Sullo sfondo sonoro di un temporale è lei a rovesciare l’accusa, condannando l’ipocrisia del mondo e riaffermando – in una sequenza che strappa l’applauso – il primato dell’amore. Nel ruolo che fu del grande Eduardo, Antonio Casagrande: effigie di uomo che si rende cosciente d’improvviso, di trovarsi ormai all’estremo, malinconico capitolo, di una vita futilmente sperperata. Riscattata infine dall’amore della sua Filumena.

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