Farmaci e bambini

“Recentemente il pediatra ha prescritto per mio figlio di 6 anni un farmaco antinfiammatorio che il foglietto illustrativo riportava non doveva essere utilizzato al di sotto dei 12 anni. Il medico mi ha spiegato che da sempre molti farmaci vengono usati di routine per i bambini al di la dell’indicazione di età riportata. Come devo comportarmi?”. Michela Il problema dell’utilizzo dei farmaci al di fuori della fascia di età o della posologia per cui hanno avuto la registrazione (utilizzo off-label) è presente in tutto il mondo. In Italia esso interessa oltre il 70 per cento dei farmaci somministrati ogni giorno ai bambini. Nasce in primis nelle difficoltà e soprattutto nei costi che la sperimentazione comporta quando interessa i bambini con meno di 12 o 6 anni. Solo pochi farmaci lasciano prevedere un adeguato “ritorno economico” a questi costi, quindi le aziende completano la sperimentazione unicamente negli adulti, potendo poi richiedere la registrazione ai severi e competenti organismi di controllo solo per le fasce di età in cui il prodotto è stato studiato. Il farmaco sarà a quel punto in commercio , adeguatamente “sicuro” nei limiti della sperimentazione effettuata. Il problema è che quello stesso prodotto sarebbe teoricamente utile (a volte indispensabile!) anche ai bambini, per cui i pediatri si trovano nel dilemma di cosa fare. La realtà indica che molto spesso si affidano alla propria esperienza e alla possibilità di usare il farmaco dietro propria responsabilità. È giusto? È sbagliato? È sicuramente sbagliato che si neghi ai bambini (sempre i più deboli, non dimentichiamolo!) il diritto di essere curati al meglio. È sicuramente inaccettabile che essi diventino inconsapevolmente cavie: il medico deve sempre spiegare cosa sta proponendo e perché ha scelto quella strategia terapeutica e quel farmaco. È giusto che i governi e l’opinione pubblica richiedano alle aziende del farmaco adeguate sperimentazioni in pediatria. È oggi in molti casi indispensabile utilizzare farmaci off-label in pediatria, ma probabilmente assai meno di quanto avviene. Avviene così ad esempio per il Prozac e il Ritalin, farmaci che agiscono sul comportamento. Negli Stati Uniti, in cui si è registrato un loro incremento esponenziale di vendita negli ultimi anni, è in corso un’accesa polemica. I medici statunitensi infatti vengono accusati di trattare farmacologicamente anche i bambini che mostrano comportamenti non desiderati in classe o altrove, al fine di controllarne la vivacità, senza effettuare le necessarie e approfondite valutazioni prima della prescrizione e non adeguatamente responsabilizzando genitori e insegnanti ad affrontare i problemi familiari e scolastici del bambino. Non è tanto in discussione l’efficacia dei due farmaci o le loro “sperimentate” indicazioni in pediatria (attualmente in fase di verifica da parte delle autorità scientifiche italiane), ma il quando e il come usarli. Tutto ciò può fare perdere fiducia nella medicina ufficiale? Non dimentichiamo che negli ultimi 60 anni la vita media si è allungata di almeno 10- 15 anni grazie alle scoperte della medicina, con la risoluzione di malattie fino a qualche anno fa giudicate incurabili. La medicina (e i farmaci!) per l’uomo, non il contrario: non sono argomenti solo per addetti ai lavori! Ciascuno di noi può fare la sua parte e impugnare questa bandiera, forse semplicemente iniziando a vivere la malattia propria e dei suoi figli non solo come un nemico da sconfiggere, ma anche come una diversa opportunità di vita. Ma questo sarà argomento di altra rubrica.

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