Il fantasma della “tempesta perfetta”

La crisi non è mai stata superata ed il presidente Maurizio Macri non ha convinto l’opinione pubblica. Riappare Cristina Kirchner con la concreta possibilità di tornare a governare il Paese, nonostante le vicissitudini processuali

L’Argentina è di nuovo sull’orlo dell’abisso? Ancora una volta l’instabilità politica si coniuga con quella economica e riporta ciclicamente il Paese ad affrontare una nuova “tempesta perfetta”. Il governo di tecnocrati del presidente Maurizio Macri non è mai riuscito a stabilizzare l’economia e la loro devozione al neoliberismo non li ha portati più in là di praticare austerità, senza mai smettere di strizzare l’occhio ai settori più abbienti. Alla fine, non hanno convinto nessuno. L’inflazione viaggia al 4% mensile, le esportazioni, anni fa emblema della ripresa, sono cadute di un terzo, la divisa nazionale si svaluta senza poterne frenare la discesa. Da livelli ragionevoli, il debito pubblico è passato al 90% del Pil e il rischio-Paese cresce senza sosta.

Questa, ormai, proverbiale incognita nei confronti dell’Argentina ha vari effetti: da un lato i crediti che ottiene sono a tassi di interessi elevati; dall’altro i buoni investitori se ne vanno, perché non sanno quali saranno le regole del gioco in futuro, come già accaduto; gli speculatori, invece, fanno invece affari d’oro, ma nel breve termine e con tassi di beneficio elevati. Prendi i soldi e scappa. Il circolo vizioso riduce l’attività produttiva, si perdono posti di lavoro, i privati non hanno fiducia nel governo, che deve far fronte da solo alle opere pubbliche ma senza disporre di fondi. Il motore degli investimenti funzioni a rilento, mentre il numero di poveri torna a crescere, ben oltre il 30%.

Macri non ha mai convinto del tutto. La sua vittoria elettorale può essere spiegata col disordine e la corruzione del precedente governo di Cristina Kirchner. Crede nei classici guru del marketing politico, capaci di speculare sull’immagine e sul tipo di messaggio da far pervenire a un’opinione pubblica fortemente influenzata dai social e dalla pubblicità, ma senza un costrutto politico reale. Non basta vincere le elezioni, il problema è come governare quando bisogna conciliare crescita economica con un’equa distribuzione della ricchezza. Il suo esecutivo non ha saputo fare né una cosa né l’altra.

In questo contesto riappare, quasi risorta dalle sue stesse ceneri, la figura di Cristina Kirchner. Non è agli arresti solo per l’immunità che le garantisce il suo partito peronista, nonostante la schiacciante documentazione che l’associa al lavaggio di denaro di un manipolo di industriali favoriti dal suo governo. Manipolo che le restituiva il favore, riservando ad esempio decine di stanze dei suoi alberghi ma senza mai mandarvici nessuno, oppure affittando le sue case senza averne la minima necessita e senza mai abitarle. Sono invece in carcere vari suoi ex ministri e funzionari… La sequela di processi aperti contro di lei non riesce ancora a farla sedere sul banco degli imputati. E pare sia intenzionata a presentarsi alle prossime elezioni di ottobre.

La sfiducia nei confronti di Macri è tale che se in questo momento dovesse tenersi un ballottaggio tra i due, la ex presidente vincerebbe con un comodo vantaggio di 9 punti. Per i sostenitori della Kirchner, è chiaro che prima, con la loro leader, si stava meglio. La nostalgia per quei 12 anni di potere è viva ed importa poco come questo sia stato gestito. Desterà stupore, ma per questo settore politico lo stato di diritto, la separazione dei poteri, la costituzione e la stessa democrazia sono elementi accessori.

La legalità può essere lasciata da parte, perché l’obiettivo del potere è quello di stabilire un’egemonia, ovviamente in nome del popolo, da esercitarsi col volano delle politiche sociali in nome di una presunta giustizia sociale, anche se questa non va molto al di là della distribuzione di sussidi invece di cercare strategie produttive. Un esempio di tale prammatismo lo ha incarnato un dirigente vicino alla Kirchner, che ha sostenuto senza esitare che anche rubare va bene… «purché ci siano regole». Cioè, non si ruba a una vecchietta col rischio di farla cadere e rompersi il femore. Sui media non sono apparse censure per una tale affermazione da parte dei suoi compagni di partito.

 

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