Europa, il sovranismo non è la risposta  

Il rancore e la cattiveria come cifra della nostra società sono l’effetto di un governo sbagliato della globalizzazione. Siamo quasi tutti più poveri in Occidente.  Le scelte non rimandabili di una buona politica

 Il 52esimo rapporto Censis sugli italiani rivela le poche luci e le molte ombre del Paese arrabbiato contro gli stranieri e impaurito per l’assenza di un futuro concreto.

È un’Italia incattivita e impoverita nel mondo globale. Si parla di «sovranismo psichico» di un Paese in forte difficoltà. La parola chiave quest’anno è «cattiveria» mentre nel 2017 era «rancore».

Le famiglie italiane sono sempre più povere: 6,9 % in condizioni di povertà assoluta. È un’Italia impaurita e rancorosa. Occorre analizzare le cause profonde di questa mutazione antropologica, per uscire da questa situazione di declino ultradecennale.

La globalizzazione ha fallito la sua finalità non solo nei Paesi in via di sviluppo ma anche in Italia, in Europa e negli Stati uniti.

Qualcosa non ha funzionato nella gestione di un fenomeno che riguarda tutti noi. Ormai siamo quasi tutti più poveri. Dopo oltre quindici anni il panorama economico, sociale e politico è radicalmente cambiato.

Le istituzioni internazionali non sono riuscite a risolvere i problemi creati dalla globalizzazione. Ora pagano il prezzo anche le economie del mondo sviluppato come l’Italia.

Declino industriale, nuove disuguaglianze sociali, perdita di posti di lavoro, progressivo impoverimento dei ceti medi, protezionismo ed ascesa destabilizzante di Donald Trump, Brexit sono sotto gli occhi di tutti.

Il premio Nobel Joseph  Stiglitz propone di mettere in campo alternative utili per un sistema globale più equilibrato a vantaggio di tutti i Paesi.

Vincitori e perdenti

Trump ha ricordato a tutti che le frontiere sono importanti. Ora ai nemici della globalizzazione nei Paesi emergenti e nei Paesi in via di sviluppo si aggiungono quelli appartenenti ai ceti medi e bassi dei Paesi industrializzati.

I redditi della maggior parte degli americani ed europei negli ultimi trent’anni sono sostanzialmente fermi.

L’ascesa sociale è sempre più ardua e tutti conoscono persone cadute in basso. Il ceto medio è in affanno nei Paesi avanzati.

I grandi vincitori sono l’1 % globale di super ricchi e le nuove classi medie di Cina, Russia e India.

La globalizzazione, se ben gestita, avrebbe potuto giovare a tutti. Purtroppo non è stata governata opportunamente.

«Nonostante tutto il malcontento e tutte le disuguaglianze, che sono reali, il mondo ha tratto enormi vantaggi dall’ordine economico globale del secondo dopoguerra, e la globalizzazione è parte di questo» (Siglitz La globalizzazione e i suoi oppositori. Antiglobalizzazione nell’era di Trump, Einaudi 2018).

Centinaia di milioni di persone sono uscite dalla povertà (più di 800 milioni nella sola Cina). Si è creato un nuovo ceto medio globale. Ha pesato negativamente, però, la cattiva gestione della globalizzazione del commercio.

Gli accordi commerciali sono stati iniqui, perché corrispondenti ai desiderata delle multinazionali americane, le quali volevano poter sfruttare manodopera a basso costo, senza il rispetto di norme ambientali o di tutela dei lavoratori. Insomma, vantaggi per alcuni a discapito di altri.

La deregolamentazione sfrenata dei mercati finanziari ha comportato la distruzione delle comunità. Quando i posti di lavoro sono diminuiti e non aumentati, è crollata la fiducia nei confronti delle élite e delle istituzioni.

La governance di questo processo è stata carente, senza dubbio. Occorre andare verso una nuova economia globale, verso una globalizzazione equa con prosperità diffusa.

Unità, non uniformità

A tal proposito, papa Francesco afferma che «lo sbaglio è pensare la globalizzazione come se fosse un pallone, una sfera dove ogni punto è a uguale distanza dal centro, non c’è differenza e tutto è uniforme».

Secondo il papa, infatti, «questa uniformità è la distruzione dell’unità, perché ti toglie la capacità di essere differente», cioè «l’unità nelle differenze».

Egli ritiene che «il pericolo di oggi, un vero pericolo mondiale, è di concepire una globalizzazione nella uniformità che distrugge». Ecco allora che ci richiama alla figura geometrica del «poliedro», rammentando appunto che è necessaria «una globalizzazione poliedrica dove c’è l’unità, che è cosa completamente diversa dall’uniformità, l’unità che ha bisogno delle differenze, l’unità che si fa con la diversità, dove ogni persona, ogni razza, ogni cultura sempre conserva la sua identità patria» (Francesco, Discorso all’Università Roma Tre, 17.02.2017).

Questa la bussola da seguire. Questo presuppone il superamento della “cattura cognitiva” del pensiero progressista da parte del neoliberismo, attraverso un nuovo paradigma di economia civile che considera l’intera l’economia, alla base di una teoria economica di mercato, fondata sui principi di reciprocità e fraternità.

È perciò necessario concretare la nuova globalizzazione, nel suo valore poliedrico, in ogni Paese mediante l’inclusione per abbattere povertà ed emarginazione.

Essa deve funzionare per tutti, nel mondo post-Trump, introducendo regole che mettano i profitti al servizio della società e del bene comune. Questo però non sarà possibile se la finanza continuerà a foraggiare la politica, assoggettandola.

In questo senso è molto importante l’appello di papa Francesco per una buona politica capace di assicurare giustizia sociale, unità nella diversità e pace.

I sovranismi, i populismi possono essere svuotati dalla politica partecipativa e dal rilancio del progetto di una nuova Europa unita, ben oltre il volto austero e burocratico di soli vincoli e paletti.

Premiare, ad esempio, i Paesi in regola con i conti potrebbe essere un modo per ridurre le divergenze nell’Eurozona.

Elezioni europee

Il 26 maggio voteremo per il Parlamento europeo. Stiamo parlando del più grande mercato del mondo che potrebbe implodere in caso di vittoria dei sovranisti, sostenuti da nemici esterni dell’Europa unita.

Assicurazione bancaria dei depositi, proposte tecniche per ridurre il peso dei debiti con o senza condivisione dei rischi, reti di protezione nazionale per chi è sotto la soglia di povertà, redistribuzione automatica tra gli Stati degli immigrati con governo dei flussi e investimenti in Africa per ridurre le partenze, possono rendere evidenti i vantaggi dell’Unione Europea.

In particolare, vanno definite “soglie di dignità” del lavoro, come propone Leonardo Becchetti. È la direzione giusta per combattere il dumping sociale promuovendo la dignità del lavoro.

«Applicando questa regola non solo ai prodotti di un determinato Paese terzo, ma anche a quelli interni si eviterebbe l’accusa di dazi e l’avvio di guerre commerciali» (Avvenire 28.11.2018).  Ci troviamo infatti davanti a due strade: invertire la globalizzazione (Trump, Brexit ecc…) con le guerre commerciali, oppure aiutare i perdenti della globalizzazione reintroducendoli nello spazio della politica, con dignità del lavoro, protezione sociale, rilancio del progetto europeo con partiti europei ed un vero governo in senso federale.

 

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