Europa, iniziano le manovre

Si palesano le linee dei partiti in vista dell’importante appuntamento del 26 maggio
Manfred Weber, Guy Verhofstadt, Ska Keller e Frans Timmermans, durante l'evento organizzato il 2/5/2019 a Firenze da European University Institute. ANSA/CLAUDIO GIOVANNINI

Inizia il mese di maggio e alcuni dei principali attori delle elezioni per il Parlamento europeo si affacciano sulla scena europea. Due eventi, in particolare, segnalano che non si tratterà solo di un’occasione per i cittadini di ogni Stato membro di esprimere gradimento o critica per il proprio governo, ricordando che la posta in gioco è continentale, e non (solo) nazionale.

Quasi in contemporanea, si sono, da una parte, trovati a Firenze, sul palco di una delle sedi dell’Istituto universitario europeo, quattro leader di partiti a favore della costruzione europea, e, dall’altra, incontrati in Ungheria due dei principali euroscettici, il vicepremier italiano Salvini e il primo ministro magiaro Orbán.

A villa Salviati, a Firenze, il 2 maggio si è tenuto il primo dibattito tra quattro dei principali esponenti delle famiglie politiche pro-europee. Tre erano “candidati di punta” (spitzenkandidaten), cioè esponenti di una famiglia politica che si candidano a diventare presidente della Commissione europea in caso tale famiglia ottenga la maggioranza alle elezioni del 23-26 maggio: il tedesco Manfred Weber del Partito popolare europeo (PPE), di centro-destra (che vincerà le elezioni europee secondo i sondaggi, quindi probabile futuro presidente dell’esecutivo Ue), il socialista olandese Frans Timmermans, attuale vicepresidente della Commissione, e la 37enne tedesca Ska Keller, dei Verdi europei, partito che promuove un modello diverso, più sostenibile e inclusivo, di integrazione europea. Il quarto partecipante, l’ex primo ministro belga Guy Verhofstadt, leader dell’Alleanza dei liberali e democratici per l’Europa (ALDE), non è uno spitzenkandidat, perché l’Alde ha rifiutato di nominarne uno, ritenendo che questa pratica (comunque penalizzante per i liberali che non hanno alcuna possibilità di risultare il partito più eletto) non abbia senso senza liste elettorali comuni a livello europeo, che i liberali avevano proposto, senza successo.

Questo è, di fatto, uno dei punti di debolezza delle elezioni europee: i cittadini potranno votare unicamente liste nazionali, e noi italiani non potremo esprimere una preferenza per alcuno dei protagonisti del dibattito, che si è svolto sulle nostre terre. Il dibattito ha permesso comunque di delineare alcuni punti del programma delle quattro famiglie politiche.

Weber ha auspicato la creazione di un esercito europeo e di una FBI a livello europeo, per lottare contro criminalità e terrorismo. La priorità è per lui avvicinare l’Europa ai cittadini, per rispondere ai populismi e alla retorica nazionalista.

Per Timmermans la priorità è la transizione ecologica ed economica verso un mondo sostenibile, sostenuta da Keller, per cui la posta in gioco non l’è l’Europa di oggi, ma quella de nostri figli e nipoti. Timmermans e Keller hanno espresso scetticismo sulla realizzabilità di un esercito europeo, mentre invece si potrebbero più agevolmente realizzare sinergie ed economie: Verhofstadt ha ricordato che l’Ue spende per la difesa metà degli USA e tre volte la Russia, ma con gli Stati in ordine sparso, e quindi duplicazioni e sprechi evitabili.

Verhofstadt ha indicato che l’Alde si dissolverà dopo le elezioni per formare un nuovo gruppo politico centrista, con la lista Renaissance del presidente Francese Macron.

A Budapest e, icasticamente, lungo la barriera di filo spinato che separa l’Ungheria dalla Serbia, il 1° maggio, Orbán e Salvini hanno orchestrato le prove generali di una destra populista e anti immigrati, al momento unita solo sulla carta. Allo stato, infatti, il partito di Orbán, Fidesz, è minoritario all’interno del PPE, che ne ha sospeso i diritti di voto per non rispetto dello Stato di diritto in Ungheria. Orbán ha dichiarato che convincerà il PPE a allearsi, nel futuro parlamento, con il gruppo di destra di Salvini (che sarà l’erede dell’attuale gruppo Europa delle nazioni e della libertà), cosa che è stata categoricamente esclusa dai vertici del PPE. A quel punto, Fidesz potrà o traslocare i suoi probabili 14 seggi in un altro gruppo, magari quello di Salvini, o rientrare nei ranghi e rimanere, ribelle ma non troppo, nella famiglia popolare, sperando nella revoca della sospensione.

Anche senza i seggi di Fidesz, il PPE sarà con ogni probabilità il primo gruppo al Parlamento europeo, e nemmeno con Fidesz la Lega ed i suoi alleati (il Rassemblement National di Le Pen, il Partito della libertà austriaco, Alternative für Detuschland e altri) riuscirebbero a superare numericamente la futura alleanza Alde-Macron, destinata a diventare la terza forza del parlamento. Rimane, realisticamente, l’opzione per la Lega e i suoi alleati di esercitare un’opposizione il più possibile efficace, sapendo che i partiti della maggioranza tradizionale (popolari, socialisti e liberali) non faranno loro nessuno sconto.

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