Ecco la Madre

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Mi immergo nella penombra dell’allestimento, su cui batte l’unica luce delle foto di Hupka. Sono tante, ma non danno alcuna impressione di sazietà. Ognuna attende il mio sguardo, il mio saperla ascoltare. Forse, quando il fotografo ha deciso di pubblicare i suoi ritratti del gruppo michelangiolesco – ancora nel 1975 – impressi in innumerevoli pose nove anni prima, di giorno e di notte, non immaginava che il suo sacrificio, sarebbe rimasto come un grande atto d’amore verso una delle icone più ammirate della Bellezza. Che è sempre misteriosa. E lo rimane, anche dopo aver contemplato, dettaglio per dettaglio, i volti di Gesù e di Maria dalle più diverse angolazioni. Tuttavia, questo mistero affascina, attira, distende: dona una gioia particolare. Guidato dall’organizzatore, l’infaticabile professor Daniel Courant, scopro nel volto della Vergine dolcezza, serietà, speranza: dolorosa certezza della vita che continua. In quello del Cristo quasi adolescente, l’immagine dell’uomo del dolore superato, del corpo già glorificato. Seguo con lo sguardo ed il pensiero la linea sinuosa delle vesti ridondanti, a tratti dalle acutezze gotiche, a tratti più distese. Soprattutto, in una straordinaria foto dall’alto, pare di vedere l’abbraccio di qualcuno ad un gruppo che è esso stesso già un abbraccio d’amore. Nel gioco di luci e ombre, di sporgenze e rientranze, di superfici mosse e di altre levigate, scivola una trasparenza di sentimenti ormai purificati: che non ignorano la sofferenza – la bocca socchiusa del Cristo nell’ultimo respiro, il volto chino della Madre sul suo corpo – ma l’hanno ac- colta e trasfigurata. In nessun’altra opera, né prima né dopo (forse solo negli ultimi disegni e nella Rondanini) Michelangelo riesce ad essere tanto sublime e così semplice. Forse perché è da giovani, se l’anima viene lasciata trasparente, che l’ispirazione vive le sue prime, folgoranti intuizioni con quella immediatezza spontanea che cattura l’attenzione di chiunque. Perché unisce insieme luce e verità, senza alcuna mediazione. Ognuno che sosti di fronte a questo gruppo – di qualsiasi fede o nazione – resta con un sentimento adorante. Non ci si stupisce. Michelangelo non ha ritratto la morte, ma la Vita. Non per nulla una delle foto più suggestive è il volto di Cristo – già imballato per ritornare da New York a Roma – che appare sul punto di rispalancarsi all’esistenza. Questo marmo non è dunque solo un fatto d’arte, ma un atto di coraggio e di fede.A ventitré anni, Michelangelo consegna all’umanità di sempre la sua anima, che diventa quella di ciascuno.

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