Donatori si diventa

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Non è facile, certo che non è facile. Eppure vale una vita. Donare il proprio midollo, il sangue, un organo, da vivi o da morti. A qualcuno viene il terrore solo a pensarci. Qualcun altro sta ben attento a tenersi lontano da siringhe e sale operatorie. E le domande affiorano spontanee. Perché dovrei farlo? Perché proprio io? Chi mi garantisce? Ma forse non serve, ci saranno altri che già lo fanno. È successo anche a chi scrive quando qualche anno fa, venuta a sapere della necessità di midollo per una persona di nazionalità ceca, mi trovai a pensarci un attimo e a provare quel timore giustificato, se vuoi, di fronte alla possibilità di risultare compatibile e quindi sottoporsi all’iter necessario. Fu una vera e propria scelta sul versante della generosità andarsi a iscrivere nel registro nazionale dei donatori di midollo. Una scelta che, solo allora mi resi conto, non s’improvvisa dall’oggi al domani. Come quell’altra volta che serviva del sangue per il papà di un’amica molto cara. E se fosse per mio padre? Pensai. E subito al centro trasfusionale. Piccoli episodi che mi hanno insegnato una cosa almeno: per dare occorre considerare l’altro parte di sé stessi, occorre mettersi nella pelle dell’altro, pensare di essere noi al suo posto. Di recente è stata celebrata a Roma la Settimana del dono di sé promossa dal Centro di pastorale sanitaria della diocesi e che ha visto l’adesione del Comune, della Provincia e della Regione. Prendeva in considerazione alcuni dei tanti modi di donarsi agli altri, dal dono di sé a favore di chi soffre, al dono di sé nel volontariato ed in particolare al dono di qualcosa che fa parte proprio della nostra persona, del nostro corpo: sangue, midollo, cordone ombelicale, organi. Quattro possibilità, diverse fra di loro per coinvolgimento e conseguenze. Quattro richieste che attendono risposta. Come le migliaia di persone la cui vita è legata al filo di un’adesione. Il quadro generale è incoraggiante, nel senso di una cultura della donazione che si fa strada anche grazie a campagne di sensibilizzazione e di informazione. Non dimentichiamo che tante volte il vero e proprio ostacolo è una non esatta conoscenza delle procedure che regolano la materia. Ma vediamo per argomento com’è la situazione nel nostro paese e non solo. Trapianti di organo Se n’è fatta di strada da quando nel 1902 il chirurgo francese Alexis Carrel per primo mise a punto la tecnica per congiungere due vasi sanguigni. Sarebbero passati cinquant’anni per il primo trapianto riuscito, quello di rene, effettuato dal prof. Murray a Boston fra due fratelli gemelli identici. Da quella data in poi è un succedersi di traguardi: primo trapianto di fegato e di polmone nel 1963, di pancreas nel 1966, di cuore nel 1967. E via via fino ai nostri giorni che hanno registrato appena il mese scorso, all’Istituto Regina Elena di Roma, il primo trapianto di mandibola da cadavere. Una donazione, questa, da persona deceduta, la cui certezza, raggiunta nel 1965 ha aperto numerose frontiere ancora oggi esplorabili. Che non escludono la ricerca di altre vie. Uno dei progetti su cui si sta lavorando, ad esempio, è quello di arrivare a costruire su misura degli organi personalizzati, con le stesse cellule del paziente che li riceverà. Procedimento questo già possibile con pelle, ossa e cartilagine ma che si punta ad estendere a fegato e cuore, come affermato di recente da Alfonso Barbarisi, direttore del Centro di biotecnologie applicate alla chirurgia dell’università Federico II di Napoli. Ma in attesa di questi traguardi che probabilmente non verranno raggiunti prima di 20 anni, la via più praticata passa attraverso lo scambio tra persone. Vive entrambe, come quando si tratta di un rene ad esempio, o vive e morte, nel caso degli altri organi. Tutti ricordiamo quel tesserino azzurro che arrivò nelle nostre case contemporanea- mente ad un certificato elettorale nel maggio 2001. Serviva ad esprimere la nostra volontà riguardo ai nostri organi in caso di morte. Si poteva farlo compilandolo oppure depositando una dichiarazione in tal senso presso gli sportelli delle Asl. Una possibilità tuttora valida e che anzi prevede anche l’impiego sostitutivo di un qualsiasi foglio dove sia riportato nome, cognome, dati anagrafici, manifestazione di volontà, data e firma. Chi non si esprime lascia ai familiari la decisione che, come si può immaginare, non è facile da prendere data anche l’immediatezza necessaria a garantire il buon risultato del trapianto. I dubbi sull’avvenuta morte cerebrale, il senso di rispetto per il corpo del defunto, l’impressione di sottoporlo a procedimenti drammatici, sono tutti fattori non indifferenti nel favorire un sì all’espianto degli organi. E a ben pensarci sarebbe meglio che a scegliere fosse ciascuno di noi mentre è in vita, fosse anche solo per evitare questo strazio ai nostri cari già provati da un’eventuale tragica perdita. Midollo osseo Di più recente nascita, la tecnica del trapianto di midollo osseo, effettuata per la prima volta nel 1979 negli Stati Uniti, vanta già i suoi progressi nell’applicazione. A tracciare un bilancio è il prof. Claudio Anasetti, primo medico ad averla applicata ed attuale direttore responsabile del Centro di ricerca Fred Hutchinson di Seattle. Se infatti agli inizi la possibilità per un paziente di trovare un donatore non consanguineo compatibile era del 20 per cento, adesso è dell’80 per cento. E questo grazie anche ad una rete mondiale che si è venuta via via costituendo. Esistono infatti vari registri nazionali (in Italia si chiama Ibmdr con sede a Genova presso l’ospedale Galliera) collegati con un network mondiale (Bmdw) che facilita e velocizza la ricerca di donatori compatibili a livello planetario. Gli iscritti attuali, da 49 paesi, risultano essere quasi 7 milioni e mezzo. Il dono del midollo osseo ha caratteristiche diverse da quello degli organi, almeno da quelli dati dopo la morte. Si tratta infatti di sottoporsi ad un intervento chirurgico durante il quale mediante ripetute punture delle ossa del bacino viene prelevata la quantità necessaria di midollo osseo. Niente di pericoloso ma comunque un’anestesia e qualche giorno di convalescenza con indolenzimento della parte interessata. Può farlo chiunque abbia un’età compresa fra i 18 e i 35 anni anche se la disponibilità del donatore resta valida fino al raggiungimento dei 55 anni. Buone le notizie per l’Italia. Coi suoi 3917 trapianti di midollo osseo nel 2002 si piazza al primo posto in Europa. Cordone ombelicale Madre natura provvede proprio a tutto. Le cellule staminali infatti si possono ottenere non solo dal midollo osseo ma anche dal sangue periferico opportunamente trattato e dal sangue del cordone ombelicale. Questa è una grossa opportunità perché si tratta di un tessuto che normalmente viene gettato. In una campagna di sensibilizzazione dell’Adisco (Associazione donatrici italiane sangue del cordone ombelicale) veniva affermato che tra un bimbo malato di leucemia e la gioia di vivere mancano pochi centimetri: quelli del cordone ombelicale. Il suo sangue infatti contiene quelle cellule staminali in grado di generare globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, gli elementi di cui mancano i soggetti per cui è necessario il trapianto. Forse tra i vari “doni di sé” è quello che costa meno perché non procura alcun rischio e sofferenza né al bambino né alla madre. L’unica cosa a cui essa deve sottoporsi è un prelievo di sangue al momento del parto e uno sei mesi dopo per effettuare dei controlli. Si capisce da qui la nascita nell’ottobre del 1995 dell’Adisco allo scopo di promuovere questa donazione, raccogliere fondi per sviluppare la ricerca sulle sue potenzialità, far nascere una rete di banche del sangue del cordone ombelicale su territorio nazionale. Sangue Anche qui si cresce ma non ci siamo ancora. Sebbene infatti i donatori negli ultimi due anni siano aumentati nel nostro paese dell’1,5 per cento, mancano ancora ogni anno diecimila unità del prezioso liquido rosso. Riusciamo in questo modo a coprire il 57 per cento del fabbisogno nazionale e per il restante 43 per cento dobbiamo ricorrere ad importazioni dall’estero. Elementi questi che ci pongono al di sotto della media europea stimata intorno ai 40 donatori per mille abitanti. Noi infatti, ne contiamo 30 e siamo terzultimi davanti solo a Grecia e Portogallo. Interessante notare che, a fronte di un aumento complessivo dei donatori, si registra un calo del 5 per cento fra quelli di età compresa fra 18 e 35 anni, mentre i più generosi risultano nella fascia fra i 35 e i 45 anni. I motivi potrebbero essere tanti, dal fatto che i giovani oggi viaggiano di più, al loro essere più individualisti e più paurosi, o più esposti a comportamenti a rischio. Difficile giudicare. Ma il dato certo è che il loro contributo è in calo. E questo non è un buon sintomo. Una nuova cultura La scienza dunque fa i suoi progressi aprendo sempre nuove possibilità alla sopravvivenza dell’uomo anche in presenza di malattie che prima erano inguaribili. Ma l’ultima parola resta sempre alla persona. A che servirebbe potere salvare vite umane se poi manca la materia prima per farlo? E quali le alternative? Costruirla in laboratorio? Ci si sta provando. Istituire la compravendita di pezzi umani? C’è chi fuori da ogni legge lo fa già. C’è una regola che non a caso si chiama d’oro. Ci porta a fare agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi stessi. È data in esclusiva al genere umano. E interpella tutti. Anche gli stati che hanno il compito, tra gli altri, di assicurare la salute dei loro cittadini. Non giustifica ritardi, se e ma. In quanto a noi la scelta è tra la solidarietà e l’egoismo. L’ADESIONE DEGLI ITALIANI Il 72,1 per cento degli italiani ha espresso il proprio consenso alla donazione degli organi dopo la morte. Al di sopra della media la Val d’Aosta con il 92 per cento di sì, seguita da Umbria con il 91 per cento, Campania (90 per cento), Abruzzo (89 per cento), Sardegna (88 per cento), Veneto e Piemonte (85 per cento), Sicilia e Molise (82 per cento), Marche (80 per cento) e poi di seguito le altre regioni. In Europa il nostro paese, secondo i dati del Centro nazionale trapianti, è, con i suoi 18,1 donatori effettivi per milione di abitanti, al quinto posto dietro Spagna, Austria, Belgio e Portogallo. A CHI MI RIVOLGO? Le sedi nazionali delle principali associazioni: Avis, Associazione volontari italiani sangue; via Livigno, 3 – 20185 Milano, tel. 02.6071707 – 6883360 fax 6888371 avis.nazionale@ avis.it Admo, Associazione donatori midollo osseo; via Aldini, 72 – 20157 Milano, tel. 02.3900085 fax 02.39001170 admo@admo.it Adisco, Associazione donatrici italiane sangue del cordone ombelicale; p.za Istria, 2 – 00198 Roma, tel. 06.86329281 fax 06.86329282 adisco@pronet.it Aido, Associazione italiana donatori organi; via Novelli 10/a – 24122 Bergamo, tel. 035.222167- 222314 aidonazionale@aido.it LA TRATTA DEGLI ORGANI Dall’India al Brasile, dal Mozambico al Sudan ma anche nella vicina Romania e non solo: migliaia di bambini sono utilizzati come merce. Non sfugge alla cattiveria dei trafficanti il redditizio mercato di organi umani. Una vera e propria tratta internazionale che trae alimento dalla disperazione di chi non trova altra soluzione. Difficile dire esattamente quante persone – non solo bambini – ne restano vittime. La speculazione non si ferma neanche di fronte alla vita.

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