Dio è amore

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La prima enciclica di un papa raccoglie le urgenze più immediate del suo pensiero e le linee fondamentali del suo programma. Benedetto XVI ha voluto dire al mondo di oggi, con la parola più alta della rivelazione del Nuovo Testamento, chi è il Dio di Gesù Cristo e chi siamo noi. Rivolgendosi ad un mondo, che sembra attento alla dottrina ed al linguaggio del successore di Pietro, ha voluto non deluderlo, annunziando il senso dell’esistenza umana: quello espresso nel nome e la natura di Dio, e quindi nel destino della persona umana, creata a sua immagine e somiglianza. Tutto è detto con chiarezza, con la forza di una proclamazione sintetica nelle prime righe del documento papale: Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui (1 Gv 4, 16). Queste parole della prima lettera di Giovanni esprimono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana: l’immagine cristiana di Dio e anche la conseguente immagine dell’uomo e del suo cammino. Inoltre, in questo stesso versetto, Giovanni ci offre per così dire una formula sintetica dell’esistenza cristiana: Noi abbiamo riconosciuto l’amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto (n° 1). È la parola di Giovanni l’Apostolo alla sua comunità, per essere trasmessa alla cultura del suo tempo; ed è parola della chiesa per il nostro mondo, annunzio della nuova evangelizzazione del postmoderno. È l’annunzio-testimonianza che sgorga dalla contemplazione del cuore squarciato del Cristo crocifisso. Con l’intuizione di un teologopastore, il papa propone la sua meditazione su Dio amore rivolta alla natura e alla cultura. Alla natura umana, che ha l’amore iscritto nel suo essere, nel corpo e nello spirito. Alla cultura odierna, che lo esalta a dismisura fino a profanarlo. Si fa portavoce della ricerca appassionata dei classici e dei filosofi, e parla ad un mondo che dell’amore ha il senso innato, anche se spesso degradato. Senza tacere la forza prorompente dell’eros come amore nella cultura odierna, ripropone la forza trasformante dell’agape di Dio, un amore discendente che purifica ed innalza, che unisce e rende solidali, capace di trascinare perfino l’eros in un amore appassionato di donazione per Dio e per il prossimo. Citando a sorpresa uno dei maestri del sospetto e della negazione di Dio, Friedrich Nietzsche, rivendica che la chiesa non ha avvelenato l’amore; ricordando le parole del poeta latino Virgilio, conferma che anche a livello umano tutto vince l’amore; quasi come premessa e invito alla conoscenza della vera natura di Dio e dell’uomo, in un amore che ha bisogno di essere ricevuto per essere donato. In una meditazione che lo stesso papa definisce filosofica, egli illumina il senso dell’amore a partire dalle sue radici umane, in continuità con la rivelazione del Primo Testamento, che unisce indissolubilmente, come sottolinea tutta la tradizione ebraica, l’amore di Dio e del prossimo. Per il cristianesimo è Gesù, il Dio fatto carne, colui che esprime nel suo stesso essere di carne e di sangue l’amore vero, divino, incarnato come manifestazione culminante dell’agape di Dio; un amore discendente e gra- tuito, che ha la sua espressione originale nel suo sacrificio, il dono di un Dio che, per amore, rinuncia a se stesso: Nella sua morte in croce si compie quel volgersi di Dio contro sé stesso nel quale egli si dona per rialzare l’uomo e salvarlo – amore, questo, nella sua forma più radicale. Lo sguardo rivolto al fianco squarciato di Cristo, di cui parla Giovanni (cf. 19, 37), comprende ciò che è stato il punto di partenza di questa lettera-enciclica: Dio è amore (1 Gv 4, 8). È lì che questa verità può essere contemplata. E partendo da lì deve ora definirsi che cosa sia l’amore. A partire da questo sguardo il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare (n° 12). Di questo amore il cristiano non fa solo l’esperienza di una predicazione; egli è invitato a cibarsi. L’amore incarnato di Dio si fa cibo per nutrire la vera natura dell’amore, in quel mistero che è memoriale perfetto e culminante del Dio amore. Evocando un desiderio dei filosofi pagani, quello di poter nutrire la mente con il Logos, la parola e la sapienza di Dio, il papa ricorda la sorpresa del cristiano: egli è invitato a nutrirsi della carne di Dio nell’Eucaristia, mistero che concentra nel pane e nel vino del sacrificio e dell’alleanza nuova, il senso di un amore incarnato che si fa nutrimento e comunione. In questo modo, veniamo coinvolti nel dinamismo dell’amore di donazione. Si tratta di un amore di donazione e di risposta che unisce l’etica e la carità; è amore con caratteristiche sociali verso il prossimo: Nel culto stesso, nella comunione eucaristica è contenuto l’essere amati e l’amare a propria volta gli altri. Un’Eucaristia che non si traduca in amore concretamente praticato è in se stessa frammentata. Reciprocamente… il comandamento dell’amore diventa possibile solo perché non è soltanto esigenza: l’amore può essere comandato perché prima è donato (n° 13). Il cristiano si nutre di Cristo e diventa nel mondo manifestazione del Dio che è amore. Con questa logica dell’amore che discende, che coinvolge, che diventa donazione, il papa traccia le linee fondamentali dell’essere stesso della chiesa. Nel suo nome e nel suo essere carità verso il mondo, la chiesa è espressione di quel di più dell’amore che si rivela nel Dio trinitario, nel Cristo crocifisso, e che diventa legge di una donazione capace di trasformare il mondo. Tutta la seconda parte dell’enciclica propone il volto di una chiesa che è manifestazione dell’agape del Dio trinitario e comunità di amore; nel suo essere ed agire proclama e testimonia Dio amore, lo celebra nella liturgia per ricevere il dono della divina carità, lo manifesta nella diaconia come testimonianza credibile. La chiesa, che in qualche modo dovunque è chiamata a presiedere e testimoniare il volto di Dio amore nella carità, sollecita tutti con l’esempio a istaurare rapporti di giustizia sociale nel mondo, ma riporta costantemente a quella novità che è iscritta nel nome stesso del Dio che Cristo ci ha rivelato e del quale portiamo nel cuore l’immagine: un Dio che è amore. Un Dio che è risposta al nostro anelito di felicità e alla ricerca di una solidarietà che nasca dal cuore.

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