Davanti alle elezioni

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Èpassato qualche anno, ma la scena, nella sua paradossalità, è ancora vivissima nel mio ricordo. Mi trovavo ad un ritiro spirituale – anch’io ho di queste debolezze – e, durante un intervallo, un vecchio amico mi prese sottobraccio. Aveva un’espressione preoccupata; conoscendolo come persona equilibrata e sensibile, mi preoccupai a mia volta, quando mi disse: Devo confidarti una brutta situazione: dobbiamo pregare per Giovanni; pensai subito ad una malattia inguaribile, ad un tracollo finanziario… Egli invece sussurrò: Continua a votare per Forza Italia . A quelle parole, naturalmente, anch’io mi incupii e risposi, con voce grave: Andiamo subito, ma preghiamo per te. È impressionante quanto sia diffuso l’atteggiamento di delegittimare coloro che non compiono la nostra stessa scelta. Con la mia risposta all’amico non intendevo sostenere un particolare partito, ma il diritto di una persona a votarlo senza, per questo, diventare, agli occhi di chi la pensa diversamente, un caso patologico o, peggio, un traditore degli ideali cristiani. Il voto deficiente Se la delegittimazione reciproca è il pane quotidiano – e uno dei pericoli più gravi – della situazione politica italiana attuale, dentro la comunità cristiana questo atteggiamento non dovrebbe trovare spazio. E invece, purtroppo, a volte le delegittimazioni più radicali e offensive avvengono tra cristiani, perché si attribuisce alla propria scelta politica un valore assoluto, ideale, evangelico; si compie, in effetti, una deduzione che non si dovrebbe mai compiere all’interno di materie, come quella politica, nelle quali si può avere legittimamente opinioni diverse; si dice ad esempio: Sono cristiano, dunque sto dalla parte dei poveri, dunque voto a sinistra; oppure: Sono cristiano, dunque difendo la vita, dunque voto a destra . Sappiamo tutti per esperienza che simili contrapposizioni – anche tra cristiani – danno luogo a discussioni senza fine. Gli argomenti si accumulano, da una parte e dall’altra, senza che si venga a capo di niente. Che cosa si può dire, con grande certezza, in questi casi? Che il problema che fa discutere e che fa delegittimare reciprocamente, non è quello di cui si parla: se si cercasse veramente la soluzione ad un problema concreto, la si troverebbe: l’anno scorso, ad esempio, cattolici schierati sia a destra che a sinistra hanno lavorato insieme per la difesa della legge sulla procreazione assistita. Ciò che veramente porta allo scontro è la scelta ideologica dei due cristiani che discutono; nascosta sotto la pretesa di essere fedeli al Vangelo e di difendere un valore, sta l’adesione viscerale ad una parte: una radice culturale che non è mai stata messa in discussione e si serve dell’aspetto religioso per cercare di imporsi. Questa è la vera patologia, diffusa anche all’interno delle comunità cristiane: una appartenenza ideologica spesso negata, mascherata da argomenti razionali e da scelte generose: una parte di sé profonda, gestita in proprio, che pochi sono disposti a mettere in comune con gli altri, a farne oggetto di discernimento all’interno di una vera comunione. Il voto che esce da questa situazione – molto diffusa – è un voto deficiente, nel senso che vive un deficit, cioè manca di un elemento indispensabile per chi vuole veramente compiere una scelta alla luce della coscienza cristiana: manca l’intelligenza fraterna, cioè quella particolare, specifica capacità di comprendere che solo la fraternità garantisce: comprendere che mio fratello è diverso da me, che con la mia stessa buona fede e buona volontà può compiere una scelta che non è la mia, e che è utile e necessaria per compiere un disegno comune. Abbiamo allora un primo criterio: l’intelligenza fraterna non delegittima, ma accetta la diversità dell’altro. Il voto ricattatorio Questo primo criterio, come ognuno intende, non è semplicemente una regola razionale: comporta un percorso interiore per ciascuno e un percorso per le comunità, entrambi non facili e non scontati: pensiamo che, in molte comunità e associazioni, non si parla di politica per non rompere l’unità; ed è assurdo: davvero il legame di fede e di carità di una comunità cristiana risulta così debole? Ma vorremmo proporre, velocemente, altri due criteri. Attualmente, in Italia, nessun partito – considerato non solo nelle sue proclamazioni teoriche, ma nella sua situazione concreta – e nessuna coalizione sono in grado di assicurare la coerente e completa rappresentanza dell’intera dottrina sociale cristiana. Anche per motivi pratici: nel corso di una legislatura si possono realizzare alcune cose e non altre: la priorità che si assegna alle cose da fare e, naturalmente, il modo in cui farle, comporta una scelta. Di conseguenza, ogni opzione politica ha dei motivi a favore e dei motivi contrari. Dando per scontato che tutti vorremmo raggiungere il bene comune, ciascuno deve operare una scelta personale circa i mezzi (cioè i partiti e le coalizioni) per raggiungerlo. La prudenza è appunto ciò che permette di scegliere i mezzi adeguati a conseguire il fine. Ma questo giudizio prudenziale è affidato alla coscienza personale; la quale, si dice giustamente, dev’essere formata, informata e matura. E qui cominciano i ricatti, dato che, spesso, qualcuno pensa di essere molto più cosciente degli altri, e dichiara: Se la cosa più importante, per te, non è – ad esempio – la famiglia, non sei un buon cristiano . L’errore, in questo caso, non consiste nel richiamare ad un valore, ma nel farlo in modo tale da presentare come necessaria una determinata scelta partitica. Facciamo il caso concreto del valore della vita: nel difenderla, c’è una scala molto chiara di valutazione morale. Prima di tutto viene la difesa della vita nascente: l’aborto volontario e certe pratiche di procreazione artificiale che comportano la distruzione di embrioni violano, in maniera chiara e incontestabile, il comandamento religioso e civile Non uccidere. Sbagliano quei cristiani che equiparano queste pratiche – che sono, in effetti, omicidi – ad altre offese, anche gravi, alla vita. E su queste pratiche il giudizio morale è chiaro e indiscutibile, come è chiara la conseguente decisione politica da prendere: bisogna impegnarsi per impedire tali pratiche. E di conseguenza il cristiano in politica è moralmente obbligato non solo a dichiararsi contrario ad esse, ma anche a impegnarsi perché il suo partito e la coalizione alla quale appartiene facciano propria tale posizione: su questo punto, non possono essere accettati atteggiamenti di compromesso. Ma questa chiarezza di giudizio morale e gli obblighi conseguenti valgono anche per la pena di morte, che gli stati moderni possono evitare di infliggere, e per le guerre palesemente ingiuste che attanagliano il pianeta. Mentre è vero che altre situazioni, che pure violano il Non uccidere, quali forme estreme di povertà e di incertezza, non portano alla stessa chiarezza nelle decisioni politiche da prendere, essendo praticabili diverse strategie di intervento. Questo discorso sulla vita rende obbligatorio, come conseguenza pratica, il votare per un partito o una coalizione che proclami la volontà di difendere in maniera assoluta la vita nascente, senza preoccuparsi degli altri aspetti del loro programma politico? Tradotto in linguaggio partitico esplicito: questo discorso obbliga, nell’attuale situazione italiana, a votare per il centro destra? No, questo obbligo, dal punto di vista della dottrina morale, non può essere imposto. Bisogna infatti considerare, anzitutto, l’effettiva realizzabilità del programma. Da questo punto di vista, la storia recente insegna: la stessa legge 40 sulla procreazione artificiale, che pure era proposta dalla maggioranza di governo, non sarebbe passata senza i voti di una parte del centro-sinistra. In questa materia la collocazione politica è stata rilevante tanto quanto le convinzioni personali. E bisogna considerare la vita in tutti i suoi aspetti: non basta far nascere un bambino, bisogna garantirgli la possibilità di essere curato, istruito, accudito. Facciamo nascere i bambini, ma facciamo anche in modo che non muoiano a pochi mesi, di freddo o di botte, perché nati in un ambiente di povertà o di degradazione. Proporre modelli consumistici e mercificanti come necessari al bene economico e, dunque, adottare il consumismo come linea di politica economica, deforma le personalità e toglie significato all’esistenza: e anche questa è vita da difendere. Il secondo criterio, allora è: la fede nei valori non si trasforma in ricatto, ma in apertura ai diversi aspetti di ogni valore, che gli altri, con le loro scelte,mettono in evidenza. Il voto angelico Il terzo criterio, col quale concludiamo queste riflessioni, è quello della fiducia. La fiducia che il fratello che ha il mio stesso ideale, ma una opzione politica diversa dalla mia, sta facendo del suo meglio e obbedisce anche, forse, ad un piano provvidenziale. Con le nostre diverse scelte partecipiamo alla storia umana nelle sue particolarità, nella sua concretezza, nelle sue possibilità di sbaglio nei confronti delle quali ci vuole misericordia; con la nostra diversità accompagniamo gli uomini e stiamo con loro fino alle estreme lontananze che essi prendono gli uni dagli altri. E siamo lì per dare il nostro contributo al progetto politico, cioè per costruire l’unità del bene comune guidando, dalla lontananza, verso la prossimità.

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