Croce senza amore

Chi crede poco nella provvidenza senta la storia di questo primo romanzo (1947) di Böll (I9I7-I985), Nobel nel 1972. L’editore, a cui lo scrittore trentenne si rivolge, fidandosi solo della propria intelligenza freudiana (e così cadendo inevitabilmente nel suo contrario), gli risponde che la descrizione dell’esercito tedesco – pur essendo noi stessi contrari a ogni militarismo – appare priva di sfumature e sembra essere frutto soltanto di un risentimento non ancora elaborato. Böll passa ad altro e passano gli anni, finché Croce senza amore esce postumo in Germania (2002) e ora da noi. Il libro non era solo duramente/ giustamente antimilitarista, era soprattutto una grande rappresentazione del conflitto tra cristianesimo radicale (anticollaborazionista) e nazionalsocialismo, diceva pane al pane, male al male e satana a satana. Riemergendo oggi (ecco la provvidenza) suona strano e freschissimo, come una grandinata d’estate, e non perché appaia fuori tempo, ma proprio al contrario, perché i nostri tempi – anche letterariamente: la prosa grigia e piatta film-televisiva e romanzetti che occultano il bene e il male nel loro sovraeccitato parlare di nulla – sono molto più in basso del suo slancio ideale. Una (buona) famiglia borghese, padre un po’ superficiale, madre ottima; un figlio va con le SS (pur moralmente lacerandosi), una figlia sj sposa banalmente, l’altro figlio, il protagonista Christoph, credente come la madre e non per modo di dire, osserva nelle strade le persone che si muovevano come una pappa grigia, senza speranza, mescolata da un cucdi chiaio. (…)c’era, in quel disperato andirivieni, qualcosa del movimento impotente e grottesco dei pesci gettati all’asciutto. Sì, gli esseri umani erano stati scagliati fuori dal loro elemento, il loro fuoco era domato, persino i loro vizi non erano più passioni, neppure i loro peccati avevano più forza; non era altro che un ruminare piaceri insipidi, spogliati di ogni tensione…. È il rombo del silenzio prima della puntuale tempesta scatenata dal ciarlatano, dalla bestia diventata Dio in nome di una nuova religione del disprezzo e del nulla. L’antidoto c’è, ma a caro prezzo: Il male ci paralizza fin quando non lo riconosciamo. Christoph lo riconosce, come la madre, che in un grande passo narrativo esplora la foto di Hitler: Sì – disse piano – è lui. A differenza di Hans, il fratello irretito dalle SS, Christoph non cadeva barcollando nella cieca, ghignante buffonata del potere, perché aveva sperimentato ormai molto spesso la verità fiabesca che davanti alla preghiera più semplice lo spettacolo più infernale e brutto poteva volatilizzarsi come un branco di bestie abbiette ; e si incammina sulla sua via crucis come se fosse stato avvicinato a uno degli enigmi che Dio tiene chiusi nella mano e talvolta lancia ai suoi come perle della corona infinitamente ricca della creazione…. E parallelamente la madre: Come se Dio volesse mostrarle che il corso spietato del mondo passa sempre attraverso il cuore di quanti credono in Dio, lo amano e sperano in lui. Si dispiega la sanguinosa vanità della guerra, di cui Böll sa lumeggiare tutta la folle, criminale amarezza, favorita da un mondo borghese pronto a tollerare che Satana stesso diventasse il capo dello stato e a offrirgli persino deboli ossequi cristiani ; e Christoph, già umiliato ma non abbattuto dal ripugnante servizio militare, è pronto anche a perdere la vita perché quello poteva essere soltanto l’ingresso nelle vaste contrade di Dio. Ma la croce è croce, e proprio vissuta con coraggio ha un fiele unico, perché si priva dell’avvelenato conforto e del vile risarcimento dell’odio, della vendetta e dell’abiezione. Una ragazza, Cornelia, lo aiuta a non cadervi, diventerà sua moglie: Se nella sofferenza lei diventa colpevole, allora cancella il barlume divino della sua sofferenza. La guerra spazza e frantuma, macella e dimentica. Alla fine del suo ciclone c’è solo una croce cresciuta invisibile ma reale fino a coprire il mondo. Hans muore volontariamente sacrificandosi (e riscattandosi) per salvare il fratello incontrato per caso, la giovane moglie viene strappata a Christoph in modo infame, e nella sospensione, nella sanguinante speranza ultima di rivederla, il reduce ferito nel corpo e più nell’anima non rinnega la croce vissuta senza amore dal suo popolo, non la rinnega perché, gli aveva detto proprio Cornelia, non c’è dolore a questo mondo, non c’è nulla che non venga compreso dalle braccia aperte della croce.

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