Cristo è arrivato in Basilicata

Ad Aliano, il borgo in provincia di Matera dove Carlo Levi ambientò il suo capolavoro.

Una peculiarità dell’arte cinematografica è di poter ricreare le immagini e la vita di un preciso luogo reale utilizzando parti di luoghi diversi. È il caso della Gagliano di Carlo Levi, il pittore-autore del celebre romanzo Cristo si è fermato ad Eboli, rievocazione della sua esperienza di antifascista confinato in quel paese sperduto della Basilicata (vero nome: Aliano) e al tempo stesso documento-denuncia sulla condizione disumana dei contadini del Mezzogiorno all’epoca del Ventennio.

Ebbene, nella versione dell’opera di Levi realizzata per lo schermo nel 1979, il regista Francesco Rosi ha reinventato Gagliano girando le scene in tre borghi del Materano e del Potentino: a Craco, a Guardia Perticara e ad Aliano, dove si svolge il romanzo originale.

Come ricorda Levi nelle pagine iniziali, esso fu concepito molti anni dopo gli eventi descritti, quasi per riparare alla promessa non mantenuta, fatta dall’autore agli alianesi, di ritornare un giorno in quel mondo «serrato nel dolore e negli usi, negato alla Storia e allo Stato; eternamente paziente; a quella mia terra senza conforto e dolcezza, dove il contadino vive, nella miseria e nella lontananza, la sua immobile civiltà, su un suolo arido, nella presenza della morte». Un mondo dove Cristo, inteso come messaggio umano-divino di civiltà, redenzione e speranza, non era mai arrivato.

Ad Aliano Levi fece la scoperta di un’altra Italia e di una civiltà diversa, impregnata di antichissima sapienza e paziente nel dolore. Egli se ne appropriò mettendo al servizio degli ultimi, pur nella scarsità dei mezzi a disposizione, le sue cognizioni di medico; dipingendo luoghi e abitanti del posto, gli uni nella loro bellezza desolata, gli altri nei tratti rudi plasmati da un’atavica e rassegnata sofferenza; e infine eleggendo questo borgo a suo luogo di sepoltura come ultimo atto d’amore verso i “suoi” contadini.

Già prima di arrivarci colpisce il territorio aspro e brullo, caratterizzato dai calanchi scavati nel terreno argilloso dalle acque piovane. Aliano, oggi poco più di mille abitanti, ha investito molto sulla cultura. Oltre ad essere uno dei “parchi letterari” d’Italia, dove s’incontrano un po’ dovunque citazioni del romanzo, vanta una originale manifestazione estiva che registra un boom di presenze, coniugando arte, poesia e impegno civile: il festival di “paesologia” ideato e condotto dallo scrittore Franco Arminio, lui stesso inventore di questa disciplina.

Dopo aver fatto tappa alla casa restaurata dove lo scrittore torinese abitò fino al 1936 (la stessa dove, nel film, egli ospita la sorella, viene accudito dalla contadina Giulia e dove dipinge gruppi di bambini tra divertiti schiamazzi) e al piccolo museo a lui dedicato, non rimane che visitare la sua tomba nel cimitero che sovrasta il paese. Davanti alla bianca lapide che riporta unicamente il nome “Carlo Levi” e le date 29.11.1902 – 4.1.1975, mi viene spontanea questa riflessione: se Cristo si è fermato a Eboli, non è stato certo assente ad Aliano, rappresentato sia dai poveri cristi di questo borgo che negli anni Trenta appariva dimenticato dalla civiltà, sia da quest’uomo del Nord che è stato capace di immedesimarsi in quel Sud così martoriato e di amarlo a fatti.

 

 

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