Il coraggio di pagare di persona

La Sea Watch è approdata a Lampedusa in nottata. Per la capitana, Carola Rackete, sono scattati gli arresti domiciliari. Una vicenda che, ancora una volta, pone pesanti interrogativi

Ne eravamo certi: la capitana della Sea Watch sarebbe andata fino in fondo nella sua scelta di salvare la vita (viste le condizioni oramai critiche di tanti), e forse prima ancora la dignità, delle 40 persone a bordo della nave battente bandiera olandese, insieme alla dignità di tanti italiani che ancora un sussulto di umanità dimostrano di averlo. E lo ha fatto ben sapendo che una volta fatta attraccare quell’imbarcazione, sul molo di Lampedusa non l’avrebbero aspettata solo gli applausi (che ci sono stati insieme ai fischi) di chi vanta una tradizione di accoglienza, ma i finanzieri, che l’hanno arrestata con l’accusa di “resistenza o violenza contro nave da guerra”, un reato che prevede una pena da tre a dieci anni, con la probabile contestazione anche del tentato naufragio riguardo alla manovra di attracco, sulla quale decideranno i magistrati. Ma tant’è, quando al proprio bene si antepone quello degli altri, spesso bisogna essere disposti a pagare di persona. E la capitana Carola Rackete in questo ha dimostrato di non avere dubbi.

Un momento dello sbarco dei 40 migrati a bordo della Sea Watch.
Un momento dello sbarco dei 40 migrati a bordo della Sea Watch.

Dunque all’1,50 è finita l’odissea che ci ha tenuti incollati per 17 giorni ancora una volta di fronte a una «inutile prova di forza», come è stata ben definita quella messa in atto dal nostro governo in un appello rivolto al presidente Conte da Azione Cattolica Italiana, Centro Astalli, Comunità Papa Giovanni XXIII, Focsiv, Masci, Meic e Movimento dei Focolari Italia.

Lo abbiamo già scritto in questi giorni, (http://www.cittanuova.it/sea-watch-ferma-lampedusa/) accompagnando la via crucis della Sea Watch: a Lampedusa, contrariamente alle notizie più ricorrenti, i migranti continuano ad arrivare e dunque, quella a cui abbiamo assistito, oltre che un’inutile prova di forza, è stata anche e soprattutto una messa in scena, nel tentativo di dimostrare, ancora una volta, una forza che in realtà non abbiamo e che non servirebbe avere.

Caro ministro Salvini, siamo coscienti che la gestione dell’immigrazione va corretta da tanti punti di vista, che non può essere gestita da nessun Paese in maniera isolata, che andrebbe elaborato un piano globale per permettere un futuro dignitoso a chi fugge da guerra e povertà. Però, ci pensi prima di ripetere la stessa recita all’arrivo della prossima nave di disperati. Non è così che si risolvono i problemi. E forse tutti noi, insieme a lei, dobbiamo recuperare il coraggio di pagare di persona!

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