Cop 24 in Polonia, cronaca in agrodolce

Si è dovuta prorogare la chiusura della Conferenza Internazionale delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici svoltasi a Katowice dal 3 al 14 dicembre per giungere alla definizione del documento conclusivo

Questo ritardo evidenzia la mancata percezione, da parte di alcuni stati, dell’emergenza che stanno vivendo un numero crescente di popoli sulla Terra. Probabilmente continua ad essere sottaciuto il ruolo dell’uomo e delle sue attività nel rafforzamento di alcuni processi naturali che regolano il clima, peraltro sempre più conclamato dai risultati delle ricerche degli scienziati. Ciò accade anche per gli interessi economici dei governi di quegli stati che attraverso la tecnologia credono di rendere sopportabile qualunque effetto, e che ritengono che gli scienziati siano contrari al progresso.

In questa guerra silenziosa sono i paesi più poveri che ci rimettono, a tal punto da non poter sopportare questi effetti, che li rendono alquanto vulnerabili. A tal proposito si ricordano gli effetti del sollevamento del livello del mare nelle isole del Pacifico (es. Kiribati), della desertificazione dei paesi dell’Africa sub-sahariana (es. Sudan) e degli eventi meteo anomali sempre più frequenti in tanti parti del mondo. Effetti percepiti solo ad una scala poco più che locale oppure quando le loro dimensioni si ingigantiscono si mascherano con altre considerazioni, che interferiscono con la nostra vita quotidiana, come le migrazioni di gente disperata.

Questo è l’amaro che rimane in bocca rispetto a questa nuova conferenza che segue quella sicuramente ben promettente di tre anni fa a Parigi: era la COP 21! Le successive conferenze non hanno certamente portato dei vantaggi, visto anche quello che è continuato a succedere, ad esempio, con il ritiro degli USA dall’accordo di Parigi oppure con il mancato contrasto all’inquinamento atmosferico in India e in Cina e potremo continuare ad indicare tante situazioni non vantaggiose.

Nel documento finale redatto a Katowice i paesi sottoscrittori si impegneranno ad attuare l’accordo di Parigi del 2015 senza eccessiva chiarezza e determinazione. Tuttavia, per chi come me, ha avuto modo di partecipare agli eventi collaterali che si svolgevano fuori dall’arena principale in cui erano ammessi quasi esclusivamente i rappresentanti delle politiche governative, c’era un gran fermento negli stand e nelle sessioni tematiche. Girando ci si appropriava della speranza, che emergeva nelle iniziative e nelle volontà di organizzazioni non governative, associazioni ambientaliste, agenzie per l’ambiente, di invertire il passo verso il non-ritorno del nostro pianeta.

Dall’impegno di individui o di piccoli gruppi capaci di risparmiare energia sin dall’età scolastica o di piantare alberi laddove il cemento e la tecnologia non hanno preso possesso del suolo, alla predisposizione di piani strategici proposti da agenzie ambientali nazionali e/o da gruppi industriali che vedono finalmente le risorse tradizionali cedere il passo a quelle rinnovabili, oppure iniziative che puntano ad una mobilità sostenibile nell’oggi e quindi non troppo futuribile.

In ognuna di queste azioni responsabili c’è la volontà di coinvolgere le comunità e persino la politica, che in molti paesi continua a non ascoltare quelle voci. C’è l’entusiasmo di chi presentava con orgoglio la propria esperienza di tutela del locale o di sviluppo delle proprie condizioni svolta tra mille difficoltà.

Tra i partecipanti agli eventi collaterali alla COP24, comunque, non mancavano anche le grandi imprese energetiche, anzi addirittura quella polacca che gestisce le miniere di carbone, era uno degli sponsor della manifestazione. Propagandavano che il loro impegno verso l’ambiente garantiva il benessere delle popolazioni, nascondendo che esse assicurano anche con l’utilizzo del petrolio e del carbone l’aumento dei gas serra che continuano ad aumentare le temperature del nostro pianeta.

Ancora una volta, in una Conferenza internazionale in cui si chiedeva un impegno corale, auspicato da chi soffre per gli effetti dei cambiamenti climatici e da chi si preoccupa per la vita delle future generazioni, non sembra esserci stato un progresso significativo in questa direzione. Tuttavia, come dice papa Francesco, speriamo «che le nostre lotte e la nostra preoccupazione per questo nostro pianeta non ci tolgano la gioia della speranza».

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