Congo, accordo tra governo e opposizione sul nuovo premier

Sottoscritto un patto per garantire una transizione pacifica del potere dopo i violenti scontri di dicembre. Determinante l’apporto della Chiesa cattolica alla soluzione della crisi

La Repubblica Democratica del Congo non ha mai vissuto una transizione pacifica del potere fin dall’indipendenza nel 1960. Il Paese è stato devastato da due guerre civili che hanno lasciato sul campo migliaia di morti, mentre nella parte orientale molteplici conflitti armati per accaparrarsi risorse minerarie o per l’indipendenza vanno avanti da oltre venti anni.

Per questo è da guardare con attenzione l’accordo sottoscritto lo scorso 31 dicembre dal presidente Joseph Kabila e dai rappresentanti delle opposizioni in cui si precisa che il presidente resterà in carica fino alla fine del 2017 fino all’elezione del successore che verrà scelto tra le fila dell’assemblea delle opposizioni.

I firmatari hanno inoltre convenuto che, durante il periodo di transizione, «non ci sarà alcun tentativo di rivedere la Costituzione adottata».

«Con questo accordo vince la gente, anche se non tutte le opposizioni sono d’accordo al 100 per 100 ma siamo magari all’80 per cento, penso che abbiamo gettato le basi per un passaggio pacifico del potere», ha dichiarato Tshisekedi, leader della delegazione delle opposizioni impegnato nei negoziati diretti e segretario generale dell’UDPS.

La guida di questo periodo di transizione è affidata quindi alle opposizioni che dirigeranno anche il comitato per monitorare l’attuazione del compromesso politico raggiunto il 31 dicembre.

Secondo il presidente della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO), l’arcivescovo Marcel Utembi,  in primo luogo questo nuovo organo avrà «funzione di comitato di sorveglianza e a marzo, quando il Parlamento adotterà una legge adeguata si stabilirà di organizzarlo come istituzione di sostegno per la democrazia».

Tuttavia, non tutto è risolto. Restano aperte alcune questioni che richiederanno un “accordo speciale” che sarà discusso già la prossima settimana ad esempio sul calendario di attuazione del processo di transizione e sulla composizione del governo di unità nazionale e dei governi provinciali.

Il Movimento di Liberazione del Congo (MLC) ha rifiutato di firmare l’accordo, definendolo «un accordo bipartisan tra maggioranza e il raduno delle opposizioni», perché secondo il segretario generale Eve Bazaiba i ruoli di primo ministro e di presidenza del Comitato nazionale di transizione sono stati già assegnati in anticipo.

«La maggioranza ha espresso le sue riserve», ha dichiarato il ministro dei media Lambert Mende, ritenendo che il rifiuto di firmare del MLC sia in realtà una direttiva dell’ex vicepresidente congolese Jean Pierre Bemba, detenuto all’Aia dalla Corte penale internazionale, che vuole «eliminare dall’accordo il carattere di inclusività».

I vescovi hanno promesso di seguire e trovare rapidamente una soluzione al caso dell’oppositore più noto di Kabila, Mosè Katumbi, presidente del Partito del popolo per la ricostruzione e la democrazia condannato a tre anni di prigione per furto di proprietà e reclutamento di mercenari, ma ufficialmente considerato all’estero per speciali cure mediche.

Pur con le sue fragilità, questo accordo arriva dopo lunghe trattative, intervallate da colpi di scena e rivolte: il 20 dicembre, l’ultimo giorno del mandato di Kabila, Kinshasa e molte altre città sono state teatro di scontri mortali tra polizia e giovani ostili alla sua permanenza al potere. Questi atti di violenza politica ed etnica hanno provocato, secondo le Nazioni Unite, almeno 40 morti.

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