Confessarsi in TV

CONFESSARSI IN TV LE CHIACCHIERE E LA VITA Sfruttando l’invincibile propensione alla pubblica confessione, i palinsesti televisivi sono pieni zeppi di gente che racconta senza pudore i “fatti della vita”, i propri travagli interiori, i drammi vissuti dentro le mura domestiche, le passioni e le delusioni più intime. Tolti i bugiardi ed i visionari, perché una persona nel pieno possesso delle sue facoltà mentali decide un giorno di andare in televisione a raccontare le sue disavventure, i suoi segreti, le sue angosce? Per lo stesso motivo che anima milioni di spettatori ad ascoltarli: la speranza che confidare in pubblico qualcosa che non si è mai avuto il coraggio di confessare alla moglie, al padre o al proprio migliore amico sia un rito catartico capace, chissà come, di risolvere i propri problemi. Dietro ci sarà pure un pizzico di vanità, un po’ di egocentrismo, un desiderio incontenibile di togliersi dei sassolini dalle scarpe: di sicuro c’è la speranza segreta che le cose possano cambiare dopo quella pubblica rivelazione, una speranza che ha trasformato la televisione nel più grande confessionale della storia del mondo. Il più riuscito di questi confessionali è, da anni, il Maurizio Costanzo Show, con il suo cocktail di varia umanità – esperti, attrici, gente comune, affabulatori e povera gente – che sfila ogni sera sul palco. A volte però, anche lì, inaspettatamente, può accadere che irrompa la vita, la solidarietà, la condivisione e taccia la lingua, il parlarsi addosso, l’incauto scippo dell’intimità, lo spericolato lancio senza paracadute nel privato di un essere umano. È accaduto qualche sera fa. “E lei, quando ha subito un abbandono importante?”, era l’intrigante tema che doveva indurre allo spogliarsi in pubblico dei propri sentimenti, a parlare della relazione troncata con l’amante o del fallimento di un matrimonio. Il microfono gira fra il pubblico ed il destino lo fa posare sulle labbra d’una giovane donna. “Da chi è stata abbandonata, signora? “. “Ho perso, una settimana fa, un figlio di un mese”. Sul Teatro Parioli cala un silenzio gelido. In quei minuti densi, l’insopportabile dolore di una madre frantumava e faceva arrossire di vergogna migliaia di coscienze in morbosa ricerca dell’altrui intimità. Alla psicologa, presente sul palco, tutti, in cuor loro, avevano delegato la risposta, ma non certo quella che lei ha dato, confessando d’aver perso anch’essa un figlio, di cinque anni, riconoscendo che quel dolore aveva unito ancor più la famiglia e reso tutti più attenti ai sentimenti degli altri. In quelle parole è risuonata la differenza fra il parlare del dolore ed il viverlo. Poi è ricominciato il talkshow, con i consigli per gli acquisti. OCCHIO AL SITO www.unjourdanslavie.org “Non importa lo stile, il soggetto o la città. Si tratta di creare una galleria di immagini eclettica “. Con queste parole Thomas Jung descrive il progetto, da lui ideato, di www.unjourdanslavie. org, “un giorno della vita”, il sito Internet tutto di fotografie, un album di scatti sulla vita quotidiana. Non importa se si è professionisti o semplici amatori della fotografia: è sufficiente saper descrivere per immagini quattro momenti salienti della giornata, per vedere messe in rete, all’ora corrispondente del giorno dopo, le foto scattate alle ore 8, 13, 16 e 22. Il sito, estremamente sobrio ed essenziale, non cade per nulla nel voyeurismo di bassa lega, tipo Il grande fratello, tanto per capirci, anche grazie alla ragionevole decisione di escludere, dalla messa in rete, immagini di erotismo o violenza. Le quattro immagini offerte dai numerosi visitatori sono piuttosto dei delicati ed espressivi quadretti artistici che riscattano la bellezza della semplicità del quotidiano e mettono in luce la capacità dell’operatore di saper cogliere momenti e prospettive di valore che, nel ritmo frenetico, spesso ci sfuggono.

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