«Combatto per tre milioni di persone»

Da anni impegnato contro il degrado ambientale nella Terra dei fuochi. Oggi anche lui si è ammalato di cancro, ma continua la sua battaglia. Intervista all’oncologo Antonio Marfella. L’intervista integrale su CN Extra
ANSA/CESARE ABBATE

Si può dimostrare un rapporto di causa̵ effetto tra una maggiore incidenza di tumori e degrado ambientale?

Si può fare ma è complicato e dispendioso. Faccio un esempio. Ho da poco consegnato la relazione che consegnerò alla vedova del vigile Liguori che è stato un eroe del lavoro ma non gli hanno riconosciuto il nesso di causalità del danno per cui è morto. Michele Liguori, vigile urbano di Acerra, è morto per fare il suo dovere perché nel combattere la camorra della immondizia si è preso un tumore al fegato. Se non si cerca un nesso, non si trova. Vuol dire cercare una causa specifica di una “lapidazione ambientale” in cui nessuno vuole prendersi la responsabilità. Chi ha tirato il sasso mortale è difficile da individuare. Il problema è che se devi andare a capire chi e come ha ucciso, è necessario uno sforzo di indagine enorme che nessuno vuole fare, né le vittime perché non hanno le risorse, né i colpevoli. Si può fare e si deve fare come nei casi esemplari di Michele Liguori che è stato esposto ad una serie di sostanze tossiche. Tra queste abbiamo scelto di analizzare i policlorurati bifenili, i cosiddetti Pcb, riversati dai camorristi nelle campagne di Acerra provenienti dalla ditta Caffaro di Brescia. Ho messo insieme i dati che esistono ad Acerra. I dati delle matrici terreno, i dati delle matrici acqua che attestano che non c’erano solo in quei territori i Pcb, ma anche dei Pcb specifici per il cancro al fegato, i Pcb 118 e 126 prodotti dalla ditta Caffaro che stanno ammazzando anche i cittadini di Brescia dove hanno sversato illegalmente per anni. Quegli stessi Pcb specifici li abbiamo trovati nel territorio di Acerra e nel sangue di Michele Liguori. Sono sostanze cancerogene per il fegato. Non è importante né la concentrazione, né la quantità, ma, come con le impronte digitali, basta dimostrare che il profilo è unico. Così, per me, il caso Liguori è chiuso. Il nesso è provato. C’è una evidente prova e una correlazione di eziologia genetica diretta tra tumore al fegato, virus epatiti negativi e la morte di un lavoratore. È un caso classico, ma non possiamo fare tutto questo per ogni abitante, per tutti i 3 milioni di abitanti della Terra dei fuochi.

Anche lei si è ammalato?

Anch’io mi sono ammalato di tumore e ho trovato la diossina che me lo ha procurato attraverso una sindrome dismetabolica. Ho un anticipo di patologie di almeno 10 anni. Il diabete che a mia mamma è venuto a 60 anni, a me è venuto a 50. Il cancro della prostata mi è venuto a 60 anni mentre doveva arrivare a 70. È legato alla presenza di tossici ambientali. Lo posso dire con certezza perché mi sono fatto analisi tossicologiche costose, mirate, che non possono essere alla portata di tutti. Ma il problema non è questo, né il fatto che abbia scelto di farmi operare a Milano. Il problema è che non esiste Sanità, né campana, né lombarda, che possa reggere tutti questi malati di cancro. Come disse il professor Umberto Veronesi: «50 anni fa si ammalava di tumore un italiano su 30, oggi si ammala uno su tre e in futuro si ammalerà uno su due». È una sanità che non funziona perché pensa a curare e non a prevenire. Se non curiamo l’ambiente, siamo condannati ad ammalarci e non tutti potranno pagarsi le spese ma solo chi sarà in grado. Il nostro tentativo disperato, come Medici per l’ambiente, è di sollevare l’attenzione perché attraverso di noi si possa prendere coscienza del problema della Terra dei fuochi e si governi. Sto combattendo per tre milioni di persone, per chi verrà dopo di noi, non per me, anche se sono anch’io ammalato. Se andiamo avanti così, io ce la farò ancora, guarirò, ma altri non ce la faranno.

 

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