Il codice antimafia è legge

Importante approvazione da parte del Parlamento prima della chiusura della legislatura, anche se montano le polemiche sull’equiparazione mafiosi-corrotti definita nuovo testo

La Camera ha approvato il ddl di modifica al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, 259 i voti a favore, 107 i contrari.

Il provvedimento mira a rendere più celeri le misure di prevenzione patrimoniale, rende più trasparente la scelta degli amministratori giudiziari, ridisegna l’Agenzia per i beni sequestrati e include corrotti, stalker e terroristi tra i possibili destinatari dei provvedimenti. In sostanza chi commette reati contro la Pubblica Amministrazione come peculato, corruzione e concussione è perseguibile con le armi dell’Antimafia. Ma proprio su quest’ultimo punto, che è stato molto contestato, è passato anche un ordine del giorno che impegna il governo a rivedere l’equiparazione mafioso-corrotto.

Per la presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi la nuova legge «È un regalo al Paese», mentre il ministro della Giustizia, Andrea Orlando parla di una svolta che rafforza gli strumenti di contrasto alla mafia e fornisce più trasparenza. «Da oggi ci sono più strumenti per combattere la mafia, più trasparenza nella gestione dei beni confiscati, più garanzie per chi è sottoposto a misure di prevenzione. Una buona notizia per la lotta alla criminalità organizzata e per lo Stato di diritto», ha scritto il ministro su Facebook.

Ampia soddisfazione viene espressa anche dai sindacati e dalle associazioni, che vedono nell’approvazione della riforma, «un atto di responsabilità politica importante, un deciso passo migliorativo nell’azione di prevenzione e di contrasto alle mafie e alla corruzione. Fenomeni che minacciano da troppo tempo la nostra democrazia, la nostra sicurezza e che sottraggono ingenti risorse alla collettività, impedendo uno sviluppo economico e sociale, sano e diffuso, in tutto il nostro Paese».

Dure critiche al provvedimento sono state espresse, invece, dagli esponenti delle opposizioni. Nettamente contraria Forza Italia che, per bocca di Renato Brunetta, parla di “abominio”. «Con la pessima riforma del codice antimafia siamo al ‘panpenalismo’, afferma Brunetta. «Non c’è alcuna distinzione, si porta tutto sul piano penale, senza selezionare le singole tipologie di reato. A nostro avviso quest’estensione del penale a reati che nulla hanno a che fare con la criminalità mafiosa o con quella economica è inaccettabile».

Il Movimento Cinque Stelle parla, invece, di occasione mancata e di compromesso al ribasso.

Al di là delle motivazioni espresse dalle varie forze politiche, di fatto la Camera ha approvato il nuovo Codice Antimafia non tenendo in debito conto degli allarmi lanciati da noti giuristi, primi fra  tutti  Raffaele Cantone, Presidente dell’ANAC (Autorità Nazionale Anti Corruzione) e Carlo Nordio,  l’ex procuratore aggiunto di Venezia.

Cantone da tempo aveva espresso «perplessità  relativamente all’estensione della normativa antimafia alla corruzione perché si tratta di due istituti diversi. Si rischia di snaturare un sistema di prevenzione che ha il suo carattere eccezionale legato alle mafie. Credo – ha aggiunto Cantone – sia poco opportuno inserirlo con riferimento alla corruzione, e si rischia di avere effetti tutt’altro che positivi. Poi ovviamente è il Parlamento a fare le valutazioni». Cantone aveva, inoltre, posto l’attenzione sulla ricaduta negativa della corruzione sugli investimenti internazionali: «La corruzione limita gli investimenti ovunque. Nei panel degli investitori internazionali rientrano ad esempio il livello di corruzione. Quando c’è un Paese considerato ad alto tasso di corruzione gli investitori ne tengono presente, così come tengono presente gli aspetti di una burocrazia non particolarmente attiva ed efficiente. Si limita la concorrenza economica».

Le valutazioni di Nordio sono state ancor più dure, visto che per l’ex procuratore aggiunto di Venezia il nuovo Codice antimafia è «un mostro d’inciviltà giuridica». Ne ha criticato «l’oltraggio alla presunzione di innocenza che può essere giustificato soltanto da situazioni eccezionali: come, per l’appunto, l’aggressività economica dell’intimidazione mafiosa violenta e assassina». Per Nordio, «estenderlo ad altre ipotesi, per quanto gravi, significa violare la Costituzione e renderne difficile la definizione applicativa».

A questo punto, vista l’approvazione del provvedimento, non ci resta che attendere e verificarne la validità sul piano della sua applicazione concreta.

 

 

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