Cittadini d’Europa cittadini del mondo

Lasciateci sognare. Così coi loro volti oltre che con le loro parole sembrano dire le migliaia di giovani presenti nel grande palazzetto dello sport di Stoccarda. Agnes, Mirko, Juan Pablo, Magdalena, Valerio, Matthias, Karolina, Lukas… Da tutti gli stati europei ci sono anche loro. Diciotteni, ventenni e trentenni, ma anche ragazzi che il prossimo 13 giugno non avranno ancora raggiunto l’età del voto. Sono nati nell’epoca dei grandi meeting e cresciuti nell’era della globalizzazione; tanti hanno già viaggiato per l’Europa, hanno studiato all’estero, contano amici internazionali. Eppure a Stoccarda qualcosa di nuovo è successo anche per loro. È stato interessante avere l’opportunità di conoscere i giovani degli altri movimenti – mi dice Joana Figueredo dal Portogallo -, e quindi scoprire il contributo che ogni movimento può dare per costruire quest’Europa unita. Sì è stato davvero stimolante – incalza Cristina Buonaugurio dall’Italia – vedere i passi in avanti che si stanno facendo per mettere insieme i movimenti di varie chiese cristiane. È proprio il tentativo di andare incontro a ciascuno, di superare le difficoltà che ci possono essere e che in effetti ci sono. Appunti alla mano, Marta Tornillo di Roma mi elenca alcuni degli argomenti toccati durante uno dei molti forum del convegno del 6 e del 7 maggio. Innanzitutto creare una cultura dell’Europa, perché nei giovani forse manca più che negli adulti. È importante incarnare la propria identità culturale, del proprio popolo, della propria religione o confessione cristiana; poi però andare incontro all’altro, guardare indietro nella propria storia e guardare anche avanti. Creare una rete di rapporti che ci aiuti a vivere come fosse propria l’esperienza dell’altro in un paese diverso dal nostro, come è successo in occasione degli attentati in Spagna. Scardinare – continua Marta – le visioni stereotipate che abbiamo degli altri paesi. Non vedere l’Europa fine a sé stessa, ma sempre aperta al sud del mondo e alle altre culture dando dignità agli altri popoli. E ammette: È molto evidente, quando ci si incontra, che le differenze ci sono e che creano talvolta disagio. Anche se personalmente sono abituata a stare in contatto con giovani di altri paesi e culture, mi sono resa conto che per costruire questo tipo di rapporti bisogna mettersi alla prova. Vedo che in genere ci sono tante aperture – dice Stephan Bert della Germania -, ma anche delle barriere, soprattutto mentali. Qui tra i giovani ho trovato un’apertura più grande e un’amicizia profonda. Penso soprattutto che non dobbiamo nasconderci: abbiamo tanto da dare tra le nostre comunità e anche dentro le nostre stesse comunità e possiamo imparare molto dagli altri. Succederà qualcosa dopo Stoccarda? lo ho molta speranza che qualcosa succederà, perché questa giornata arriverà ovunque. Tante persone della società civile ed ecclesiale, del mondo politico sono presenti o sono collegate; quindi questo bisogno di una Europa dello spirito può finalmente diventare una realtà, mi confida Hugh Green dell’Irlanda. Mi piace pensare al ruolo dell’Europa come continente portatore di pace nel mondo – dice Corrada Bonelli, italiana -. Possiamo farlo nella misura in cui noi cristiani siamo seguaci di colui che è stato mite e umile di cuore. Una generazione multiculturale, si diceva. Ma cosa ne sanno questi giovani del dialogo? Così racconta Dominic Koll dell’Austria: Per esperienza personale posso testimoniare che proprio da incontri con cittadini non austriaci ho capito per la prima volta quali siano le peculiarità della mia nazione. Così come da un incontro dedicato al dialogo coi musulmani ho colto aspetti della mia religione a cui non avevo prestato la dovuta attenzione. Allo stesso tempo certi aspetti dell’islam mi sembrano ora degni di rispetto e considerazione. Ana Domitrovic è croata: Da poco siamo indipendenti e liberi – afferma -. La gioia che sta provando un intero popolo sembra doversi di nuovo spegnere per il timore di perdersi in un miscuglio di popoli. Anche io lo temevo fino a quando non ho conosciuto dei giovani che, pur appartenendo a nazioni, culture e religioni diverse, condividevano l’idea che si può essere uniti anche se diversi . Silvia e Gabriella, durante un viaggio in Messico, si sono imbattute in un conducente d’autobus che non sapeva nulla dell’Italia né dell’Europa. In quella occasione ci siamo rese conto dell’eurocentrismo che guida i nostri pensieri e le nostre parole – dicono -. L’essere parte del vecchio continente non ci autorizza a dare per scontato la centralità della nostra cultura. Questa piccola esperienza ci ha aiutato a ridimensionarci e a pensare all’Europa in maniera relazionale, poiché prima di tutto è parte del resto del mondo L’Europa può essere felice perché ci siamo, è stato detto in sala. Fra i firmatari di questo impegno si contano sicuramente anche loro, i giovani, cittadini d’Europa e cittadini del mondo.

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