Ci chiamava amici

Ci chiamava amici. Pronunciato da lui, questo termine aveva un suono particolare, una forza creativa che era in grado di far convenire tutti i partecipanti degli incontri cui partecipava. Quando Helmut Nicklas si serviva di questa parola, appariva evidente quanto egli stesso fosse preso dalla dimensione di tale amicizia, mai patetica e in ogni caso non forzata. Per tutta la sua vita quest’amicizia con Dio e con gli uomini fu la sua passione, che apriva ad una profondità e ad un’ampiezza prima sconosciute; in effetti sapeva raccogliere e legare i vari linguaggi, le diverse culture ed esperienze di fede nella direzione di un comune centro, cioè l’amicizia col Cristo Risorto in mezzo ai suoi. Gesù che chiama le persone non più servi ma amici, che non azzera le diverse personalità ma che le libera in una relazione di reciprocità. Ascoltando Helmut chiamarci con questo termine usato da Gesù, facendolo riecheggiare in maniera rinnovata, ci siamo ritrovati chiamati di nuovo all’amicizia. Ed è stata proprio questa parola a trasformare i luoghi dei nostri incontri tra movimenti: da Ottmaring in Baviera alla Roma trasteverina, da Castelgandolfo a Stoccarda o a Monaco. Ognuno capiva questa parola amicizia nella sua propria cultura, nel linguaggio specifico del proprio carisma. In questo senso Helmut Nicklas era un pensatore e organizzatore in più lingue, uno che amava la complessità delle reti sempre più fitte, aprendo però nello stesso tempo – con grande intelligenza creativa – degli spazi nuovi per il regno di Dio, caratterizzato da strutture sempre pluriformi. Alcuni perciò lo chiamavano un cibernetico dell’unità. Tra le ondate di immagini che i media riversano su di noi, ve n’è una che per Helmut era diventata significativa: ai Giochi olimpici in- vernali di Albertville, nel 1992, la biatleta tedesca Antje Misersky aveva appena vinto la medaglia d’oro dei 15 chilometri. Finita la corsa, le si era avvicinato il padre-allenatore, Henrich Misersky, in quel periodo oggetto di innumerevoli polemiche a causa delle presunte pratiche di doping nella ex-Ddr. Abbracciata al padre, la figlia – a voce bassa, ma ripresa comunque dai microfoni – gli aveva sussurrato: Solo per te. R a cc o n t a n d o c i questa scena rimasta impressa nella sua memoria, Helmut Nicklas si commoveva profondamente, riuscendo a trattenere a stento le lacrime. Nell’atteggiamento dell’atleta, infatti, nella sua riconoscenza per il padre, Helmut coglieva il destino più profondo dell’uomo: il rapporto, la fedeltà, il riconoscimento della creatura di fronte al Creatore. Più ancora, vi vedeva la donazione della creatura a lui, una vita dovuta al Padre, creatura che nel momento della vittoria esprime la sua gratitudine in modo intimo ma pubblico. Nei preparativi per la seconda giornata europea dei movimenti a Stoccarda – Insieme per l’Europa – (vedi Città nuova n° 11/2007), Helmut parlava spesso del nipotino Max col quale, giocando e parlando, aveva intessuto un dialogo fiducioso. Gli raccontava quel che lo spingeva interiormente, cercando negli occhi di Max, privo di dubbi e scetticismi, una conferma al suo sentire. Un giorno perciò chiesi al nonno in che modo il nipotino reagiva. Max mi ha guardato con un bellissimo sorriso, mi ha risposto. Capii che Helmut in quel sorriso aveva trovato la più profonda risposta e conferma per tutto ciò che in quel momento gli stava a cuore a riguardo dell’Europa. Raramente avevo visto Helmut così felice. Ad Helmut faceva impressione un concetto sviluppato nel Movimento dei focolari, la cosiddetta cultura del dare. Un giorno, al termine di un incontro difficile con altri responsabili di comunità, disse: Ogni vera cultura del dare deve essere dotata anche della capacità di ricevere. Si fermò, poi riprese: Auguro a tutti i movimenti e a tutte le comunità di aprire gli occhi nel valutare l’effetto del proprio carisma sugli altri: devono cioè imparare ad accogliere, ad essere non solo donatori ma anche ricevitori. Così saranno in grado di cogliere il proprio messaggio in maniera nuova, approfondita dal contatto con gli altri carismi. Solo così possiamo testimoniare il nostro insieme. Un’altra parola chiave era per lui il sì incondizionato degli uni verso gli altri. In un momento assai complesso della preparazione di Stoccarda 2007, disse ancora: Ad una persona nella quale si può cogliere il lavoro di Dio, dirò sempre il mio sì, ovunque tale sì mi dovesse portare. In questo atteggiamento per lui stava il segreto della comunione tra i diversi carismi e i suoi rappresentanti: lasciarsi guidare dallo Spirito Santo anche in direzioni all’apparenza anguste e sconosciute, ma da cui si apre una nuova ampiezza di vedute. Con Chiara Lubich e con altri Helmut Nicklas si è comportato in questo modo. Il suo sì è diventato un esempio e ha contribuito a creare quello spirito senza il quale il processo comune tra i movimenti in vista di Insieme per l’Europa non sarebbe mai stato possibile. Ho perso un amico paterno che mi ha mostrato la sua benevolenza facendomi capire in modo concreto, tenero ma a volte anche misterioso o ironico, che aveva colto la mia presenza. Negli ultimi anni della nostra collaborazione vi sono stati dei momenti di grande vicinanza tra di noi, ma anche momenti di sempre amichevole distanza e riservatezza. Helmut, in effetti, non si lasciava catturare da niente e da nessuno. Nel suo essere c’era contemporaneamente una specie di nobiltà e una vera semplicità infantile: la coscienza, cioè, di essere figlio di Dio, figlio del Padre e perciò fratello di tutti. Ci chiamava amici, incoraggiandoci a un’amicizia più profonda con Dio e tra noi. Finché ci sentiremo obbligati a questa amicizia, Helmut non sarà dimenticato. UOMO VERAMENTE CARISMATICO Così Chiara Lubich ha definito Helmut Nicklas, morto il 12 agosto scorso. Per lei era davvero una persona carismatica per la capacità di ascoltare la voce di Dio e seguirlo con radicalità. Helmut Nicklas è stato uno dei protagonisti del processo di amicizia tra movimenti e comunità di diverse Chiese iniziato nel 1999. Nato nel 1939, Nicklas era sposato con due figli. Dal 1964 era stato direttore esecutivo e poi segretario generale dell’Ymca (associazione giovanile di tipo cristiano-ecumenico) di Monaco di Baviera. Dal 1982 fino al 1998 era stato vicepresidente della Ymca World-Urban Network, una federazione di più di 2 mila gruppi. Nelle diverse tappe del cammino comune tra movimenti cristiani eu- ropei, Nicklas ha sempre avuto un ruolo decisivo. È stato lui a invitare l’8 dicembre 2001 a Monaco i più di 800 responsabili di questi movimenti a stringere un patto di amore reciproco. E a Stoccarda, l’8 maggio 2004, ha poi invitato i 10 mila partecipanti alla prima giornata europea dei movimenti a ripetere tale patto. In un’intervista ad un’agenzia di stampa cattolica, al luterano Nicklas fu chiesto che cosa poteva mai legare delle comunità evangeliche e cattoliche. La sua risposta fu semplice: La profonda e ferma convinzione che gli uomini di oggi hanno bisogno di Gesù Cristo.

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