Choròs, il luogo dove si danza

Al Piccolo teatro studio Melato di Milano il progetto coreografico di Alessio Maria Romano, e tanti altri spettacoli da non perdere da Palermo a Bologna, a Roma.
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Choròs, il luogo dove si danza
Artista dalla solida formazione, docente presso la Scuola dello Stabile di Torino e del Piccolo Teatro di Milano, Alessio Maria Romano firma un progetto coreografico corale con sedici attori/danzatori. Una creazione collettiva in cui donne e uomini camminano, scelgono un posto e poi un altro. S’incontrano e si scontrano. Diventano un corpo unico, una massa, un insieme d’individualità, una collettività, uno stormo, un branco. Un lavoro in cui si susseguono frammenti d’immagini, atmosfere, schegge di un vivere collettivo. Concepita inizialmente per il corso “Luchino Visconti” della scuola “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano, Choròs è cresciuta e si è fatta occasione di ricerca ed esperienza professionale all’interno della compagnia A.M.R. teatrodanza. La suggestione di partenza è stata lavorare sul significato dei cori della tragedia greca, indagandone il valore attraverso un linguaggio di solo “movimento”.
“Choròs, il luogo dove si danza”, progetto coreografico Alessio Maria Romano di e con Alessandro Bandini, Alfonso De Vreese, Caterina Filograno, Leda Kreider, Marta Malvestiti, Cristina Nurisso, Benedetto Patruno, Matteo Principi, Filippo Porro, Marco Risiglione, Elena  Rivoltini, Walter Rizzuto, Livia Rossi, Martina Sammarco, Annapaola Trevenzuoli, Isacco Venturini, progetto coreografico Alessio Maria Romano, luci Matteo Crespi, Costumi Silvia Dezulian, progetto musicale Riccardo Di Gianni, assistenti alla creazione Filippo Porro e Isacco Venturini. Produttori esecutivi Zerogrammi, casa LUFT. A Milano, Piccolo Teatro Studio Melato, il 7 e 8/4.

Aspettando Godot a Palermo
L’estenuante e assurda attesa di Vladimiro ed Estragone, che è diventata l’emblema della condizione dell’uomo contemporaneo, minuscolo e insignificante organismo nella vastità di un cosmo ostile e incomprensibile, rivive nel metafisico spazio vuoto abitato da un albero spoglio, metafora di un mondo post-apocalittico e tuttavia inquietantemente familiare. «Sento la responsabilità, il peso e l’emozione di mettere in scena per la prima volta un testo di Beckett – spiega il regista Scaparro –. Quelle creature deboli e immortali come Estragone e Vladimiro (e come Pozzo e Lucky) vivono in una terra desolata aspettando Godot, che non arriverà mai, vivono in un lontano e vicino ’900, nel ricordo romantico di una Tour Eiffel che resiste come immagine e nell’aridità di un presente che esclude loro e tutti quelli che vorrebbero cantare, ballare, parlare, vivere».
“Aspettando Godot”, di Samuel Beckett, regia Maurizio Scaparro, con Antonio Salines, Luciano Virgilio, Edoardo Siravo, Fabrizio Bordignon e Gabriele Cicirello, scene Francesco Bottai, costumi Lorenzo Cutùli, luci di Salvo Manganaro. A Palermo, Teatro Biondo, dal 6 al 15/4.

Doppio Edipo: Re e a Colono
A distanza di vent’anni la compagnia Glauco Mauri Roberto Sturno ritorna a mettere in scena i due capolavori di Sofocle, per analizzare più compiutamente il mito immortale di Edipo, affidando la regia a due diversi registi, Glauco Mauri e Andrea Baracco, e due ambientazioni scenografiche diverse. “Edipo Re e Edipo a Colono – spiegano i due registi – sono due capolavori fondamentali nella storia dell’uomo, per gli interrogativi che pongono alla mente e per la ricchezza di umanità e di poesia che ci donano. La storia di Edipo è la storia dell’uomo, perché racchiude in sé tutta la storia del suo vivere. È nell’accostamento di questi due grandi testi, scritti in epoche diverse della vita di Sofocle, che poeticamente si esprime e compiutamente si racconta la “favola” di Edipo alla ricerca della verità. Alla fine del suo lungo cammino egli comprende sé stesso, la luce e le tenebre che sono dentro di lui, ma afferma anche il diritto alla libera responsabilità del suo agire. Edipo è pronto ad accettare tutto quello che deve accadere ed è pronto a essere distrutto purché sia fatta luce. Solo nell’interrogarci comincia la dignità di essere uomini”.
“Edipo Re”, regia Andrea Baracco, e “Edipo a Colono” regia Glauco Mauri, traduzione di Dario Del Corno, con Glauco Mauri, Roberto Sturno, Mauro Conte, Laura Garofoli, Barbara Giordano, Mauro Mandolini, Laurence Mazzoni, Woody Neri, Paolo Benvenuto Vezzoso scene e costumi Marta Crisolini Malatesta, le musiche Germano Mazzocchetti e elementi sonori Giacomo Vezzani. Coproduzione Compagnia Mauri Sturno con Fondazione Teatro della Toscana. A Bologna, Teatro Duse, dal 6 all’8/4.

The year of cancer di Hugo Claus
Scritto nel 1972 e subito diventato un bestseller, è la storia di un amore impossibile. È uno dei libri preferiti del regista Luk Perceval: “Un racconto spietato sulla precarietà dell’amore, destinato, dopo il primo incanto, a trasformarsi rapidamente in disillusione insopportabile”. La rappresentazione è una sequenza di scene tragicomiche e stranianti che hanno per protagonisti due amanti, incapaci di vivere insieme, ma incapaci anche di separarsi, colti in una spirale di intimità e distacco, orgoglio e dedizione, vita e morte.
“The year of cancer” di Hugo Claus, regia Luk Perceval, con Maria Kraakman, Gijs Scholten van Aschat, adattamento teatrale Peter van Kraaij, Luk Perceval, drammaturgia Peter van Kraaij, scene Katrin Brack, luci Mark Van Denesse, musica Jeroen van Veen, costumi Annelies Vanlaere, coreografie Ted Stoffer, produzione Toneelgroep Amsterdam, con il supporto di Mies e Jaap Kamp / van Meeuwen Kan fonds. A Milano, Piccolo Teatro Strehler, dal 5 all’8/4.

Il sogno di un uomo ridicolo
L’attore e regista Gabriele Lavia torna a confrontarsi con questo teso ripreso in più momenti della sua carriera. Il protagonista rappresenta un mondo che si è condannato alla sofferenza, auto-recluso, serrato e costretto in una metaforica camicia di forza, condizione e impedimento di ogni buona azione. Un momento di riflessione profonda e appassionata, in una dimensione sospesa tra fiaba nera e ricognizione psichica. Scritto intorno al 1876 e inizialmente inserito nel Diario di uno scrittore, Dostoevskij lo concepisce come un racconto fantastico. Si tratta della storia di un uomo, abbandonato da tutti, che ripercorre in un viaggio onirico la sua vita e le ragioni per cui si è sempre sentito estraneo alla società.
“Il sogno di un uomo ridicolo”,
 di Fëdor Dostoevskij
, regia Gabriele Lavia. A Roma, Teatro Vascello, il 7 e 8/4.

Carmen vs Josè
Questo lavoro coreografico intenso e appassionato prende spunto dal carismatico personaggio di Carmen, per puntare il dito sulla contemporaneità e sui continui ed efferati casi di violenza sulle donne. Barone, con la regia di Giacomo Molinari, però rovescia la prospettiva degli allestimenti consueti di “Carmen”: ad essere protagonista infatti è Don Josè, recluso dopo l’omicidio dell’ammaliante sigaraia. Il coreografo punta il dito sull’assassino, sulla vergogna, il pentimento, il dolore di un atto compiuto e irreparabile, la solitudine di un uomo che ripercorre, in un lungo feedback, il film del suo amore con Carmen proiettato sul fondale girato e montato dal videomaker Massimiliano Melato. Il ricordo e l’immagine di Carmen prendono corpo in un lungo incubo che ripercorrerà la vicenda dal primo incontro alla passione d’amore, fino al tragico epilogo.
“Carmen vs Josè”, coreografia Antonio Barone, regia Giacomo Molinari, video maker Massimiliano Melato, musica George Bizet e A.A.V.V, Compagnia Nazionale del Balletto con la partecipazione di Sara Loro e Marco Marangio del Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma. A Roma, Teatro Cassia, l’8/4.

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