Caro Giordani…

Il 21 dicembre 1950 Igino Giordani pronunziò a Montecitorio un discorso memorabile. È di Gino Lubich, il fratello di Chiara che allora aderiva al comunismo, questa commossa testimonianza, scritta di getto all'amico deputato democristiano.
Gino Lubich

«Caro, carissimo Giordani, ho appena letto il riassunto del tuo magnifico discorso nelle pagine de L’Unità.

«Scusami se prendo questo foglio di carta dozzinale – è il primo che mi capita sottomano – per scriverti subito tutta la mia gioia, la mia commozione, la mia gratitudine. Sicuro: la mia gratitudine di Uomo, di italiano, di amico, per te che – non della mia parte – ti sei alzato coraggiosamente in piedi, in quell’aula di Montecitorio da troppi anni funestata di odio, per dire solo parole di saggezza, di comprensione, di fratellanza, parole d’amore per tutti, per la salvezza del nostro Paese, per la salvezza di tutti i Paesi dalla catastrofe di una terza guerra mondiale.

«Avevo seguito con ansia il tuo colloquio con il compagno Ulisse. Con ansia, perché mi sembrava un sogno troppo bello per poter durare. Era troppo tempo che ci si rispondeva solo ad insulti o a sghignazzate, perché io potessi riabituarmi alla possibilità di uno scambio d’idee, che pur credevo assolutamente necessario per salvare tutti dal baratro dell’odio e della pazzia.

«Il colloquio filò, i punti d’attrito vennero lasciati da parte, con tutta la buona volontà e con la massima onestà d’intenti, da te e da Ulisse. Fu possibile cosi intravvedere – finalmente! – quei punti sui quali si può, anzi si deve, essere d’accordo.

«Oggi tu hai parlato alla Camera. Ho letto – te lo confesso, ma non dirlo a nessuno, con le lacrime agli occhi e un groppo alla gola grosso così – che per la prima volta tutta l’assemblea ha applaudito.

«Ha applaudito te, Giordani caro, tutta l’assemblea perché hai detto parole buone e giuste e sante, parole che hanno rotto l’atmosfera dell’odio, della diffidenza preconcetta e assurda, della rivalità. Parole? Non solo parole. Col tuo gesto coraggioso hai spazzato dalla torre la babele delle lingue e tutti t’hanno compreso e a tutti hai indicato che una strada c’è ancora per salvare il Paese dalla catastrofe: si riprenda il dialogo all’interno, ci si parli vicendevolmente con onestà d’intenti, non si cerchi nelle parole dell’avversario quello che “potrebbero nascondere”, non si facciano più processi alle intenzioni. L’Italia assuma in Europa il ruolo nobilissimo di mediatrice di pace.

«Grazie, Giordani, grazie a nome di milioni di uomini semplici come chi ti scrive, decisi a lottare con tutte le loro forze perché una nuova catastrofe non si abbatta più sul nostro popolo, sulle nostre case, sulle nostre famiglie. Possa la storia d’Italia segnare questa data fra le determinanti di questo dopoguerra. Possa da oggi sorgere un nuovo giorno in cui sia possibile ancora, fra tutti, fra tutti, guardarci negli occhi e chiamarci fratelli nella grande battaglia comune per la difesa della pace.

«T’abbraccio e ti bacio».

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