Card. Paul Poupard

A un anno dalla sua elezione possiamo dire che Benedetto XVI ci ha rivelato il vero Joseph Ratzinger? Eminenza, lei che lo conosce da tanti anni, può raccontarci qualcosa di questo papa? Abbiamo tutti impresso nella memoria il primo abbraccio che il Santo Padre ha inviato in mondovisione subito dopo l’annuncio solenne Habemus papam. Le braccia spalancate ad accogliere e le mani protese verso ciascuno, nessuno escluso. Risuonano le parole dell’apostolo Paolo ai Filippesi: La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini (Fil 4,5). Non ho espressione più bella per raccontarvi qualcosa del nostro papa: la sua soave affabilità. Già ben nota a chi gli era vicino da cardinale, come me da più di 25 anni uniti insieme nel servizio di papa Giovanni Paolo II, ora è sotto gli occhi e nel cuore di tutti. Ricordiamo le parole stesse di Benedetto XVI, durante l’omelia nella messa d’inizio del suo ministero petrino, il 24 aprile 2005, in piazza San Pietro: Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da lui, cosicché sia egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia. Il cristianesimo della gioia e non quello dei divieti, l’amicizia con Gesù, l’amore di Dio che supera la consapevolezza del male, l’intelligenza della fede, l’invito rivolto ai non credenti a vivere come se Dio ci fosse, ricorrono spesso negli interventi di papa Ratzinger. Perché Benedetto XVI insiste su questi argomenti? Papa Benedetto ama le persone nel quotidiano dell’esistenza, fa proprie le tristezze e le angosce, le gioie e le speranze di noi tutti, porta nel suo cuore l’impegno chiaro e profondo del Concilio Vaticano II, espresso nella Gaudium et spes in particolare: Si può pensare legittimamente che il futuro dell’umanità sia riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza (n. 31). Una missione rivolta a tutti, per rispondere, con dolcezza e rispetto, a chiunque domandi ragione della speranza che è in noi (cf. 1 Pt. 3, 15). Nella medesima celebrazione eucaristica di inizio pontificato, il Santo Padre ha voluto manifestare questo progetto, pastorale e culturale insieme, rivolgendosi in particolare ai giovani: Chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla – assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No! solo in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera. Grande statura intellettuale e stile colloquiale, Qual è, secondo lei, il segreto della comunicazione di questo papa? Il segreto è quello di Paolo VI: L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni (Evangelii nuntiandi, n. 41). Non è, dunque, un segreto: Benedetto XVI è maestro a partire dal suo proprio essere testimone. I bambini: chi non ricorda il suo incontro con i bambini della prima comunione il 15 ottobre scorso? I giovani: chi non li ricorda entusiasti nella Giornata mondiale della gioventù a Colonia come in tutte le precedenti vissute con il servo di Dio Giovanni Paolo II? Davvero tutti: gli adulti, le famiglie, gli anziani, i malati, il professore e lo studente, la persona di cultura e il semplice, il credente e il non credente trovano in lui la profondità del pensiero e la chiarezza nel comunicare i contenuti e lo ascoltano. Ognuno ha la gioia di capire, perché sentono parlare un Padre che li conosce e li ama. Come ha fatto con i sacerdoti: parla a braccio, in modo molto personale e senza testi preparati. E questo colpisce molto. Ricordo che ha fatto così durante il Sinodo dei vescovi sull’Eucaristia, lo scorso ottobre, ed è intervenuto come un padre Sinodale. Sono rimasti tutti colpiti, i vescovi e i fratelli separati, ortodossi, luterani e tutti i delegati fraterni presenti. La parola di Benedetto XVI non è mai generica, e, soprattutto, porta in sé la disponibilità all’ascolto, come è successo il 6 aprile scorso, in piazza San Pietro con i giovani nella XXI Giornata mondiale della gioventù. Ha dialogato con loro, ha risposto con chiarezza e spontaneità alle domande, ha aperto il suo cuore ai giovani e i giovani gli hanno risposto con affetto ed entusiasmo. È proprio vero: quando il maestro parla al cuore… è il nostro Santo Padre che si rivolge a ciascuno di noi.

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