Camminare (in fuga o in ricerca)

Può apparire gesto banale, perché naturale, il camminare, ma è frutto di volontà e come tutte le cose conquistate dispensa soddisfazioni e sorprese.
Una passeggiata in montagna

Da ore siamo in cammino: Vallesinella, rifugio Alimonta, sentiero delle Bocchette, Bocca di Brenta, Cima Tosa… L'alba, la rugiada, il tepore dei primi raggi, il mezzodì, il vento e il temporale, le rocce rosa al tramonto, il cielo stellato. In montagna, come per mare, si viene per meravigliarsi: lo stupore è uno scatto di gratitudine che nella natura si impara di nuovo, qualora, per le vicende della vita, si fosse scordato. A scandire il tempo e lo spazio c'è solo il ritmo dei propri passi. Può apparire gesto banale, perché naturale, il camminare, ma è frutto di volontà e come tutte le cose conquistate dispensa soddisfazioni e sorprese.
Camminare e pensare hanno la stessa velocità: intuizioni, preoccupazioni, desideri, convinzioni, preghiere, ricordi, silenzi si alternano al ritmo dei passi. «Non riesco a meditare se non camminando: appena mi fermo, non penso più», ammetteva Jean Jacques Rousseau. C'è una profonda relazione fra la storia del camminare e la storia del pensiero: dai filosofi peripatetici dell'antica Grecia ai poeti romantici, dalle passeggiate dei surrealisti alle ascese degli alpinisti. L'uomo ha camminato e cammina per motivi politici, economici, sociali, estetici, ludici. Dall'esodo del popolo ebreo al cammino di Santiago, da Che Guevara e la “fase nomade” della Rivoluzione cubana alla Lunga marcia di Mao Tse Tung, dall'orma perenne del cammino umano sulla luna ai cento passi tra le case di Peppino Impastato e del boss della mafia.

Camminare è arte della fuga: da qualcuno, da qualcosa. Secondo un'usanza eschimese, si può sfogare la collera camminando in linea retta nel paesaggio: il punto in cui la collera è stata dominata, segnato da un bastone, testimonia la forza o la portata del turbamento.
Il camminare viene dall'Africa, frutto dell'evoluzione e della necessità, e si è diffuso ovunque. Camminare è soprattutto arte della ricerca: di qualcosa o di qualcuno, spesse volte di sé stessi. Il pellegrinaggio è ricerca di qualcosa di intangibile. Nella ricerca, cammino e meta sono in simbiosi: camminare senza arrivare è atto incompiuto, così come arrivare senza aver camminato. «Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l'orizzonte si sposta di dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l'utopia? Serve proprio a questo: a camminare», scriveva Eduardo Galeano, nelle sue Parole in cammino. Camminare aiuta a conoscersi: «Non giudicare il tuo vicino finché non avrai camminato per due lune nelle sue scarpe», tramandano i nativi americani. Camminare smaschera, palesa quello che sei, il diritto e il rovescio. Lo scrittore Malcolm de Chazal era convinto che dal modo di camminare si capissero molte cose: «L'idealista cammina in punta di piedi, il materialista sui talloni».

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