“A caldo”, notizie fresche senza censura

Per contrastare l'informazione pilotata dal regime, iniziano le trasmissioni di “En Caliente”, breve video-notiziario settimanale indipendente e sostenibile. Due giovani e un formato agile
AP Photo/Ramon Espinosa, File

Un notiziario settimanale indipendente ha iniziato da pochi giorni le sue trasmissioni dall’Avana. Dietro c’è il giovane reporter televisivo, Ignacio González, conosciuto dai telespettatori per i suoi reportage e le sue interviste sulla città diffuse attraverso l’economico paketito settimanale, una raccolta di prodotti televisivi vari, di film, giornali e riviste e di contenuti educativi distribuito capillarmente per mezzo di pen-drive che circolano ovunque (vedi articolo del 15.05.17).

En Caliente (a caldo) sarà online ogni settimana su Youtube e parlerà di ciò di cui non si parla negli addomesticati tg ufficiali. Notizie dall’estero, fatti nazionali, tendenze internazionali in quanto a tecnologia e stili di vita e, perché no, curiosità, sono oggetto del nuovo prodotto informativo. Dato il virtuale monopolio informativo dell’isola, le fonti con cui l’anchorman e produttore alimenta il notiziario sono i pochi organi di stampa indipendenti spesso e volentieri bloccati per gli utenti locali, come 14ymedio, Cubanet, CiberCuba, OnCuba e Hablemos Press, o i canali statunitensi via cavo Telemundo e Univision 23, ai quali i cubani accedono attraverso antenne illegali.

González è stato più volte fermato dalla polizia mentre svolgeva il suo lavoro, senza motivo apparente, e gli è stato confiscato materiale registrato. Persino la figlia adolescente si è vista confiscare il cellulare, che conteneva innocue videonotizie prodotte dal padre. I cubani l’hanno conosciuto in particolare attraverso i suoi reportage durante le inondazioni causate dagli uragani che hanno afflitto l’isola. In un’occasione, il reporter trasmise con l’acqua che gli arrivava all’addome. Il suo lavoro è stato decisivo per scuotere l’inattività dei soccorritori ufficiali. «Mentre registravo i reportage seguenti vedevo arrivare veicoli dei pompieri e ambulanze, e più d’un funzionario statale è stato licenziato per non aver fatto nulla di fronte all’emergenza. Segni dell’efficacia della pressione che le mie trasmissioni stavano esercendo».

Il giornalista è cosciente del fatto che la scarsissima connettività, gli altissimi costi di Internet e la censura limitano fortemente l’accesso a un’informazione obiettiva e promuovono la disinformazione dei cubani. Ma gli anni di lavoro come reporter hanno affinato la sua sensibilità nel captare le notizie o gli aspetti oscurati dall’establishment giornalistico, nel verificare i rumors locali e a percepire la sete di notizie internazionali. Tutto ciò è materia del suo lavoro.

González cominciò la sua esperienza lavorativa come geometra, ma deluso dall’incoerenza tra la giustizia sociale imparata a scuola da bambino e la realtà del suo stipendio, si era dedicato al turismo, settore che abbandonò perché si era reso conto che praticamente tutti i suoi colleghi realizzavano qualche tipo di attività illegale per poter sbarcare il lunario. Approfittando della flessibilizzazione dell’attività privata da parte del governo, decise allora di aprire un negozietto di fotocopie, fino a quando un amico che lavorava per un portale informativo indipendente lo invitò a lavorare con lui come editore di video per un amico, chiamato Roberto Guerra. Superando un certo timore naturale – il giornalismo indipendente non è proprio ben visto dalle autorità, a Cuba – accettò, e ben presto si sorprese della relativa libertà di azione del suo mentore. Che gli mostrò una copia della Dichiarazione universale dei diritti umani e, in particolare, l’articolo 19, quello sulla libertà di espressione. Era la prima volta che ne scopriva l’esistenza. Capì allora che i vincoli con organizzazioni internazionali per la libertà di stampa, la visibilità e la popolarità del lavoro di Roberto erano le protezioni naturali contro le arbitrarietà del regime – almeno, contro quelle più gravi ed evidenti. Decise allora di formarsi in video-giornalismo in Repubblica ceca, grazie all’aiuto dell’ong Člověk v tísni-People in need, ed iniziò un suo canale di Youtube che riscosse un notevole successo.

Oggi, mentre collabora saltuariamente con Hablemos Press per potersi mantenere, González continua a produrre materiale informativo proprio, con grandi sacrifici. «Quando sento un’ambulanza, corro fuori con la telecamera», ha raccontato in un’intervista amatoriale. «Mi muovo in bicicletta, in autobus, a piedi… come posso». Senza un budget o un minimo stipendio, sembrerebbe impossibile lavorare. E in effetti non è facile mettere insieme un videogiornale di 8 minuti, se mettiamo in conto che per farlo occorre navigare per ore su Intenet, leggere tanto e controllare le notizie, e per farlo ci vogliono 1,21 euro ogni ora. Un maestro elementare, per esempio, guadagna 62 centesimi al giorno.

«All’inizio ho dovuto vendere varie cose, tra le quali una stampante che mi era constata molto. Risparmiavamo anche sul cibo… Mangiavamo riso con un uovo fritto…». E pensare che per il governo, i giornalisti indipendenti sono controrivoluzionari, mercenari al soldo degli yankees, che li pagherebbero profumatamente. «Da tutte le parti c’è corruzione, non solo nel governo, così come c’è gente onesta dappertutto», commenta, a significare che qualche «polo indipendente» in effetti esiste.

Il primo notiziario, sperimentale, ha mostrato un prodotto fresco, dinamico e professionale, agli antipodi rispetto agli ingessati telegiornali ufficiali. C’è un buon margine di miglioramento, certo, ma “la prima” fa ben sperare. E la sostenibilità dovrebbe essere alla portata grazie ai ricavi del paketito, e alla distribuzione attraverso i cellulari. Il notiziario sarà infatti auto-sostenibile. González può infatti contare sull’aiuto dall’estero solo per gli strumenti del lavoro, che sono sempre a rischio di sequestro. Ma González è ottimista: finalmente può produrre un notiziario “senza sforbiciate”, con l’aiuto del suo coproduttore Osmel Almaguer, e che può migliorare grazie alle reazioni e agli input degli spettatori.

 

 

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