Caldo, fuoco e fumo

Continua la distruzione di foreste e, in certi casi, di villaggi. C'è chi punta il dito agli errori governativi del passato vicino e lontano, e ritornano gli spettri dei grandi disastri successi in queste terre.
Russia

             

            Non è un’eccezione che d’estate i termometri a Mosca superino i 30º ma, di solito, questo avviene per qualche giorno, e raramente per più di una settimana. In più, il tempo caratteristico dell’estate nella parte centrale della Russia europea comprende forti e frequenti acquazzoni, che quest’anno sono del tutto assenti. Il caldo secco dura quasi da due mesi e le previsioni meteorologiche non lasciano intravvedere l’arrivo di tempo più fresco. Un grosso anticiclone si è istallato tra Mosca e gli Urali, portando aria calda del sud e resistendo ai fronti che potevano provenire dall’Atlantico del nord. Gli incendi si sono moltiplicati e, dall’inizio dell’estate, l’area bruciata ha superato gli 800 mila ettari. Le torbiere hanno preso fuoco nel sottosuolo, producendo fumo in abbondanza e contribuendo non poco alla situazione di aria irrespirabile che si è fatta sentire a Mosca ed in altre città.

            Si è sollevato il fantasma di Chernobyl, o meglio la paura che i fuochi divampino nelle foreste contaminate dalla terribile esplosione del 1986, e portino gli isotopi radioattivi in zone abitate, non escluso Mosca. 

             I dati ufficiali confermano che l’onda di caldo coincide con un aumento della mortalità e quindi si può dedurre che l’incidenza della situazione meteorologica ed ecologica nella salute dei cittadini è significativa.

 

In cerca dei colpevoli

            Secondo i critici, i governanti russi si sono rivelati impreparati a combattere i fuochi risultanti da un’onda di caldo inattesa. Il capo del settore forestale di “Greenpeace” in Russia, Alexei Iaroscenko, critica la riforma della gestione delle foreste iniziata nel 2007. “Il vecchio sistema è stato completamente distrutto e il nuovo è ancora da creare”, dice Iaroscenko. Il giornale Itogi riporta alcune cifre: nel 2000, l’organizzazione responsabile per lo stato delle foreste in Russia, “Rosleskhoz”, aveva 200 mila lavoratori, e la foresta era divisa in settori sotto la responsabilità di persone concrete. Attualmente ne ha 60 mila e non sono più in grado di controllare lo stato dei boschi.

            Nella regione di Mosca la controversia riguarda le torbiere. Queste si trovano soprattutto a sudest della capitale russa, in una zona dove prima c’era terreno paludoso. Le autorità sovietiche hanno deciso di asciugare le paludi, la torba si trova oggi un paio di metri sotto la superficie del terreno, e prende fuoco quando il tempo caldo si mantiene a lungo, producendo fumo abbondante. Oggi si discute se bisogna nuovamente inondare quelle terre dove, in parte, ci sono già nuove costruzioni.

            Il problema degli incendi in Russia si è rivelato serio al punto che Mosca ha accettato l’aiuto di vari altri paesi, compresa l’Italia, che ha mandato due aerei Canadair, che hanno aiutato a combattere le fiamme nella regione di Samara. Altri paesi, compreso Polonia, Armenia, Kazakistan, Ucraina e Bielorussia, hanno contribuito con uomini e mezzi tecnici alla lotta contro le fiamme.

 

Le anomalie del clima

            All’origine di tutta la faccenda sta, però, l’anomala situazione meteorologica creata. Come spiega il direttore del servizio federale di meteorologia “Gidrometcentr”, Dmitri Kiktev, si è formato un anticiclone stazionario, che si mantiene eccezionalmente a lungo e non permette l’entrata nella parte centrale della Russia europea di “cicloni che possono portar umidità e temperature più basse”. Secondo l’esperto, un mese è già un periodo lungo per un fenomeno del genere. Nel caso presente, dove il mese è già largamente superato, si può dire che siamo già di fronte ad una durata anomala.

Un altro esperto, Alexandr Frolov, direttore dell’istituto di meteorologia, “Rosgidromet”, considera che il fenomeno di questa estate in Russia non ha precedenti. “Si tratta di un fenomeno unico. Negli archivi di osservazioni non c’è niente così”, ha affermato il meteorologo in un’intervista all’agenzia Interfax. Frolov non osa, però, associare l’onda di calore russa, al fenomeno di riscaldamento globale. “Di per sè, questo caldo anomalo, non può, secondo il mio parere, servire per confermare il riscaldamento globale del clima”, dice l’esperto. Frolov ritiene che per valutare una tendenza in materia di clima sia necessario osservare almeno un periodo di 30 anni. “Se una situazione del genere si ripete ancora tre o cinque volte nei prossimi 30 anni, allora si può dire che può essere legata al riscaldamento globale”. Comunque, Frolov ammette che “il clima è diventato più nervoso”, e che attualmente, sullo sfondo del riscaldamento globale, si osservano più anomalie e comportamenti estremi del tempo.

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