Calcio e fede

Quando il richiamo della vocazione diventa più forte di quello del campo da gioco: cinque esempi di atleti che hanno preferito la via della preghiera e dell’aiuto al prossimo rispetto alla carriera agonistica

Lo Russo e Del Gaudio: la vocazione dopo la crisi

“Ho disputato il Mondiale Under 17 del 1991, ero in squadra con Alessandro Del Piero e Alessio Tacchinardi: ho giocato contro calciatori del calibro di Juan Sebastian Veron, il calcio mi ha fatto vivere momenti bellissimi”: parole di Fra Graziano Lorusso, ordinato sacerdote nell’aprile del 2013. La volontà di abbandonare il mondo del calcio è arrivata in seguito a un periodo buio, in cui un grande disagio interiore lo ha portato a lasciare la fidanzata e rompere totalmente col professionismo. La decisione di rientrare a casa, in Puglia, si accompagna all’inizio di un percorso di riavvicinamento alla fede, che lo ha portato a diventare frate nel 2004 e, nove anni dopo al sacerdozio, sulle orme di San Francesco. «È una gioia vedere gli occhi di giovani e malati quando gli si presta ascolto e attenzione e si prega insieme: il calcio, ancora oggi, mi aiuta ad aprire molte porte e molti cuori».

La crisi, l’indecisione e l’incontro con Dio come soluzione al travaglio interiore: la storia di Fra Graziano Lo Russo è molto simile a quella di Don Daniele Del Gaudio. Ex attaccante classe ’83, buone doti tecniche al servizio di un piede mancino che sembrava promettere una carriera poi rivelatasi inferiore alle aspettative: «era un vanto giocare con la Triestina, la realizzazione di un sogno che avevo sin da bambino. Ho messo sacrificio e dedizione per provare a diventare professionista». Un problema al ginocchio mina le sue possibilità di carriera ad altissimi livelli e, tra un primo approccio al seminario e una crisi che lo spinse a tornare sui suoi passi, arriva la scelta definitiva di entrare in un centro di formazione ecclesiastica. “Quando ho lasciato il calcio tutto è crollato: ho dovuto lasciare la ragazza per comprendere dove stavo andando. Lì è emerso il desiderio di seguire il Signore come Don Bosco, dedicando la mia vita ai giovani”

Elisa Mele: da Brescia al Mozambico

Storie forti, unite da radicali cambi di prospettive e valori. Come quella di Elisa, 21enne giocatrice del Brescia femminile e già nel giro della Nazionale di Antonio Cabrini. Una vita con le “Rondinelle”, dai Pulcini fino alla Serie A e alla maglia azzurra che ad agosto partirà per una missione spirituale in Mozambico, mentre dal mese successivo intraprenderà un percorso spirituale e di studi che potrebbe portarla in convento: ciò nonostante prospettive rosee, con una carriera ancora tutta da giocare. La vita, però, spesso porta davanti a bivi insospettabili, prendendo il sopravvento e scombinando progetti che sembrano già scritti: «ad un tratto – ha dichiarato Elisa – ci si guarda allo specchio domandandosi cosa si vuole essere. Voglio essere voce di chi non ha voce, aiuto per gli altri: quando il cuore inizia a suggerirti e invitarti a qualcosa di bello allora si è pronti anche a fare “pazzie”».

Suor Daniela: dalla porta al convento

«Sentivo che dietro a una palla non ci poteva essere la pienezza della vita»: questo alla base della decisione di Suor Daniela, trentenne di Favara (Agrigento), che ha scelto di lasciare la porta della Fabaria 2000, squadra locale di Serie C, per abbracciare la vita monacale da ormai dieci anni. Un cambio radicale che non lascia spazio a rimpianti: Suor Daniela opera a Gubbio (Perugia), nella Comunità delle Sorelle del Piccolo Testamento. Una decisione nata da un episodio che avrebbe potuto cambiarle la vita: dopo essere stata selezionata per giocare in Nazionale, durante uno stage a Enna, ha compreso che il gioco che era stato la sua passione stava per diventare una professione. «Si iniziava a parlare di ingaggi e stipendi, ma sentivo che non era questa la mia strada»: ciò, però, non impedisce a Suor Daniela di continuare a giocare «con i ragazzi, con i frati, ovunque ci sia un pallone».

Phil Mulryne: il voto di povertà di un ex Red Devil

È notizia di ieri l’ordinazione sacerdotale di Phil Mulryne, ex centrocampista nordirlandese cresciuto nel Manchester United di Sir Alex Ferguson. L’esordio in Premier League nel 1997 accanto a calciatori del calibro di Beckham, Scholes, Keane e Giggs ha fatto da preludio a 27 presenze e 3 reti con la nazionale del suo paese e una discreta carriera con le maglie di Norwich, Cardiff e Leyton Orient: Mulryne, ai tempi dello United, guadagnava 600.000 sterline l’anno. Dopo il ritiro dai campi, però, la vita ha preso un’altra direzione: dal 2009 l’ex Red Devil ha studiato nel Pontificio Collegio Irlandese, iniziando la strada verso il sacerdozio. «Dobbiamo prendere Dio come esempio e, malgrado debolezze e difetti, confidare che lui ci trasformerà con la sua grazia»: membro dell’Ordine domenicano, Mulryne ha fatto voto di povertà. Un’antitesi rispetto ai guadagni della precedente vita da atleta ma, come si è visto, una scelta tutt’altro che isolata: le vie per la felicità sono molteplici e, spesso, non scontate.

 

 

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