Biografie dal carcere

S’alzano ad uno ad uno dalla sala. Quindi lanciano una battuta, e cominciano a raccontare di sé spingendosi sul palcoscenico. Qui prendono posto in brande di legno, ognuno un letto, una cella, un’isola accanto all’altra. Ciascuno un mondo, una storia. Di luoghi e lingue diverse. S’intrecciano racconti di vite difficili, di esistenze rinchiuse fra quattro mura carcerarie. Via Tarquinia 20. Biografie di un sogno prende il nome dalla via del carcere di Civitavecchia da dove provengono le storie narrate. Il testo nasce da un laboratorio di scrittura collettiva lì condotto e vincitore del premio Annalisa Scafi per autori di teatro civile. Operazione encomiabile che tenta di riscattare col teatro esistenze in cerca di identità, di senso, e di futuro, dando corpo a pensieri rubati al tempo. Emanuela Giordano dirige otto voci, otto bravissimi attori – due dei quali detenuti – che si incalzano provocandosi in un gioco collettivo teso a farsi viaggio, sogno, evasione, redenzione. Brani di vita vissuta si allacciano con storie di fantasia, di avventure esotiche, di viaggi immaginari in America, nella terra dei faraoni, o in un’isola misteriosa. Immaginazione ad occhi aperti che confluisce, rarefacendosi, in una piccola gabbia con un canarino custodito da uno dei reclusi. Al volatile, capace di esaudire qualsiasi desiderio, ciascuno affiderà un proprio sogno segreto. Passandosi la gabbia di mano in mano, questo custode privilegiato raccoglierà le loro speranze. Sicuramente quella comune di tornare a casa, di lasciare l’isola in cui si sono arenati. Carcere o palude mentale, difficoltà oggettiva di oltrepassare la soglia dell’illegalità, o inettitudine a divenire altro?. Non lo sapremo. Ma i loro occhi infine avranno incontrato i nostri, e avranno letto i nostri muti segreti

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