Com’è bella Sol Gabetta

A Santa Cecilia in Roma, la violoncellista argentina affronta il Concerto in re minore per violoncello e orchestra di Édouard Lalo, con l'orchestra dell'Accademia diretta da Mikko Frank

La violoncellista argentina che cammina come danzasse, fasciata in abito lungo, affonda archetto e dita nello strumento del 1730 durante il Concerto in re minore per violoncello e orchestra di Édouard Lalo, anno il 1876. Tipicamente tardoromantico, flessuoso e ritmico, il brano è popolare, vorticoso e suadente e la musicista suona con impeto, assecondata dall’orchestra dell’Accademia diretta da Mikko Franck. Parrà strano ma colpisce più il bis – un brano per solo e la fila dei violoncelli –, dal suono affettuoso, di Gabriel Fauré. Qui Gabetta sembra trovarsi meglio, più convinta, la musica è bella, lei modera l’impeto per cavare sentimento. Esce un suono perfetto, quel lume trepidante che è tipico di Fauré.

Poi tocca all’orchestra. La Seconda Sinfonia di Sibelius è la più nota fra le 7 da lui composte. Scritta a Rapallo nel 1901 alterna trionfi, melodia, qualche tristezza, ma è sicura e al pubblico piace. Anche perché il finlandese Mikko Franck ha un bel gesto colloquiale, sicurezza di tempi, sonorità lucide ed espanse. Come s’è visto nel primo brano in programma, cioè l’Ouverture fantasia Romeo e Giulietta del giovane Ciajkovskij: la passione dei violoncelli, la gravità degli ottoni, le frecciate dei violini e dei legni, tutto crea un affresco sonoro vivacissimo della grande storia d’amore. Il compositore russo sfoggia l’abilità dell’orchestratore, l’invenzione melodica. L’orchestra ceciliana è un gioiello di equilibrio. Dopo l’inaugurazione della stagione con West Syde Story di Bernstein, questo secondo concerto dimostra l’ottimo stato di salute dei complessi romani.

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