Azzardo: una questione di cultura

Secondo la ricerca promossa da Auser e Gruppo Abele gli anziani sono sempre più a rischio di gioco patologico. Eppure un rapporto Istat fa rientrare stranamente l’azzardo tra i consumi culturali
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Con oltre 300 mila iscritti l’Auser è una delle associazioni di volontariato e di promozione sociale presenti in Italia per favorire l'invecchiamento attivo degli anziani e combattere l’esclusione sociale. Con il Gruppo Abele ha promosso una ricerca dedicata alla diffusione dell’azzardo tra la popolazione anziana, 93 per cento di pensionati, concentrandosi su 15 regioni.

Applicando alle risposte del questionario la scala Canadian problem gambling index, uno strumento utilizzato a livello internazionale per valutare il livello di rischio/problematicità/patologia tra chi gioca d’azzardo, è emerso che il 14,4 per cento è “a rischio”, ovvero presenta elementi problematici che potrebbero nel tempo evolvere in situazioni più gravi. Il gioco d’azzardo rappresenterebbe, invece, già un problema di gravità medio/elevata per il 16,6 per cento della popolazione anziana, tanto da richiedere un intervento specialistico.

Insomma, più del 30 per cento di pensionati, con un reddito medio non elevato, grazie alla diffusione capillare e incentivata dell’offerta dell’azzardo è esposta ad un serio rischio di dipendenza con conseguenze economiche disastrose. Eppure,come ha rilevato Marco Dotti su Vita, l’ultimo interessante rapporto dell’Istat intitolato "Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo" fa rientrare l’azzardo tra i consumi culturali. Evidentemente c’è molto da lavorare in questo Paese per capire che una cosa è comprare un libro e altro entrare in una sala scommesse.

I numeri dicono molto se si sanno leggere. Come osserva il sociologo Maurizio Fiasco, bisogna anche stare attenti a riportare il dato dei 120 mila addetti al settore giochi, perché nel computo rientrano anche gli esercenti di bar e di tabaccherie che esistevano prima dell’esplosione conseguente alla legalizzazione del gioco d’azzardo. Il saldo parla di 50 mila persone impiegate a vario titolo nella gestione dell’azzardo. Ben poca cosa se si considerano i capitali miliardari investiti che, su altri campi, avrebbero maggiori effetti moltiplicatori sull’occupazione. Si tratta come sempre della strategia prevalente e della cultura che la orienta. Quale “cultura” per quale Paese? 

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