Azzardo. Un digiuno per chi ha fame di giustizia

L’idea di don Virginio Colmegna. Un gesto povero e non violento davanti al potere dei forti gruppi di interessi che stanno condizionando il lavoro del Parlamento sulla questione dell’azzardo. Una proposta unitaria che i partner di questa battaglia di civiltà vorrebbero costruire assieme sotto Natale
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Lo chiama digiuno, non sciopero della fame, don Virginio Colmegna, un gesto povero, da inerme di fronte ad un potere che non conosce ragioni e davanti al quale le parole servono a poco. Lo ha già fatto singolarmente nel 2013 quando una giovane rom, madre di tre bambini, è stata messa in prigione ingiustamente nonostante avesse già concluso felicemente un percorso di inserimento sociale. Il responsabile della Casa della Carità di Milano non ha paura di esporsi, lo dice la sua lunga storia di direttore della Caritas ambrosiana al tempo del cardinal Carlo Maria Martini.

Così a margine della presentazione della campagna Mettiamoci in gioco, di cui ha accettato di essere uno dei referenti per la Lombardia, ha lanciato la proposta di una giornata di digiuno per chiedere una svolta nella politica dell’azzardo in Italia. Del resto, c'è l'ipotesi, sempre più accreditata, che il governo Renzi possa inserire nella legge di stabilità, durante il passaggio in Senato, una sanatoria per i centri scommesse collegati a un bookmaker estero privo di concessione in Italia.

La storia è sempre la stessa: grandi dichiarazioni sui valori in generale e scelte tecniche dettate dalle urgenze di bilancio pubblico e, soprattutto, dai gruppi di potere consolidati e sempre all’opera per tutelare interessi finanziari privati predominanti. L’idea ha avuto il consenso immediato dell’economista Luigino Bruni che ha rilanciato la proposta come un gesto comune alle diocesi italiane come segno profetico di scelta per i poveri e contro l’idolatria del denaro.

Messa così sembra una cosa facilmente etichettabile come una crociata di intransigenti, ma la questione è seria, troppo seria per essere banalizzata. Abbiamo sentito don Colmegna per capire meglio la proposta che è ancora allo stato embrionale.

Cosa l’ha spinta a fare la proposta di un digiuno?
«Mi rendo conto che sulla questione dell’azzardo esistono diversi itinerari e sensibilità, ma non si tratta solo dell’emergenza della dipendenza patologica che continua a crescere ma delle scelte di politica economica che fanno gravare sui poveri gli interessi di pochi. È il tempo di cercare percorsi di unità e compiere assieme dei gesti semplici ma eloquenti di fronte ad un orientamento politico prevalente e pervasivo che non ha capito il senso delle nostre istanze che non sono affatto moralistiche».

Un digiuno si propone per motivi gravi…
«Infatti, qui si tratta di andare oltre le dichiarazioni di principio per chiedere una svolta radicale in materia di politica economica e cioè di investimenti e di risorse. La mobilitazione della società civile responsabile rischia di non essere incisiva, ma di essere relegata al recupero dei malati compulsivi dell’azzardo. Ma per questo possono bastare anche le grandi società commerciali del settore che finanziano esse stesse le cure psicologiche come una loro “buona azione”. Occorre un gesto forte e non violento per cercare di andare alle radici di quella impostazione sbagliata che fa dire anche ad esponenti del governo che abbiamo interpellato: “sarebbe bello poter fare quello che ci chiedete, ma ci servono questi soldi”… Insomma le istanze sociali, pur considerate giuste, non vengono prese sul serio. Ci vuole una scossa».

Da qui la sua proposta.
«Ma la proposta non è mia, la dobbiamo costruire bene assieme. Io ho lanciato l’idea, son contento che Luigino Bruni l’abbia ripresa. Ora si tratta di vedere come risponde il mondo articolato delle associazioni, così come delle parrocchie, per dire che abbiamo fame di giustizia e abbiamo bisogno di cambiamenti radicali. Per questo il digiuno è un gesto simbolico che esprime anche la consapevolezza che ogni divisione e incomprensione tra le associazioni diventa un limite che va accolto senza tuttavia diventare la giustificazione dell’accettazione di un sistema che non si può smontare. Come avviene nella grandi tradizioni culturali, il digiuno non si rivolge solo verso gli altri, ma è diretto primariamente alla coscienza personale che ha valore proprio perché è debole».

Eppure il digiuno deve avere un obiettivo preciso così come quando lei ha chiesto la liberazione della giovane madre messa agli arresti…
«Se l’idea del digiuno si fa strada nella coscienza di tanti e viene abbracciata anche da chi ha visibilità pubblica (di qualcuno che è disposto seriamente a metterci la faccia), allora potrà anche accadere che produca un effetto politico. È inconcepibile che non si riesca a fare un dibattito pubblico per rimettere in discussione la scelta dell’offerta indiscriminata dell’azzardo che sta avvenendo in Italia. Tutto tace e poi silenziosamente arrivano gli emendamenti alla legge di stabilità da parte delle lobby. Qualcosa dobbiamo fare. Il digiuno esprime un messaggio di scelta di vita, di sobrietà, di capacità di relazione. Insomma, tutto quello che è negato dal cedimento politico alla strategia di investimenti finanziaria dei concessionari. Bisogna mettersi assieme con chi ci sta per costruire e lanciare assieme la proposta per dire ai politici che è finito il tempo delle pacche amichevoli sulle spalle senza scelte coerenti e conseguenti».

  

 

  

 

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