Asar di nobile e bell’aspetto

Come una bambina gravemente malata può diventare gioiosa per l’amore di una famiglia del Trentino che l’ha presa in affido.

È un’impresa capire come una famiglia possa ancora “rimanere in piedi” dopo tanti abissi attraversati. Eppure a loro è accaduto. Irene ed Emilio avevano appena festeggiato 25 anni di matrimonio con i loro 3 figli (Gaia ora di 23 anni, Federico di 21 e Simone di 17) e con tanti amici, quando è arrivata, nell’estate 2014, la segnalazione di Famiglie per l’accoglienza, l’associazione internazionale di famiglie a sostegno dell’accoglienza e dell’affido di minori in difficoltà. Asar ha pochi mesi, è subito dimissibile dall’ospedale. «Ma allora è malata? Chi è? Cos’ha? Cosa richiede? Dopo i dubbi, emerge un unico interrogativo – racconta Irene – grande e rivolto a noi: Mi vuoi?». Senza sapere quasi nulla di Asar, decidendo in poche ore sull’affido, «abbiamo detto sì… e ci siamo aperti a questa presenza che si faceva posto dentro di noi». Asar è figlia di due genitori indiani, residenti in Trentino, non in grado di seguirla e curarla dalle sue due malattie rare che si influenzano l’una con l’altra.  Per loro è stato un gesto estremo d’amore affidarla ad un’altra famiglia che avrebbe potuto colmare la loro inadeguatezza. «Abbiamo detto sì nel nostro cuore a Dio, che ci chiedeva di venire a casa nostra nelle vesti di Asar. E l’abbiamo capito con certezza andando al funerale di Daniela, morta giovane di tumore al cervello. Qui abbiamo avuto conferma del valore della vita come dono ricevuto, da spendere aprendosi. Dalla morte di una sconosciuta che aveva cercato di spendersi per il bene, abbiamo ricevuto il testimone: ora toccava a noi accelerare in salita».

Asar è cresciuta sia di peso, che a livello psico-motorio e relazionale, ma il quadro complessivo si è complicato. Solo il 2016 è stato un anno di stabilità. Altrimenti tanti, continui ricoveri in ospedale (anche in città diverse), notti insonni, riorganizzazioni familiari, stanchezze emotive, sospensioni e scoraggiamenti. Più di una volta Asar è arrivata in fin di vita e «per questo, pronti a tutto, perché Asar possa sentirsi amata e nutrita di bello, di vero e di buono fino alla fine». Chi l’avvicina comprende che il dolore è sacro! Tanti sperimentano che ci sono dei valori più grandi della salute, del benessere economico e sociale. Tanti si chiedono: «Cosa dà a questa famiglia la forza di resistere al male?». Asar non è guarita e non guarirà. Ma il miracolo più importante è già accaduto perché, nonostante il dolore fisico, è arrivata fino alla morfina, ha sviluppato uno sguardo gioioso, è sicura di sé, fiduciosa negli altri e nella vita. I genitori affidatari confermano le loro fatiche, ma anche che attraverso di lei c’è stato un rinvigorimento interiore. «Per noi Asar è un bene» e accolta dall’amore è diventata bella e ni nobile aspetto.

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