Antonello da Messina a Milano

Un omaggio al più grande ritrattista del '400 a Palazzo Reale, dove poter ammirare la Vergine Annunziata, che è un grande connubio tra profondità psicologica e astrazione

La mostra a Palazzo Reale a cura di Gianni Carlo Federico Villa è un omaggio al più grande ritrattista del ‘400, un racconto di fascino di un artista innovatore che testimonia in Europa la contaminazione trasversale dell’Umanesimo che accoglie la tradizione fiamminga, iberica, la conquista dello spazio e del concetto quasi informale, proprio di Piero della Francesca e della sua metafisica dello spazio, la dimensione stereometrica di Roger Van Der Weyden.

L’elemento fiammingo tipico di Antonello da Messina è l’emozione per il dettaglio, per la luce, per il particolare.

Dopo il soggiorno a Venezia, dal 1474 al 1476, Antonello da Messina segna una svolta nello sviluppo della pittura lagunare, nel conferire volume e dolcezza alla linea, unite al rigore della prospettiva.

Dopo l’esperienza lagunare, nel 1475, la Vergine Annunziata coinvolge il fruitore nel mistico che si fa informale. L’espresso si fa informale, l’arcangelo Gabriele è l’assente che crea un dialogo a due, come nell’espediente del 1473 di Monaco. Parte dallo spazio empirico dei fiamminghi, dall’architettonico di Brunelleschi, giunge sino alle conclusioni di Piero della Francesca, alla monumentalità e alla semplificazione geometrica di spazi e di figure. Antonello da Messina rinuncia alla rappresentazione dell’angelo come al concerto di forma quasi “superfluo”.

L’angelo Gabriele diviene luce improvvisa, anticipazione dell’informale, “verità” assente, mistero invisibile lasciato nell’inespresso.

La Madonna Annunziata è il più grande connubio tra profondità psicologica e astrazione. Geometrie del velo che cade in pieghe pesanti, perpendicolari al tavolo ligneo, nella ricerca prospettica delle pagine del libro, delle linee della mano.

Profonda l’introspezione psicologica del volto tipico italiano, tra stupore, silenzio, attesa, erede del maestro Bellini, l’autore dei moti dell’animo più semplici e spontanei, impercettibili, integri, quasi nascosti.

Antonello da Messina attribuisce al gesto un rilievo, un ruolo, un’invenzione di una retorica del linguaggio che tradisce l’impassibilità del volto, avvolto da una luce calda dall’alto, lasciato nell’attesa come nella Pala di S. Cassiano del 1475-76.

La forza espressiva del gesto rivela l’inesprimibile e il senso. L’astrazione lascia l’Annunciata come sospesa, lontana dal tempo della storia, emergere dallo sfondo scuro tipico dei fiamminghi. Lo studio della luce maturato a Napoli presso Colantonio, legato alle Fiandre, alla Provenza, alla Borgogna evidenzia l’estraneazione della Vergine rispetto a ogni dimensione spazio-temporale. Il naturalismo diviene astrazione, connubio tra rigore razionale e ispirazione fiamminga che dona a ogni personaggio individualità spiccata e un carattere ben definito. Proprio l’incontro a Venezia con Giovanni Bellini segna il futuro della pittura lagunare.

L’angelo Gabriele divenuto pura luce, “non quadro”, anticipa la distruzione dello spazio pittorico di Lucio Fontana. Il mistero divine l’assente.

Palazzo Reale, Milano, fino al 2 giugno

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