Ammalatti di profitto… Altrui

“Lui è un pescatore del Sudan. Giorni fa è rimasto più a lungo del solito sulle sponde del fiume per ultimare la pesca. Sa di essere stato punto da diverse zanzare ma non ci ha fatto molto caso. Da qualche giorno sente dei dolori alle articolazioni, ha degli eccessi di febbre alta e un persistente mal di testa… Entri per conoscere il destino delle persone che condividono questa sua situazione”. Si legge così su uno dei quattro tipi di cartellino che un visitatore deve prendere prima di entrare nel padiglione itinerante sulle malattie che affliggono milioni di esseri umani: tubercolosi, malattia del sonno, malaria, leishmaniosi, diarrea… Curabili, di per sé, ma di fatto mortali per 15 milioni di persone l’anno, perché un terzo della popolazione mondiale non può permettersi di pagare le dovute terapie. Si parte dunque dall’immergersi nella condizione di uno di questi ammalati. All’entrata infatti un volontario di Medici senza frontiere (Msf) fa girare una ruota in base alla quale al visitatore viene assegnata una malattia. Il “paziente” scoprirà lungo un percorso guidato di tre “stanze” cosa vive un ammalato vero, quali i sintomi a cui va incontro, le sofferenze, le difficoltà; gli viene successivamente spiegato come si contrae quella malattia, dove è presente, quali possono essere i rimedi. Finalmente nell’ultima “stanza” approda in ambulatorio per sapere come curarsi. E qui è la sorpresa… amara purtroppo. Soprattutto per chi, come, noi, è abituato a trovare già in farmacia tutto quello che gli serve, dalla pasticca per il mal di testa, a quella per l’obesità, dall’integratore vitaminico alla pillola contraccettiva. Figurarsi dunque se uno di noi può pensare di arrivare in quest’ambulatorio in pericolo di vita e sentirsi dire: “Mi dispiace ma non ho i farmaci che le occorrono perché sono troppo costosi per il nostro ospedale”. Quella che il nostro “paziente” vive come finzione è invece realtà nei paesi del sud del mondo dove si può morire e in effetti si muore, pensate, anche solo per diarrea. Qualche esempio fornito da Msf ci aiuterà meglio a capire cosa succede e perché succede. La malattia del sonno, il cui rischio di infezione riguarda 60 mi- lioni di persone, veniva curata nella prima fase con la “pentamidina”, un farmaco efficace dal costo abbordabile fino a quando i suoi effetti positivi sono stati riscontrati nella cura di una malattia associata all’Aids. Da quel momento in poi, essendo destinato ai malati dei paesi ricchi, il suo prezzo è aumentato di dieci volte. Il risultato è facilmente intuibile. Un sieropositivo in Kenya, ammalato di meningite opportunistica, viene rimandato a casa: la terapia è troppo costosa per l’ospedale. A causa del brevetto che protegge il farmaco, la prima fase della cura costa infatti 1000 dollari. Se la stessa persona vivesse in Thailandia dove lo stesso farmaco non è brevettato, la terapia gli costerebbe 164 dollari. Forse potrebbe farcela. Una donna in Uganda muore di malattia del sonno perché il farmaco che potrebbe guarirla non viene più prodotto. Il motivo? Non era abbastanza redditizio per l’industria farmaceutica che lo commercializzava. E potremmo c o n t i n u a r e . Quanto basta per far dire a James Orbinski, presidente di Msf internazionale: “Sono stanco di vedere donne, bambini e u o m i n i m o r i r e mentre so che un trattamento efficace esiste, e potrebbe essere alla loro portata. Sono stanco di costatare come il profitto abbia sempre la meglio sul diritto alla salute. Non ne posso più della logica per cui chi non può pagare, muore”. Ed ancora più forte è quanto denunciato un po’ di anni fa, nel 1984, dall’allora presidente del Burkina Faso, Thomas Sankara: “Parlo in nome delle madri che, nei nostri paesiimpoveriti, vedono morire i loro bambini di malaria e di diarrea, senza poter accedere a semplici mezzi di cura che la scienza delle multinazionali non offre loro, preferendo piuttosto investire nei laboratori cosmetici e a beneficio dei capricci di uomini e donne il cui fascino è minacciato dagli eccessi di assunzione calorica, nei loro pasti così abbondanti e regolari da dare le vertigini a noi del Sahel”. Ecco allora l’impegno di Msf nella campagna per l’accesso ai farmaci essenziali di cui questa mostra, “L’acchiappamosche”, è una delle tante tappe (vedi www.msf.it). Farmaci essenziali alla sopravvivenza di milioni di persone che invece, non potendo usufruirne, hanno un unico destino certo: la morte. Un problema che ci interpella come paesi ricchi nel non prenderci l’inguaribile malattia del profitto; come cittadini nel fare un uso oculato di farmaci che spesso non sono così essenziali ed anche nel promuovere tutte quelle iniziative che trasformino questo divieto d’accesso in obbligo di dare la precedenza.

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