Alla ricerca di una verità condivisa

Un dibattito a partire dalla decisione della Cassazione che ha confermato la condanna per alcuni funzionari di polizia per i fatti commessi nel 2001 a Genova
Corte di cassazione

Si susseguono le dichiarazioni dopo la decisione della Corte di Cassazione del torrido 5 luglio 2012, che ha confermato la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Genova, il 18 maggio 2010, nei confronti di 25 agenti e funzionari di Polizia, accusati delle violenze commesse sui manifestanti del Genoa social forum durante l’irruzione nella scuola Diaz nel pieno delle contestazioni contro il G8 di Genova del luglio 2001.
 
Tra le persone condannate, l’attuale capo della Direzione centrale anticrimine, Francesco Gratteri, il dirigente dell’Aisi (Servizi segreti) Giovanni Luperi, e il capo del Servizio centrale operativo Gilberto Caldarozzi. I funzionari hanno raggiunto le attuali alte cariche durante l’iter del processo, conclusosi ora senza l’irrogazione di pene detentive agli imputati per la prescrizione dei reati di lesione. La sentenza ha comportato, tuttavia, nei confronti del personale di polizia la decadenza immediata dagli incarichi e l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.
 
La vicenda della Diaz, assieme ai fatti avvenuti a Genova nella caserma di Bolzaneto, è nota anche grazie alle discussioni sul web, ai film e documentari dedicati a quella che Amnesty International ha definito come «la più grande sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la Seconda guerra mondiale». La stessa organizzazione internazionale per i diritti umani ha descritto la sentenza della Cassazione «tardiva e incompleta» ricordando, in particolare, la difficoltà delle attività investigative dei magistrati, «ostacolate da agenti e dirigenti di polizia che avrebbero dovuto sentire il dovere di contribuire all’accertamento di fatti tanto gravi».
 
Celebre è rimasta, infatti, la definizione di «macelleria messicana» che Michelangelo Fournier, vicequestore di Roma, ha usato nella deposizione davanti al giudice nel 2007 per definire la scena che si trovò davanti nei locali della scuola Diaz dopo l’intervento dei suoi colleghi. Amnesty ha richiesto, perciò, che si arrivi a «conclusioni condivise su cosa non funzionò a Genova nel 2001 a livello di sistema e su come fare in modo che ciò non si ripeta più».
 
Occorre, quindi, un rinnovato legame di fiducia e di sostegno, fondato sul rispetto della legge, con gli uomini e le donne delle forze di polizia che ogni giorno si espongono al pericolo e alle minacce della criminalità organizzata per la sicurezza di tutti. In questo senso ospitiamo il contributo di Ennio Di Francesco, anche egli già funzionario di primo piano nella polizia e tra gli ispiratori della legge del 1981 che portò alla storica riforma della Polizia di Stato.
 
 Un «commissario scomodo», così definito dalla stampa e come ripetuto nel titolo della sua autobiografia, uscita con la prefazione di Norberto Bobbio (cfr www.enniodifrancesco.it). Un altro grande conoscitore della società italiana, Corrado Stajano, lo ha descritto come «uomo dello Stato che ha avuto una difficile vita per la sua intransigente fedeltà alle istituzioni della Repubblica».
 
 
 
 

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