Africa. Continente in cammino

L’Africa, meglio le Afriche, non fanno notizia. Centocinquant’anni dopo l’intuizione di San Daniele Comboni, autore del “Piano per la rigenerazione dell’Africa” e fondatore della Congregazione dei missionari comboniani, si parla di ridefinizione dei parametri della sovranità, della crescita e dello sviluppo dell'Africa nel convegno di tre giorni al Seraphicum di Roma.
Convegno Africa

L’Africa, meglio le Afriche, non fanno notizia. Di Ebola se ne parla solo quando ci sono vittime bianche e occidentali, della tragedia umanitaria in corso in Sud Sudan nessun cenno. Eppure dall’Africa arriva sempre qualcosa di nuovo come scriveva Plinio il Vecchio, Ex Africa semper aliquid novi. Sono in corso cambiamenti geopolitici, economici, culturali. Un’evoluzione costante e veloce per un Continente che conta oggi 1 miliardo e 200 mila persone con il 60 per cento della popolazione sotto i 25 anni.

Centocinquant’anni dopo l’intuizione di San Daniele Comboni, autore del “Piano per la rigenerazione dell’Africa” e fondatore della Congregazione dei missionari comboniani, si parla di ridefinizione dei parametri della sovranità, della crescita e dello sviluppo nel convegno di tre giorni al Seraphicum di Roma, dedicato all’ “Africa: Continente in cammino”.

«Occorre attuare ‒ spiega padre Giulio Albanese, direttore di Popoli e Missione ‒ un decentramento narrativo per ascoltare, andare al di là degli stereotipi per conoscere lo stato dell’arte dell’Africa. Esiste, infatti un afro‒pessimismo e un afro‒ottimismo. Noi vogliamo un afro‒realismo che faccia tesoro dell’esperienze della società civile».

«L’Africa non è valutata per quello che è ‒ sostiene Cécile Kyenge, già ministra per l’integrazione e ora deputata del Parlamento europeo ‒ e tutte le problematiche sono affrontate in modo eurocentrico, mentre i Paesi africani chiedono di essere accompagnati nel loro sviluppo non da un rapporto da dipendenti». Toccherà a Cécile Kyenge, insieme all'eurodeputata maltese Ppe Roberta Metsola, coordinare il "rapporto di iniziativa strategico sulla situazione nel Mediterraneo e sulla necessità di un approccio globale dell’Ue alle migrazioni". Dovranno studiare, insomma, come affrontare l’emergenza immigrati. È la prima volta che l’Europa, affida a due paesi del Sud, Italia e Malta, il compito di elaborare le basi su come cambieranno le politiche emigratorie. «Dobbiamo superare il perenne approccio emergenziale con cui è stato sempre affrontato il tema – ha detto nel suo intervento – perché il flusso di migranti che attraversano le frontiere Sud dell’Europa è un fenomeno naturale». Ha criticato Triton e Frontex che non attua più neanche la funzione di «ricerca e salvataggio».

Il nuovo volto della politica africana risuona anche nella parole di Samia Nkrumah, figlia del primo presidente del Ghana indipendente. «L’africa è ricca, ma gli africani sono poveri. Lottiamo affinché la nostra indipendenza politica serva per controllare le nostre risorse economiche in modo che vadano a beneficio della maggioranza degli africani». Il problema di fondo è che, dopo 50 anni di indipendenza politica, molti Paesi africani, non sono riusciti a pianificare una loro autonoma economia. «Siamo esportatori di materie prime: oro, petrolio, diamanti e siamo costretti a comprare prodotti finiti molto costosi. Tutto questo genera bilanci dello Stato negativi. Dobbiamo essere autosufficienti, autodeterminati, investire su giovani e partecipazione politica e l’emigrazione diminuirà».

Mario Raffaelli, presidente Amref Italia, ha sottolineato come l’Africa «è diventata protagonista internazionale perché possiede il 40 per cento delle risorse strategiche: acqua, energia, foreste e materie prime per tecnologia e agricoltura. Mentre l’Europa si balocca, Cina, India, Corea del Sud investono in Africa con forme al limite di un nuovo colonialismo. La stessa miopia europea si riscontra nell’approccio solo militare al terrorismo senza pensare a rimuovere le cause politiche e sociali».

“Salvare l’Africa con l’Africa”, era il motto di Comboni che conserva la sua attualità nella parole di suor Luzìa Premoli, superiore generale delle missionarie comboniane: «Dall’inizio, Comboni aveva pensato una équipe di persone nella quali erano compresi gli uomini – sacerdoti, fratelli laici – e suore. A noi parlava di questa partecipazione di tutti per riuscire nella missione e includeva nel suo piano tutte le forze, sia gli uomini e le donne sia riguardo a consacrati e laici: europei e africani che, insieme, avrebbero potuto portare avanti quel sogno di salvare l’Africa».

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