Venezuela, una surreale pantomima di democrazia

l regime venezuelano appare compatto, ma non lo è. L’opposizione ha superato gli ostacoli posti dal governo e presenta un candidato unico con reali possibilità di vittoria, nell’improbabile caso che le elezioni di luglio siano libere e democratiche. Un chavismo sconfitto – com’è già avvenuto – non intende cedere il potere.
Maria Corina Machado , leader dell'opposizione venezuelana, a una conferenza stampa a Caracas il 26 marzo 2024. Foto Ansa/EPA/Miguel Gutierrez

Prima la proscrizione dei candidati più pericolosi (prima fra tutti la vincitrice delle primarie della Piattaforma Unitaria 2023, María Corina Machado). Poi la distrazione per l’irredento Esequibo da recuperare alla Guyana usurpatrice, quindi gli arresti di collaboratori chiave dell’opposizione in qualità di “cospiratori” di un fantomatico piano per assassinare il presidente Maduro (le prove presentate sono videoregistrazioni di presunti complici carcerati che spiegano le intenzioni dei “traditori”) e la “fabbricazione” di oppositori di facciata. Infine, la nuova “Legge contro il fascismo” dai contorni così indefiniti da permettere l’incriminazione di chiunque sia accusato di sostenere ideologie definite di volta in volta “conservatrici”.  E in mezzo, l’espediente più grossolano: impedire l’iscrizione telematica alla candidatura della sostituta della Machado, Corina Yoris.

L’opposizione ha reagito con calma ad ogni mossa volta a impedire elezioni libere e democratiche, forte delle proprie convinzioni e motivazioni etiche e del sostegno della popolazione, che verosimilmente non è disposta a riprendere una lotta di piazza che sarebbe pericolosa e con scarse prospettive. La Mud (Mesa de la Unidad Democrática, Tavolo dell’Unità Democratica, coalizione di partiti dell’opposizione) ha superato ogni ostacolo con serrati negoziati interni e poche e chiare manifestazioni pubbliche in risposta a un discorso chavista che ricorre al vittimismo e ad inverosimili trame cospirative per non riconoscere la legittimità degli avversari.

Corina Machado, misurata portavoce della Piattaforma Unitaria, forte dell 90% dei consensi raccolto alle primarie, ha mantenuto ununica, chiara posizione: siamo l’espressione della maggioranza della popolazione, il governo è delegittimato perché antidemocratico, ha paura di perdere e interporrà ostacolo dopo ostacolo, noi rimarremo uniti ed andremo fino in fondo.

Una strategia saggia, consapevole che dire altro farebbe il gioco del chavismo. Ogni decisione è stata ufficializzata al momento giusto (ad esempio, alla scadenza dei termini per la presentazione delle candidature o quando la proscrizione alla Machado è divenuta irreversibile), senza illazioni anticipate e senza lasciare spazio a congetture o ipotesi. Il tutto in una campagna elettorale condotta tra minacce di morte e boicottaggi, come l’impossibilità di salire su un aereo o di alloggiare in numerosi alberghi, intimiditi da scagnozzi chavisti.

Finalmente l’opposizione ha imparato la lezione: l’unità senza crepe attorno alla candidata di consenso è il maggiore capitale della Mud, senza il quale la coalizione si sfalderebbe, e questo permette di disporre di un sostegno popolare ampiamente sufficiente per battere un regime la cui base elettorale è più sottile che mai, ma che rimane fortemente colluso con le Forze Armate.

Sarà Edmundo González Urrutia, il candidato “segnaposto” (iscritto per assicurare comunque la presenza di un candidato della Mud) a rappresentare l’opposizione alle elezioni del 28 luglio.

Sul fronte chavista è ormai chiaro che il vittimismo non basta, e si inasaprisce l’intimidazione, condotta con sempre meno sottigliezze. La nuova legge antifascismo, in attesa di ratifica, definisce (e punisce) il fascismo come una posizione ideologica che «assume la violenza come metodo di azione politica» e lo stigmatizza in modo confuso attribuendogli «il razzismo, lo sciovinismo, il classismo, il conservatorismo morale, il neoliberalismo, la misoginia e ogni tipo di fobia contro l’essere umano».

Tra le pene previste, oltre alle multe, ci sono da 6 a 12 anni di reclusione. La legge prevede naturalmente la proibizione di riunioni e lo scioglimento di organizzazioni (partiti compresi) in cui si faccia apologia di tali idee. Si considerano “atti fascisti” tutti quelli in cui la persona «solleciti, invochi, promuova o esegua azioni violente come mezzo per l’esercizio dei diritti politici». Non si salva la stampa: stabilita la revoca di licenze e concessioni per canali, emittenti o testate colpevoli di diffondere contenuti “fascisti”.

Logicamente critiche le organizzazioni della società civile. Citiamo solo Humans Rights Watch, la cui direttrice continentale ha avvertito su X che un’iniziativa del genere «permetterà di criminalizzare oppositori e proscrivere candidati». Ogni dissenso espresso più o meno pubblicamente diventa passibile di essere equiparato al fascismo.

Le fonti che ho consultato in loco hanno ammesso forte preoccupazione e chiesto di minimizzare la tracciabilità delle opinioni espresse, che potrebbero essere bollate come sostegno all’opposizione, che per i chavisti (sono parole della vicepresidente Delcy Rodríguez) «non è democratica», «è un lupo travestito da agnello», e tesse trame di violenza sovversiva che attentano alla vita del Capo dello Stato.

La stessa María Corina Machado, che sembrerebbe intoccabile per l’indiscutibile appoggio politico ed elettorale, ha pubblicato all’inizio di aprile una lettera aperta rivolta ai 18 Paesi che oltre allUnione Europea partecipavano ad una conferenza internazionale sul Venezuela: la Machado avvertiva i partecipanti della possibilità di essere «oggetto di detenzione ingiustificata», così come è già avvenuto per alcuni suoi collaboratori.

Nel concerto della comunità internazionale, Maduro può contare ormai solo sul sostegno di Cuba e Nicaragua. Russia ed Iran sono impegnati su altri fronti, la Cina non si sbilancia e, dopo le aperte dichiarazioni contrarie di presidenti di sinistra come quelli di Messico e Cile, il blocco dell’iscrizione come candidata di Corina Yoris senza motivi convincenti né ufficiali ha spinto perfino gli influenti Lula da Silva e Gustavo Petro (Brasile e Colombia) a dissociarsi.

Il Partito Socialista Unito del Venezuela (Psuv) di Maduro fatica a mantenere la compattezza. Dopo l’emergere di disaccordi interni, ci sono stati “regolamenti di conti politici” (incarcerazioni), epurazioni ed invii all’esilio. Alcuni ritengono che, in previsione di una sconfitta elettorale non correggibile mediante operazioni spurie, Maduro potrebbe decidere di uscire dai giochi e fare la parte del “difensore della rivoluzione”, atteggiandosi a paladino della “difesa della patria” contro l’intromissione di poteri esterni (da sempre, gli Stati Uniti a cui peraltro il Venezuela vende petrolio) inventando chissà quali “prove” di attacchi contro lo Stato.

Il 28 luglio 2024 il Psuv dispiegherà tutte le sue risorse: il controllo sul voto dei beneficiari dei programmi alimentari “Carnet della Patria”, la presenza di miliziani della “rivoluzione” in tutti i seggi e, in caso di “problemi” nel voto elettronico, con adeguati “interventi” sui verbali e sullo spoglio dei voti.

È sempre più palese l’indifendibilità della legittimità democratica del governo, fatta a pezzi da una sequela di violazioni dei diritti civili e umani, frodi elettorali, creazione di istituzioni pretestuose come un’Assemblea Costituente che non ha nemmeno sfiorato la Costituzione, affermazioni pretestuose come la presentazione di prove di cospirazione impossibili da dimostrare, distrazioni collettive come l’improponibile crociata per l’Esequibo e, dulcis in fundo, la criminalizzazione del dissenso con la nuova legge antifascista.

In questo scenario, ci auguriamo che la comunità internazionale non resti passiva, che i chavisti che conservano principi etici aprano gli occhi e che i vertici delle Forze Armate sappiano schierarsi dalla parte della democrazia senza ricorrere alle armi.

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