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In profondità > La lettera della settimana

Un aquilone chiamato Margaret

di Annamaria Carobella

Una testimonianza del rapporto nato con la presidente dei Focolari

Margaret Karram
Margaret Karram

Partecipando qualche giorno fa al Meeting di Rimini, ho potuto incontrare Margaret Karram.

Il momento commovente in cui ci siamo potute abbracciare e guardarci negli occhi, mi ha fatto inevitabilmente pensare al giorno in cui l’ho conosciuta e cosa ha significato la nostra amicizia per me.

Ma chi è Margaret Karram? È una donna araba, cristiana, cattolica, nata ad Haifa il 3 marzo del 1962 da una famiglia cattolica palestinese. È una teologa israeliana, laureata in Ebraismo presso l’università ebraica di Los Angeles. Ha ricoperto vari incarichi di responsabilità a Los Angeles e a Gerusalemme, collaborando per la promozione del dialogo tra le tre religioni monoteiste. Per 14 anni ha lavorato al Consolato generale d’Italia a Gerusalemme.

L’ ho conosciuta il 31 gennaio del 2021 quando è stata eletta presidente del Movimento dei Focolari da un’Assemblea generale di focolarini, presenti in 182 Paesi.

Con il suo sorriso, questa giovane donna è apparsa al mondo intero disarmata e disarmante.

Le sue prime parole sono state di gratitudine alla Chiesa, che aveva confermato la sua nomina, all’Assemblea e a tutti noi per quella che ha definito una “partecipazione planetaria” a questo evento straordinario.

Si percepiva la sua grande commozione, ma anche una forza proveniente dallo Spirito Santo che aveva invocato e dalla nostra unità. Conclude così il suo primo discorso da presidente: «Eccomi, sono al vostro servizio, sono a servizio della Chiesa, del Movimento e dell’ umanità, insieme a tutti voi. Vorrei poter vivere in questi sei anni sempre più l’eredità che ci ha lasciato Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento: “Siate una famiglia” nel vero senso della parola. Solo così potremo realizzare il nostro scopo specifico che è l’unità”

Da quel momento è iniziato tra me e lei, uno scambio epistolare che ha creato un rapporto speciale tra noi in una condivisione concreta di vita.

Vedo Haifa, che si porta sempre nel cuore, una città portuale e cosmopolita, che sorge ai piedi del monte Carmelo. Me la immagino bambina giocare con altri suoi coetanei, oppure con i suoi tre fratelli mentre va in spiaggia ad osservare il mare. Ama la vita, il sole che sorge, ma le piacciono i tramonti e la musica.

Scrivere poesie è la sua passione, perché attraverso esse esprime le realtà più belle che ha dentro. La vedo con i suoi genitori palestinesi, cattolici, pregare assiduamente. Da loro assimila i valori più preziosi e impara ad aprirsi agli altri, a perdonare. Come quella volta in cui, insultata pesantemente da altri coetanei perché araba, ritorna a casa arrabbiata decisa a non vederli più, ma la mamma le chiede di ritornare indietro e di portarli lì da lei. Quando arrivano consegna a ciascuno un pane arabo appena sfornato da portare alle loro famiglie. Questo gesto sorprende tutti più di tante parole.

Ricordo una sua frase: «In un mondo come questo, penso che la prossimità possa essere un antidoto, un aiuto per superare gli ostacoli e curare tutti i mali, che ci rendono distanti gli uni dagli altri».

La vedo a 6 anni frequentare la scuola delle Carmelitane, dove fa esperienza di vita e di studio e impara ad avere un “cuore ascoltante”.

Poi a 14 anni conosce il Movimento dei Focolari e una luce la invade e l’attira, e da quel momento segue Chiara.

Poi studia per capire come essere esperta di dialogo.

La ritrovo nei giorni tremendi della pandemia, che cambia tanto la vita di tutti; e ci insegna, però, un modo nuovo di essere prossimi.

Ricordo alcune sue frasi: «Spesso viene a mancare la cultura della fiducia, c’è quella del sospetto. Occorre far trionfare la cultura della carità».

«Per poter stare in piedi, è necessario saper stare in ginocchio».

«Lavorare sempre di più con spirito di sinodalità, mettere in attuazione l’amore reciproco: solo così viene una grande pace».

«Essere formati, aperti, nutriti»; e, a questo proposito, parla di Città Nuova, dell’editoria e delle sue proposte di ogni tipo per diffondere il bene: «Città Nuova può dare tantissimo, offrire un nuovo sguardo del Movimento, diffondere una speranza nuova. È sempre più universale, ci sono esperienze di vita, che sono sempre più efficaci e sostengono, formano culturalmente».

Ho paragonato Margaret ad un aquilone perché mi ha porta in alto sempre di più, mi insegna che sono libera se riesco ad amare e a perdonare, mi fa riscoprire il valore della pace, che deve partire dal mio cuore e invadere il mio angolo di mondo e poi tutti i Paesi, tutti i movimenti e gli ambienti del mondo per far nascere la fraternità universale.

Concludo con il messaggio del Meeting di Rimini: «In luoghi deserti, costruiremo mattoni nuovi».

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