I 70 anni di Zio Paperone

Dai tuffi nella montagna di monete d’oro agli scontri con la Banda Bassotti, dai ricordi del Klondike ai tentativi di… far lavorare Paperino. Forse gli assomigliamo tutti almeno un po’?
zio Paperone

Impossibile dimenticare il Piangitoio Municipale di Paperopoli creato da zio Paperone per recuperare i sali delle lacrime e – perché no? – guadagnare qualcosa da quel ben di Dio che andava altrimenti stupidamente sprecato. Impossibile non sorridere a lui che si tuffa nella sua montagna di monete d’oro con gli occhi brillanti di gioia, scintillanti come quelli d’un ragazzino al primo amore.

Zio Paperone è entrato a forza nelle nostre vite. È vero: indispettisce, è fastidioso ma alla fine non abbiamo potuto fare a meno di amarlo. È un avaraccio, però, diciamolo, è tutt’altro che snob. È uno venuto dalla gavetta e ha fatto mille mestieri. Da giovane, appena immigrato dalla Scozia, esordisce come cercatore d’oro nel Klondike. Uno dei tanti poveracci. Ma lui ha fortuna e s’imbatte in un’enorme pepita d’oro. Che gli viene però rubata da colei che gli aveva fatto sobbalzare il cuore: la sciantosa del saloon Doretta Doremì.

Lui recupera la pepita, ma esce da quella amara esperienza con una solenne decisione: da allora il suo cuore ferito dalla delusione d’amore batterà solo… per l’oro. E in tutta la sua lunga vita rimarrà fedele a questa decisione: solo a contatto con l’oro Paperone ritroverà la felicità del cuore. Tra il metallo giallo il vecchio arcigno ritorna fanciullo, salta, gioca, si tuffa fra le monete scintillanti. Confessa, non senza un certo pudore: «Mi piace nuotare nel denaro, come un pesce-baleno, scavarci delle gallerie come una talpa e gettarmelo in testa come una doccia».

Zio Paperone è cambiato con il tempo, da quel 15 dicembre 1947 quando nacque dalla matita e dai pennelli del geniale Carl Barks. Allora, in quel primo racconto, egli era la copia a fumetti del taccagno Ebenezer Scrooge, il protagonista del racconto Canto di Natale di Charles Dickens. Infatti il nome che gli ha dato il suo inventore è Scrooge McDuck, in Italia poi diventato Zio Paperone. In quel primo racconto era un vecchio rancoroso e triste che bofonchiava: «Eccomi qua, nella mia comoda dimora, aspettando che passi il Natale! Bah! Che stupida festa, in cui tutti si vogliono bene! Ma per me è diverso! Tutti mi odiano e io odio tutti! E tutti a comprare regali… Pare che si divertano! Non mi sono mai divertito, io!». Ma col tempo lo Zione si è vivacizzato, è ringiovanito, è diventato dinamico e animato di un’inesauribile fantasia nel cercare modi per fare soldi. È sempre pronto a far lavorare allo stremo i parenti cercando di pagarli il meno possibile, ma è anche capace di gesti di inaspettata generosità.

Intorno a lui gira tutta la città di Paperopoli: il nipote Paperino a cui non ne va mai bene una; i nipotini Qui Quo Qua tanto saggi e assennati quanto monelli; la fattucchiera Amelia (ispirata a Gina Lollobrigida) sempre pronta a sottrargli il suo primo cent guadagnato, il mitico Numero-Uno; la patetica e tenera Banda Bassotti che s’ingegna per rubargli l’oro e puntualmente finisce in gattabuia; l’attempata Brigitta McBridge che tenta, inutilmente, di sposarlo.

Paperone è un vecchio taccagno, avido e acido, che non fa nulla per farsi amare. Anzi, se può provocare avversione nei suoi confronti lo fa volentieri. Paperone è ridicolo nel suo amore per le monete d’oro, e scostante nel suo continuo tentativo di approfittare degli altri. Allora, perché lo amiamo tanto? Perché, nonostante il suo non celato egoismo, è sincero. Ed anche perché ci tranquillizza: essendo una caricatura si tiene a distanza di sicurezza da noi, non cerca di farsi imitare e non ispira alcun desiderio di imitarlo. Ma allo stesso tempo tocca qualche corda dentro le nostre coscienze. Infatti, se ben ci guardiamo dentro… non abbiamo ciascuno di noi un forziere segreto, non pieno di monete d’oro, ma di qualche cosa a cui siamo strettamente attaccati, e in cui amiamo immergerci al riparo dagli sguardi degli altri? Forse qualcosa di non solido come l’oro, e neppure bello come l’oro: dei sentimenti, dei vizi, dei rancori segreti in cui amiamo stupidamente tuffarci nella nostra cassaforte interiore, senza farci vedere. Non siamo in questo un po’ tutti dei Paperone? Chissà. Comunque sia, auguri Paperone! E grazie, tante grazie, per il tempo piacevole che abbiamo trascorso con te.

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons