Natale, la luce dentro le cose

Con Gesù viene nel mondo la luce vera, quella che è vita, che sconfigge le tenebre, che le tenebre non possono vincere

Le prime parole che la Bibbia mette in bocca a Dio sono: «Sia la luce!». La luce  inaugura il racconto del primo giorno della creazione. È una luce che distingue il giorno dalle tenebre della notte. Ma c’è un problema. L’esperienza che noi umani abbiamo della luce deriva da quella del sole, oppure da quella più tenue della luna. Nel racconto biblico però questi due astri sono creati il quarto giorno. Che luce è quella del primo giorno? Tanti teologi ed esegeti si sono arrovellati per spiegare questa apparente incongruenza. Non ci inoltriamo nei meandri delle speculazioni.

Accenniamo solo a quanto dice San Basilio, che è uno di quelli che sostiene che quella del primo giorno sia la luce spirituale, ben diversa da quella naturale del sole, della luna, delle stelle o, da quando Edison l’ha inventata, della lampadina. Lui scrive che è una luce che «manifesta tutte le altre cose». Una luce insomma che non sta al di fuori di noi, ma che sta dentro di noi, e dentro tutte le cose, e che anima tutto. Che luce è?

Continuando a sfogliare le pagine del testo sacro, all’inizio del suo vangelo, Giovanni si riaggancia a quella prima pagina della Bibbia. E nel suo sublime prologo scrive, parlando in termini poetici della nascita di Gesù, che «veniva nel mondo la luce vera», quella che è vita, che sconfigge le tenebre, che le tenebre non possono vincere. Lui identifica bambino nato a Betlemme con la luce. In effetti, con la sua vita e il suo messaggio, Gesù insegnerà poi come scoprire la luce dentro di noi, quella che il più delle volte non vediamo, offuscata e stordita com’è nell’ombra. Mostrerà come scoprire la luce dentro gli altri, come riconoscerla nelle cose. Assegnerà il compito gravoso di distinguere il bene dal male, come si distingue il giorno dalla notte.

Nessuno sa quando sia nato Gesù. Ma il legame con la luce fa capire come abbia preso piede la tradizione di fissare il suo compleanno al 25 dicembre. Nell’antichità, il solstizio di inverno, che quest’anno è stato il 22 dicembre, era festeggiato da tanti popoli di culture e religioni diverse tra loro. Che avevano però in comune il fatto di essere società agricole, legate al ciclo del sole. Nel periodo invernale questi nostri antenati avvertivano la paura che il sole potesse perdere la sua forza e non rinascere più. Sentivano perciò il compito di sostenerlo. Per questo organizzavano riti, festeggiamenti, anche orge, che avevano lo scopo di esorcizzare il pericolo e aiutare il sole nel momento di maggior debolezza. Poi, durante l’impero Romano, il 25 dicembre fu istituzionalizzata la festa mitraica del Sole invincibile. Con la venuta del cristianesimo, la nascita del Sole invincibile lasciava il posto alla celebrazione della nascita di Gesù, il vero sole. L’ancestrale metafora della luce rimaneva così più viva che mai.

Oggi la luce sembra spenta. La città di Betlemme, dove la tradizione vuole che sia nato Gesù, è al buio, vuota di turisti, i negozi sono chiusi, è dura per tutti lì. Poco lontano, a Gaza e nei campi profughi, la guerra sparge distruzione, il numero dei civili uccisi continua a salire. Le tenebre sembrano sconfiggere la luce. Lo stesso accade in Ucraina, in Yemen, in tanti paesi dell’Africa.

Dov’è la luce? Ci va uno sforzo, un grande sforzo, per scovarla dentro di noi. Rannicchiata in qualche angolo dell’anima. O, come diceva Buber, per vederla “in mezzo” a noi, il luogo privilegiato in cui si rivela. Ma è uno sforzo da cui non possiamo esimerci.

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons