Muro Leccese: nuove evidenze sulla civiltà messapica

Intervista al direttore scientifico dello scavo archeologico, prof. Francesco Meo: «Le scoperte che stiamo portando alla luce ci restituiscono in maniera sempre più fedele la struttura sociale dei Messapi»
Scavo archeologico con studenti e docenti al lavoro (ph Muro Leccese Archaeological project, Dipartimento di Beni Culturali, Università del Salento).

È questa la rara circostanza in cui antiche mura di cinta (IV secolo a.C.), quelle del comune salentino chiamato appunto Muro Leccese (Le), invece di creare separazione e ostacolare la visuale, sono diventate, altresì, un luogo da dove, grazie agli ultimi rinvenimenti archeologici del team di studenti guidati dal prof. Francesco Meo, si è aperta una più ampia veduta e conoscenza sull’affascinante e nello stesso tempo ancora velata civiltà messapica.
La scoperta archeologica a cui ci riferiamo, è molto recente e risale alla fine del settembre scorso allorquando la “Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio Brindisi e Lecce”, ha annunciato che «la collaborazione con il Dipartimento di beni culturali dell’Università del Salento ha portato a nuovi eccezionali ritrovamenti archeologici emersi a Muro Leccese che è una delle più grandi città messapiche della Puglia». La catalogazione e datazione dei reperti ritrovati, come anche la dettagliata mappatura storica e planimetrica dell’area indagata, sono ancora in fase di elaborazione da parte del team del professore dell’Unisalento Francesco Meo, che è anche il direttore scientifico dello scavo e che ci ha fornito, nel corso di un’ intervista esclusiva, gli ultimi aggiornamenti.

Sullo scavo archeologico. Il prof. Meo è il secondo da sinistra (ph Muro Leccese Archaeological project, Dipartimento di Beni Culturali, Università del Salento)

Elemento di rilievo della scoperta archeologica di Muro Leccese è una stanza pavimentata da lastre a decorazioni geometriche, ce ne parla?
La particolarità della stanza e, più in generale, del contesto in cui si trova, rimandano certamente a un luogo di culto. In queste settimane stiamo vagliando i materiali emersi durante lo scavo e la particolarità di alcuni di essi ci conferma che siamo di fronte a una struttura sacra della quale fa parte anche la stanza pavimentata con le lastre a decorazioni geometriche.

Altre evidenze di questo “recinto rituale”?
Gli altari e i bacini lustrali che abbiamo rinvenuto nel pozzo vicino alla stanza e che facevano certamente parte, così come gli elementi architettonici, del luogo di culto.

Elementi di culto finiti in un pozzo?
Sì, quando nel III secolo a.C., i romani hanno distrutto Muro Leccese che all’epoca era il centro dominante dell’area e controllava la costa più orientale d’Italia, hanno raso al suolo la città, chiudendo anche tutti i pozzi della città, gettando all’interno il materiale che si trovava lì attorno. È questa una pratica ben documentata poiché anche negli altri pozzi abbiamo trovato blocchi delle vicine abitazioni gettati dentro, ma la particolarità di questo è di essere stato riempito con elementi legati al culto.

Ci può dire un’altra “novità” emersa dal sito archeologico?
Sempre dal pozzo nel quale sono stati rinvenuti gli altari, i bacini lustrali e gli elementi architettonici, provengono anche delle hydriai, dei vasi che solitamente vengono usati per la conservazione dell’acqua nella dispensa delle abitazioni, di dimensioni ridotte, più piccole del solito. Ebbene, in questo caso, non si tratta di vasi miniaturistici, ma funzionali e che tuttavia sono una novità, così come tutto il contesto, nel panorama della Messapia e contribuiscono appunto a testimoniare la particolarità stessa del contesto rinvenuto.

L’oinochoe ritrovata nello scavo, potrebbe indicare che durante quei riti messapici venisse utilizzato anche il vino?
Non è detto che l’oinochoe (brocca per il vino) in bronzo, del V secolo a.C., sia pertinente al luogo di culto, perché nella stessa area è stata messa in luce anche un’abitazione molto ricca, nella quale è stato rinvenuto un tesoretto di 16 monete in argento databili proprio al V secolo a.C. Ad ogni modo, è verosimile che attorno alla stanza con le lastre si svolgessero dei pasti rituali, dato che abbiamo anche tracce di cottura di cibi, oltre che del loro consumo.

Scavo archeologico con studenti e docenti al lavoro (ph Muro Leccese Archaeological project, Dipartimento di Beni Culturali, Università del Salento)

La presenza congiunta di vino e acqua in quei culti, potrebbe accomunarli alla successiva liturgia cristiana?
Il legame con la liturgia cristiana, sebbene suggestivo, pare improbabile. Bisogna tenere presente che il Salento meridionale non ha corsi d’acqua. Le uniche fonti di approvvigionamento erano i pozzi e le cisterne che sfruttavano l’acqua di falda e raccoglievano quella piovana. Ancora oggi l’acqua che abbiamo giunge nelle case, attraverso un lungo acquedotto, dalla Basilicata. Pertanto l’acqua era una risorsa preziosissima, da gestire cautamente e, in tal senso, essa stessa era sacra e vitale.

La Soprintendenza ha dichiarato: «I rinvenimenti archeologici di Muro Leccese stanno svelando aspetti che non trovano immediati confronti negli altri siti messapici indagati». Si rischia forse di sovvertire le attuali conoscenze sui Messapi?
Il sovvertimento delle conoscenze non è un rischio, bensì è insito nella ricerca archeologica. Le conoscenze aumentano nel corso degli anni, per cui vengono arricchite. È la prima volta che si rinviene una struttura simile, ma l’unicità non è una novità in un sito come Muro Leccese che viene scavato in estensione con continuità da 24 anni. Tra il 2016 e il 2020 abbiamo scavato il più grande edificio residenziale della Messapia, di ben 1300 metri quadri, che vive tra il VI e il III secolo a.C.; nel 2021 abbiamo scavato il primo impianto produttivo per il vino mai rinvenuto in tutto il Sud Italia, con filtri e vasche litiche; lo scorso anno abbiamo scavato un altro luogo di culto unico per la Messapia che di solito ha restituito recinti scoperti, in quanto si tratta di un edificio coperto, con un tetto.

Stanza con lastra e pozzo (ph Muro Leccese Archaeological project, Dipartimento di Beni Culturali, Università del Salento)

Quindi non un “rischio” ma nuove evidenze sui Messapi.
Tutte queste scoperte che stiamo via via portando alla luce non possono che arricchire la conoscenza del territorio in età preromana, restituendo in maniera sempre più fedele la struttura sociale dei Messapi.

E allora ci dobbiamo aspettare presto altre novità, vero?
Certo! La schedatura dei materiali è ancora in corso, per cui siamo sicuri di avere ulteriori nuove sorprese, utili alla comprensione di questo luogo messapico così particolare.

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