21 anni da via d’Amelio

Ripercorriamo le vicende processuali legate alla strage dove persero la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti di polizia.Una storia di depistaggi e falsità che scrive una brutta pagina per la nostra democrazia, quella bella è scritta dalla serietà e indipendenza  della magistratura di Caltanissetta
La strage di via d'Amelio

Il 19 luglio è il giorno dell'anniversario della strage di via d’Amelio dove persero la vita il procuratore aggiunto di Palermo, Paolo Borsellino e cinque agenti di polizia assegnati alla sua  scorta: Claudio Traina, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Cusina, Emanuela Loi. Ventuno anni sono trascorsi. 

Oggi è utile fare un esercizio di memoria e ripercorrere –  a grandi linee – quel che è successo in questi ventuno anni.

1994. Si apre il primo processo sulla strage di via d’Amelio. Le indagini erano state svolte da un gruppo investigativo guidato da Arnaldo La Barbera, ex capo della squadra mobile di Palermo, e si erano basate per intero sulle dichiarazioni del pentito Vincenzo Scarantino, che si era autoaccusato di aver rubato la Fiat 126 usata nell’attentato di via d’Amelio. Il 27 gennaio 1996 si conclude il processo. I complici di Scarantino, Giuseppe Orofino, Pietro Scotto e Salvatore Profeta, vennero condannati tutti all’ergastolo, a un anno e mezzo di isolamento diurno e tredici milioni di multa ciascuno. Scarantino, invece, venne condannato a 18 anni di reclusione e a 4,5 milioni di multa. Scarantino e Profeta erano accusanti di aver rubato la Fiat 126, di averla riempita di esplosivo e posteggiata davanti la casa della madre di Borsellino. Orofino era accusato di essersi procurato la disponibilità delle targhe e dei documenti di circolazione e assicurativi falsi che furono apposti sulla 126. Scotto, invece, venne accusato di aver manomesso i cavi e gli impianti telefonici del palazzo di via D’Amelio per intercettare le telefonate della madre del magistrato al fine di conoscere i movimenti di Borsellino.

1996. il 21 ottobre inizia il processo “Borsellino-bis”. Gli imputati, questa volta, sono i possibili mandanti della strage: Totò Riina, Carlo Greco, Salvatore Biondino, Pietro Aglieri e Giuseppe Graviano. Agli atti del processo “Borsellino-bis”, oltre alle dichiarazioni di Vincenzo Scarantino, vengono acquisite quelle dei collaboratori di giustizia Salvatore Cancemi, Giovanbattista Ferrante, Calogero Ganci e Francesco Paolo Anselmo.

1998. Il 28 gennaio inizia il processo “Borsellino-ter”. Gli imputati, in questo caso, sono: Giuseppe “Piddu” Madonia, Nitto Santapaola, Bernardo Brusca (deceduto), Giuseppe Calò, Giuseppe Farinella, Raffaele Ganci, Antonino Giuffré, Filippo Graviano e tutta una serie di boss. A processo finiscono anche i collaboratori di giustizia Salvatore Cancemi, Giovanbattista Ferrante e Giovanni Brusca.

2008. Il mafioso Gaspare Spatuzza inizia a collaborare con i magistrati e ricostruisce le dinamiche della strage di via d’Amelio. Dalle sue dichiarazioni viene fuori il ruolo fondamentale svolto dalla cosca di Brancaccio nella esecuzione dell’attentato, smentendo totalmente il pentito Scarantino. Spatuzza, infatti, dichiarò che era stato lui e non Scarantino a rubare la Fiat 126. Un altro pentito, un certo Fabio Tranchina, ha sostenuto che sarebbe stato il boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano, a premere il pulsante del telecomando che provocò l’esplosione alle 17:58 di quel 19 luglio 1992.

2013. Dopo anni di indagini il 22 marzo si apre il nuovo processo per la strage di via d’Amelio. Questa volta gli imputati sono: Vittorio Tutino, Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta, Calogero Pulci e il boss Salvatore Madonia. Madonia e Tutino sono accusati di aver svolto un ruolo determinante nella preparazione della strage, mentre gli ex pentiti Pulci, Andriotta e Scarantino sono incriminati per calunnia aggravata, perché a seguito delle loro dichiarazioni false sono state arrestate sette persone che sono poi risultate non colpevoli.

Una lunga storia di depistaggi e falsità. Una brutta pagina, quindi, per la nostra democrazia. Ma una bella pagina di serietà e indipendenza scritta dalla magistratura di Caltanissetta.

Giovanbattista Tona, della Procura di Caltanissetta, dichiarò l’anno scorso “…le indagini sono state svolte senza farsi condizionare dalle facili certezze e affascinanti suggestioni, da chi taceva quello che sapeva e da chi parlava per coprire la verità”.

E intanto, Palermo e  l’Italia ricordano il 19 luglio speriamo con più rispetto per la verità.

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