Roma al voto, pensando al Giubileo e non solo

Roma e l'Italia. La metropoli capitolina tra equilibri politici nazionali e poteri reali sulla metropoli. Grande percentuali di indecisi in vista del ballottagio del 17 e 18 ottobre
Roma. Lupa capitolina. Foto Lapresse

Bisognerà attendere il ballottaggio del 17 e 18 ottobre per conoscere il nome del prossimo sindaco di Roma, dato che di sicuro si sa solo che nessuno dei 22 candidati può farcela al primo turno previsto per il 3 e 4 ottobre.

Il centrodestra parte favorito nei sondaggi e la prima contesa aperta è quella tra chi vincerà nella sfida interna a quello schieramento tra Lega e Fratelli D’Italia. Il partito guidato da Giorgia Meloni, che ha scelto il candidato sindaco Enrico Michetti, ha uno storico radicamento nella Capitale.

Il Movimento Sociale Italiano, da cui FdI proviene mantenendone il simbolo, ha sempre mietuto notevoli consensi in città, anche durante la cosiddetta prima Repubblica per poi emergere nel 1993 con la candidatura di Gianfranco Fini, erede politico designato da Giorgio Almirante, nello scontro diretto con Francesco Rutelli reso possibile dalla prima applicazione della legge sull’elezione diretta dei sindaci.

Il sostegno dell’emergente Berlusconi al rappresentante di una destra fino ad allora considerata esterna all’arco costituzionale ha poi permesso a quella classe politica, esplicitamente di destra, di arrivare al livello di quel governo nazionale che intende ora  riconquistare con le elezioni politiche previste nel 2023. Potrebbe raggiungere questo obiettivo prendendo lo slancio proprio dalle urne capitoline che decideranno il colore dell’amministrazione chiamata a gestire, tra l’altro, il grande evento del 2025 e cioè il Giubileo.

Un appuntamento internazionale conosciuto evidentemente con largo anticipo ma che vede la metropoli in grande affanno su diversi settori. Dai rifiuti ai trasporti per esempio, senza dimenticare la presenza radicata della malavita organizzata come evidenziato dalla recente sentenza del Tribunale di Roma che ha riconosciuto l’associazione mafiosa per gli appartenenti al clan dei Casamonica.

In tale contesto non erano certo in molti a scommettere sulla permanenza in carica, fino alla fine del mandato, da parte della sindaca Virginia Raggi eletta al ballottaggio, nel 2016, con una larga percentuale del 67% contro lo sfidante dem Roberto Giachetti, ora in Italia Viva.

La consiliatura dell’esponente pentastellata è stata contrassegnata da notevoli contrasti e spaccature, interne anche alla maggioranza, diverse fuoriuscite e un forte ricambio dei componenti della Giunta. Numerosi anche i procedimenti penali in cui è stata coinvolta restandone indenne per archiviazione o assoluzione.

Le continue frizioni di questi anni non hanno permesso di arrivare ad un’alleanza elettorale tra 5 Stelle e Pd così come è avvenuto invece a Napoli. La Raggi ha deciso, perciò, di ricandidarsi lottando per arrivare al ballottaggio con Enrico Michetti al posto di Roberto Gualtieri, l’ex ministro dell’Economia che cerca di raccogliere il consenso perduto dal Pd e dal centrosinistra grazie a varie liste di diversa estrazione e sensibilità.

Secondo le mappe elettorali elaborate dall’Istituto Cattaneo, bisogna risalire al ciclo elettorale del 2014-2016, cioè al periodo segnato dalla segreteria nazionale di Matteo Renzi, come data di svolta del passaggio delle decisive e popolose periferie romane, comprese tra le vie Tiburtina e Tuscolana, dal centrosinistra alla destra.

Ad un’analisi più approfondita non dovrebbe sfuggire, tuttavia, la frattura avvenuta nel campo urbanistico tra numerosi comitati e associazioni e il “modello Roma” della seconda giunta Veltroni che ha reso possibile l’edificazione del più grande centro commerciale nell’agro romano della Bufalotta. Allargando, poi,  l’esame dei flussi elettorali a prima degli anni 2000 si potrebbe ricordare che già il democristiano Vittorio Sbardella, già militante missino, riusciva a raccogliere grandi consensi nelle periferie riuscendo a far eleggere il sindaco Pietro Giubilo.

Anche l’Istituto Cattaneo, ad ogni modo, conferma l’analisi di Salvatore Monni, già citata in altro articolo, sulla coesistenza, nella metropoli romana, di differenti e separate città contrassegnate da livelli economico sociali assai diversi tra loro. Nelle zone più disagiate, così come nei comuni rurali e in quelli periferici, il Pd ha perso progressivamente radicamento e consenso a vantaggio non delle sinistre, frammentate e litigiose, ma delle destre e dei 5 Stelle.

E ora nel 2021? Non si può prevedere l’effetto del calo prevedibile dei pentastellati: dove andranno questi voti, ammesso che si riducano davvero? Il mistero verrà svelato il 4 ottobre con il 40% di indecisi.

A Roma è molto visibile, soprattutto sui media, anche il candidato Carlo Calenda, già ministro dello Sviluppo economico, eletto in Europa con il Pd ma promotore di un nuovo partito, Azione, vicino in parte a quello fondato da Renzi, Italia Viva, e ai radicali di +Europa guidati dalla Bonino e Riccardo Magi. Formazioni politiche che sostengono Calenda, il quale per la sua formazione liberale e confindustriale è anche ben visto dal leghista Giancarlo Giorgetti, attuale ministro dello Sviluppo economico.

La competizione del 3 e 4 ottobre sembra, quindi, riservata a questi 4 candidati (Michetti, Raggi, Gualtieri e Calenda) che hanno raccolto l’interesse dei principali media in un clima che sembra meno acceso delle precedenti elezioni comunali.

Il discorso è decisamente più interessante quando, oltre alle sigle e ai sondaggi, il confronto si sposta sull’idea di una metropoli che deve essere gestita con risorse inadeguate e poteri amministrativi ridotti rispetto alle grandi capitali europee come Londra, Parigi e Berlino.

Il rischio è sempre quello di una debolezza della politica rispetto ad interessi economici prevalenti che cercano di gestire di fatto il territorio come è emerso, ad esempio, con lo scandalo dello stadio della A.S. Roma a Tor di Valle sostenuto da una cordata di immobiliaristi entrati, poi, nel mirino della magistratura grazie all’impegno di comitati e associazioni e alla coscienza di alcuni amministratori in grado di agire controcorrente.

La traccia di un confronto sui problemi della città affrontati in maniera non episodica e affrettata si può trovare in piattaforme web come quella di carteinregola che raduna diversi reti e comitati del territorio metropolitano romano.

Una fonte da tener presente dopo che, proprio alla vigilia delle elezioni comunali, è emersa la candidatura di Roma come sede dell’Expo 2030 con una presentazione in grande stile da parte di Scenari immobiliari e Fabrica sgr del gruppo Caltagirone un dossier presentato dall’università Luiss di Confindustria.

Leggendo l’ampio servizio dedicato sulle pagine del Messaggero, storico quotidiano romano di proprietà dello stesso gruppo, si comprende la prospettiva di un governo della città nei prossimi 10 anni tra Giubileo, probabile Expo e le risorse disponibili con il Pnrr. Un programma di lungo termine che travalica la durata di una consiliatura comunale e che fa comprendere l’importanza strategica delle elezioni romane a livello nazionale.

Un motivo per accogliere l’invito delle Acli Romane ad esercitare il voto con consapevolezza con la campagna #voTIAMO

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